La battaglia più importante di Apple, forse non ci avete mai fatto caso, ma è stata quella dei processori. Perché quando Steve Jobs ha ripreso in mano Apple, in realtà nonostante l’iMac e gli iBook e i Titanium non riusciva a far ripartire come voleva l’azienda per un semplice motivo: i processori realizzati da Motorola e da Ibm semplicemente non ce la facevano.
Il piano B, tenuto segreto fino alla WWDC del 2005 di compilare Mac OS X anche su Intel e di tenersi pronti allo switch, è stata la vera arma segreta che ha proiettato letteralmente nello spazio i Mac. E oggi sono nove anni da quando la linea di computer prodotti da Apple è completamente passata a Intel.
Non è stata l’unica intuizione di questo tipo. Una “magia” simile è accaduta pochi anni dopo con l’investimento sulle tecnologie e design Arm per realizzare processori di iPhone e poi di iPad (oltre che degli Apple Watch e delle Apple TV). Una scelta vincente perché l’ottimizzazione dei processori (grazie ai team interni di Apple) è tale da consentire di fare di più con meno, risparmiare energia (soprattutto con l’iPad) e viaggiare velocissimi. Adesso cosa manca? Probabilmente la consapevolezza che da qualche parte a Cupertino ci potrebbero essere dei Mac che viaggiano su A9 o altri processori simili.
Un passaggio di cui non si parla più tanto ma che potrebbe diventare inevitabile, soprattutto visto che Intel, a suo tempo in fase di rilancio da un periodo di crisi quando Apple ha prestato la sua straordinaria macchina del marketing, è oggi di nuovo in crisi per la fine della legge di Moore. Siamo arrivati al momento in cui è necessario cambiare di nuovo strategia? Forse non dopo nove, ma forse dopo dieci o undici anni perché no?