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Nuova Tecnologia Lab-on-a-Chip per rilevare neoplasie su scala nanometrica

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Gli scienziati di IBM hanno sviluppato una nuova tecnologia lab-on-a-chip che è in grado, per la prima volta, di separare le particelle biologiche su scala nanometrica ed è quindi potenzialmente in grado di consentire ai medici di rilevare patologie quali le neoplasie prima della comparsa dei sintomi.

Come riportato dalla rivista Nature Nanotechnology, i risultati mostrano la possibilità di separare, in base alle dimensioni, bioparticelle con diametro fino a 20 nanometri (nm), un ordine di grandezza che dà accesso alle particelle più importanti, come il DNA, i virus e gli esosomi.

Una volta isolate, queste particelle possono essere analizzate dai medici per rivelare eventuali segni di patologie, anche prima che i pazienti mostrino qualsiasi sintomo, quindi in una fase in cui i risultati delle eventuali cure sono molto più efficaci.

Fino ad oggi, la bioparticella più piccola in grado di essere isolata in base alle dimensioni, utilizzando tecnologie on-chip, era circa 50 volte più grande (ad esempio, nella separazione di cellule tumorali in circolo da altre componenti biologiche).

IBM sta collaborando con un team della Icahn School of Medicine del Mount Sinai per proseguire nello sviluppo di questa tecnologia lab-on-a-chip e prevede di poterla testare sulle neoplasie della prostata, il tumore più comune nella popolazione maschile degli Stati Uniti.

Nell’era della medicina di precisione, gli esosomi vengono sempre più considerati come biomarcatori utili per la diagnosi e la prognosi dei tumori maligni. Gli esosomi vengono rilasciati all’interno di fluidi corporei facilmente accessibili come il sangue, la saliva o l’urina e rappresentano un prezioso strumento biomedico, perché possono essere utilizzati nell’ambito delle biopsie liquide (a carattere molto meno invasivo di quelle tradizionali) per identificare l’origine e la natura di una neoplasia.

Il team che si è occupato delle ricerche si è concentrato sugli esosomi come obiettivo per il proprio dispositivo, dato che le tecnologie esistenti incontrano difficoltà nell’isolarli e purificarli nelle biopsie liquide. Le dimensioni degli esosomi variano da 20 a 140 nm e contengono informazioni sullo stato di salute della cellula originaria da cui vengono rilasciati. La determinazione delle dimensioni, delle proteine superficiali e del carico di acido nucleico trasportato dagli esosomi può fornire informazioni essenziali circa la presenza e lo stato di neoplasie e altre patologie in corso di sviluppo.

I risultati indicano la possibilità di isolare e rilevare particelle di dimensioni fino a 20 nm rispetto a particelle più piccole, la possibilità di separare esosomi di 100 nm (o anche più grandi) da esosomi più piccoli, nonché la possibilità di effettuare la separazione indipendentemente dal grado di diffusione, una tipica caratteristica della dinamica delle particelle di questi ordini di grandezza. In collaborazione con il Mount Sinai, il team punta a confermare che il proprio dispositivo è in grado di raccogliere esosomi con biomarcatori specifici delle neoplasie da biopsie liquide eseguite su pazienti.

La possibilità di separare le bioparticelle su scala nanometrica, rende il Mount Sinai fiducioso che la tecnologia in questione possa fornire un nuovo metodo per intercettare i messaggi trasportati dagli esosomi per le comunicazioni da cellula a cellula. Tutto ciò può consentire di chiarire importanti questioni sulla biologia delle patologie, nonché aprire la strada a strumenti diagnostici non invasivi e a prezzi accessibili presso il point-of-care. Un monitoraggio più regolare di queste “conversazioni intercellulari” potrebbe consentire ai medici di tenere traccia dello stato di salute di un individuo o della progressione di una malattia.

Le tecnologie lab-on-a-chip sono diventate uno strumento diagnostico estremamente utile per i medici, in quanto possono essere significativamente più veloci, portabili e facili da utilizzare dei sistemi attuali nonché richiedere volumi inferiori di campionamento per contribuire a rilevare eventuali patologie. L’obiettivo è quello di ridurre a un singolo chip di silicio tutti i processi necessari per l’analisi di una malattia che normalmente dovrebbe essere effettuata in un laboratorio di biochimica su vasta scala.

Utilizzando una tecnologia chiamata spostamento laterale deterministico su scala nanometrica, o nano-DLD, il dott. Joshua Smith e il dott. Benjamin Wunsch di IBM sono riusciti a sviluppare una tecnologia lab-on-a-chip che permette a un campione liquido di passare, a flusso continuo, attraverso un chip di silicio contenente una matrice di pilastri asimmetrica, la quale permette al sistema di separare una cascata microscopica di nanoparticelle, suddividendole in base alle dimensioni fino a una risoluzione dell’ordine delle decine di nanometri. IBM ha già ridimensionato il chip portandolo a 2 cm per 2 cm, proseguendo nello sviluppo per aumentare la densità del dispositivo, in modo da migliorarne la funzionalità e il throughput.

Proprio come una strada che passa attraverso una piccola galleria consente il passaggio soltanto alle automobili di ridotte dimensioni, costringendo i veicoli più grandi a una deviazione, la tecnologia nano-DLD utilizza una serie di pilastri per deviare le particelle più grandi, consentendo invece alle particelle più piccole di fluire in modo continuo attraverso gli spazi tra i pilastri della matrice, separando in modo efficace questo “traffico” di particelle in base alle dimensioni e senza perturbare il flusso. Gli scienziati hanno notato un aspetto interessante, cioè che le matrici nano-DLD possono anche separare una miscela costituita da particelle di svariate dimensioni in una serie di flussi, un effetto molto simile a quello di un prisma che divide la luce bianca in diversi colori. La natura di flusso continuo di questa tecnologia aggira la necessità di elaborazione batch stop-and-go tipica delle tecniche di separazione convenzionali.

Gli scienziati hanno sfruttato processi riproducibili con impiego di silicio per produrre le matrici nano-DLD per il proprio dispositivo lab-on-a-chip. Come parte integrante della loro attuale strategia, i ricercatori stanno studiando come aumentare la diversità delle bioparticelle che possono essere separate con il loro dispositivo e come aumentare la precisione e la specificità per le applicazioni cliniche reali.

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