Al limite estremo e anche oltre. Non c’è altro modo per definire questo nuovo MacBook, tutto in alluminio, con tre colori, che Tim Cook (e Phil Schiller) hanno presentato oggi. Non c’è altro modo per dirlo perché, esattamente come è già successo anni fa per il primo MacBook Air, non mancano già adesso le critiche. “Troppo estremo”, in buona sostanza: processore “debole”, sacrificio delle porte di comunicazione esagerato, nuovo standard USB-C criticabile. È davvero così?
Apple è oltre la mediana dei produttori di computer tradizionali. Quando sperimenta lo fa con la convinzione che i suoi prodotti aprano nuove categorie. E questa del nuovo MacBook forse è quella più da capire ma che arriva anche più lontano: dall’altro lato c’è infatti l’iPad, e la potenza dei processori o la mancanza di porte di connessione li rende praticamente identici ma con due standard, due sistemi operativi e due modalità di input diverse.
Apple ha tagliato via tutto quello che poteva: nuova lavorazione estrema dell’idea di Unibody che fu lanciata proprio nel 2007 con il primo MacBook Air (e non fu capita all’epoca). Nuovo design “terrazzato” delle batterie, per sfruttare qualsiasi spazio (+30%). Miniaturizzazione spinta alla morte della scheda madre (–67%) per avere il massimo della riduzione degli ingombri. Un’unica porta, USB-C (standard nuovo, con elevate prestazioni, capace di portare energia, dati e segnali video) che apre la via a una pletora di adattatori (li troviamo già su Apple Store online) sulla falsariga di quelli disponibili per iPad: connettori con cui collegare a una USB normale, a una VGA, Displayport o a una HDMI utilizzando la stessa, unica porta anche per la carica del portatile. E chissà come sarà il trasformatore: si spera molto più piccolo del già piccolo attuale trasformatore di MacBook Air.
Ma la grande perplessità non sta nella nuova tastiera (una tecnologia “affogata” che sostituisce il meccanismo a forbice dell’escursione dei tasti con uno a farfalla più compatto miniaturizzato e funzionale) o nel nuovo touchpad senza parti in movimento e con aptic feedback (vibra quando attua) e diversificazione della forza impiegata nel touch (che apre a nuove gesture) quanto nel processore.
Perché questo capolavoro di miniaturizzazione toglie poco rispetto all’Air 11, anche se aggiunge un pollice di diagonale e lo schermo retina stile iPad. Invece, tiene il prezzo alto, pur collocandosi in una fascia di potenza più da entry level che non da medio livello. Il modello base, con processore Core M da 1,1 GHz, 8 GB di memoria, 256 GB di SSD, va a 1.500 euro, mentre il MacBook Air con Core Duo i5 da 1,6 GHz, 4 GB di Ram, 128 SSD costa a 1.029 euro, che diventano 1.279 se si vogliono 256 GB di SSD (come auspicabile). Le versioni 13 pollici con processore i5 da 1,6 GHz e SSD più veloce (4 GB e 128 o 256 GB di SSD) costano rispettivamente 1.179 e 1.379 euro.
Insomma, costi simili per performance probabilmente molto diverse (inferiori?) e ingombri però paragonabili. Andranno infatti visti uno accanto all’altro, questi computer: fotografati, analizzati, ma a parte il motivo fashion del colore e alcune soluzioni “estreme”, come dicevamo, la domanda rimane: il rischio è che le performance siano sub-standard. E il sospetto arriva dal fatto che Apple carichi la Ram (8 GB di serie) e l’unità SSD per cercare di ovviare ai rallentamenti più comuni nei sistemi a bassa potenza di calcolo. Cosa conta avere nove-dieci ore di autonomia se la macchina si impalla tenendo aperte venti schede di Safari insieme ad iTunes? Lo vedremo non appena potremo testare sul campo questi nuovi prodotti.