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Nuova causa collettiva contro Apple per il monopolio dell’App Store

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Facendo seguito a quanto stabilito dalla Corte Suprema che ha permesso l’avvio di una causa antitrust contro Apple, dando ragione ad alcuni consumatori, secondo i quali Apple avrebbe creato “un illegale monopolio per la distribuzione delle app”, impedendo agli utenti l’acquisto di app da store alternativi, è stata predisposta da alcuni soggetti una nuova causa collettiva che accusano la Mela di gonfiare artificialmente i prezzi dell’App Store mediante un presunto monopolio per la distribuzione delle app su iOS.

L’azione legale – riferisce AppleInsider – è stata presentata presso la Corte Distrettuale per il Distretto settentrionale della California. Il legale dei querelanti, Edward Lawrence, sostiene che Apple, stia violando la sezione 2 dello Sherman Act (punto di riferimento delle legge antitrust statunitense) ma anche la sezione 4 e 24 del Clayton Act (normativa sulla concorrenza), con “una sequela di comportamenti anticoncorrenziali e pratiche concepite per monopolizzare illegalmente, determinare, aumentare e stabilizzare i prezzi”.

iOS sarebbe “intenzionatamente progettato” per obbligare agli utenti iPhone ad acquistare applicazioni solo da Apple, si legge nell’esposto, e poiché Apple chiede tipicamente una commissione del 30% agli sviluppatori per ogni transizione sull’App Store, chiunque scarichi un’app sta effettivamente pagando un importo extra. Il 30% sottratto, a loro dire, è “prevalentemente profitto” e potrebbe essere “considerevolmente inferiore nell’ambito di mercati altrimenti caratterizzati da competitività”.

Steve Jobs e sul retro le icone di app sull'App Store

Secondo i legali che hanno presentato la richiesta per avviare la class action, lo stretto controllo su iOS da parte di Apple, “impedisce agli utenti la possibilità di scegliere nuovi prodotti potenzialmente meno costosi, più efficienti e tecnologicamente superiori”.

A compensazione, viene richiesto il risarcimento dei danni più i dovuti interessi, le spese legali e un’ingiunzione che impedisca ulteriori pratiche monopolistiche. Se il giudice concederà la certificazione all’intera classe in virtù della class action rule in concreto applicabile, e successivamente si otterrà una vittoria in tribunale, la causa non dovrebbe portare a grandi risarcimenti per singoli utenti dell’App Store per via dell’enorme numero di utenti che usano tale piattaforma.

Apple da parte sua ha già spiegato che sono gli sviluppatori a decidere i prezzi, elemento che non viola in alcun modo la normativa antitrust. Sostiene inoltre che, pagando le commissioni, gli sviluppatori “acquistano un pacchetto di servizi che include distribuzione, software, proprietà intellettuali e verifiche”. E ancora: “La maggiorparte delle app presenti sull’App Store sono gratuite e Apple non ottiene nulla da queste. Apple ottiene una quota solo nel caso che lo sviluppatore scelga di vendere servizi digitali attraverso l’App Store”. Ovviamente gli sviluppatori sono liberi di essere presenti o meno sull’App Store e le alternative non mancano. “Gli sviluppatori hanno a disposizione varie piattaforme per scegliere dove distribuire i software – dagli altri store di app, alle Smart TV, alle console da gioco – e noi lavoriamo sodo ogni giorno affinché il nostro store sia migliore, più sicuro e il più competitivo del mondo”.

Se da una parte si critica Apple per la necessità di passare per forza dall’App Store per chi desidera scaricare app per iPhone e iPad, d’altra parte questo ha garantito finora un’enorme sicurezza, in virtù del controllo totale sulle app disponibili. Su Android, infatti, sono molto più frequenti truffe e attacchi informatici vari compiuti mediante la distribuzione di app su store diversi da quello ufficiale di Google.

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