I complottisti hanno scovato un nuovo metodo per diffondere notizie false online: per aggirare gli interventi di social network e piattaforme di pubblicazione – sempre più propensi a limitare e censurare le diffusione della bufale – l’ultima strategia in voga è quella di fare affidamento a Wayback Machine, il sito parte del progetto Archive.org che consente di recuperare pagine web cancellate o non più raggiungibile nel presente.
Wayback Machine può essere considerato l’archivio del web. Potete immaginarlo come un album fotografico: all’interno di un album troverete fotografie che immortalano persone, cose e luoghi ripresi in un determinato momento del tempo. Le immagini catturate da quelle foto saranno sempre disponibili anche se i soggetti in essere ritratti dovessero scomparire.
Su Wayback Machine accade lo stesso per le pagine web: moltissime (non tutte) pagine web vengono salvate e archiviate in uno specifico momento nel tempo, e potranno essere consultate in futuro anche se i contenuti dovessero cambiare o le pagine essere cancellate.
Per esempio seguendo questo link potrete navigare nella storia di Macitynet.it, osservando com’era per esempio la nostra home page il 27 novembre del 2001.
Wayback Machine è uno strumento molto utile: viene utilizzato per recuperare materiale per ricerche storiche e per salvare contenuti che temiamo possano essere rimossi; inoltre in alcuni Paesi è sfruttato per raggiungere contenuti soggetti a censura da parte di regimi anti-democratici.
La possibilità di eludere le censure viene però ora sfruttata dai complottisti per diffondere bufale o fake news, aggirando i sistemi di verifica di piattaforme di social networking come Facebook e resuscitando contenuti rimossi da piattaforme di pubblicazione online come Medium.
Un recente articolo pubblicato da Technology Review mostra come un articolo complottista riguardante il COVID-19 sia stato condiviso su Facebook utilizzando l’indirizzo web recuperato da Wayback Machine, questo dopo che l’articolo era stato rimosso da Medium, su cui era ospitato.
Prima della rimozione da Medium, il post originale aveva accumulato 6.000 interazioni e 1.200 condivisioni su Facebook; la versione archiviata su Wayback Machine è però di gran lunga più popolare, vantando 1,6 milioni di interazioni e 310.000 condivisioni, questo nonostante si tratti semplicemente di un “contenuto di zombi”. Qui di seguito la popolarità dei due contenuti raffrontata.
L’uso di Wayback Machine rende più difficile per social network come Facebook il lavoro di verifica dei contenuti che vengono condivisi, ritardando un eventuale intervento.
Inoltre questi contenuti restano comunque in qualche modo raggiungibili e condivisibili pubblicamente sul web e possono continuare a diffondere online miscredenze, falsità e bufale in maniere indisturbata.
Al momento non sembrano esserci state dichiarazioni in merito da parte di Archive.org, che prima o poi dovrà affrontare in qualche modo la problematica.