Se puoi progettare una cosa, le puoi progettare tutte. Una delle frasi più conosciute di Massimo Vignelli, uno dei più importanti designer di sempre, che riassume la sua filosofia. La progettazione per Vignelli, nato a Milano il 10 gennaio 1931 e scomparso a New York il 27 maggio del 2014, era la chiave per interpretare il mondo. E nella sua lunghissima carriera, durata più di sessant’anni e portata avanti quasi integralmente assieme alla moglie Lella, ha dimostrato che è così.
Lo celebra una mostra online, 250 poster gratuiti su Internet per celebrare i 90 anni dalla nascita di Vignelli: una iniziativa molto bella, celebrativa e piena di gioia, con un tripudio di Helvetica e rivisitazioni della mappa della metropolitana di New York.
La vita di Massimo Vignelli
Lo possiamo considerare il designer più importante della sua generazione, assieme a Paul Rand, Saul Bass, Milton Glaser ed Herb Lubalin. Vignelli è stato un grande, sia nel settore del graphic design (dove ha fatto più cose) che anche quello nella progettazione di prodotti, allestimenti di fiere e mostre, vestiti e marchi. Ha lavorato per Poltrona Frau, Knoll, Acerbis International, Heller e Poltronova, per dirne alcune.
Ma nel 1967 ha anche creato l’identità grafica di American Airlines, che è stata usata fino al 2013. E poi ha lavorato, ancora, per Benetton. Ford, Ducati. Ci sono decine e decine di marchi e di aziende che hanno beneficiato dei suoi interventi, ma uno spicca sopra gli altri.
La mappa delle mappe
Nel 1972 Vignelli mise mano alla creazione della mappa delle mappe, che doveva risolvere il problema più grande di New York: orientarsi nella sua metropolitana. Creata nel 1904 e arricchita in maniera caotica e “liberista” di linee, tunnel, stazioni, fermate, passaggi e incroci, la metropolitana di New York è particolarmente complessa non solo per il numero di treni e di binari, ma anche perché questi passano nelle stesse stazioni.
A differenza delle (poche) metropolitane italiana che hanno linee dedicate per una sola percorrenza con un solo tipo di treni, al massimo che si biforca come accade in alcune delle cinque linee milanesi, quella di New York è fatta di treni che percorrono tratti assieme e poi si fermano, o cambiano itinerario, si spostano. Il tutto in un caos che deve servire il territorio piuttosto esteso di New York City.
La mappa di Vignelli è stata un capolavoro non soltanto per la sua rappresentazione e la componente di segnaletica, quanto per il lavoro di progettazione e di pensiero che c’è stato dietro. Il lavoro di Vignelli, laureato in architettura al Politecnico di Milano e alla IUAV di Venezia, vicino e amico dei grandi architetti progettisti del suo tempo (Vittorio Gregotti, Aldo Rossi, Gae Aulenti, Guido Canella) è stato unico in quanto ha “inventato” un modo diverso di mostrare la mappa di un territorio molto speciale, quello delle linee metropolitane.
La mappa della Metro di New York
A differenza delle mappe precedenti, che erano strapiene di informazioni che si accavallavano rendendo incomprensibile lo strumento che doveva invece servire a orientare i viaggiatori per eccesso di dati e sopratutto di linguaggi diversi, Vignelli fece una opera di razionalizzazione e diversificazione delle mappe che gli permise di arrivare a una sintesi chiara, simbolica e assolutamente funzionale.
La caratteristica dello stile di Vignelli dopotutto era questa: la tradizione modernista basata sulla semplicità fatta di analisi e ragionamento, assieme all’uso di forme geometriche elementari capaci di restituire con un colpo d’occhio anche strutture molto complesse.
È dopotutto la più sensata e corretta interpretazione dell’idea di minimalismo: utilizzare strumenti (o segni, in questo caso) semplici per fare cose complesse. La caratteristica di Vignelli però non è stata solo questa. Il designer ha anche “scoperto” l’America nell’immediato dopoguerra, visitandola per studio nel 1957 e poi tornando più volte e creando la sua personale dimensione, cioè gli uffici americani di Unimark International, che è poi la più grande organizzazione per l’ideazione e la produzione di design.
Cos’è il design
C’è un dibattito molto ampio sul significato delle parole, compresa quella magica parola inglese che in italiano si potrebbe tradurre come “progettazione” ma che invece preferiamo tenere nella forma inglese di “design” e che sta a significare un concetto nuovo rispetto a come intendiamo la progettazione. Il termine italiano è infatti riservato ad architetti o ingegneri, al lavoro di costruzione o di messa in piano del progetto di strutture e macchinari complessi, mentre il termine “design” sembra essere rivolto prevalentemente a una riflessione sull’estetica, un tratto di penna o di lapis su un foglio che dia una forma e poco altro.
È una ambiguità profonda, quasi velenosa, che lo stesso Steve Jobs aveva affrontato e chiarito: il design non è come è fatta una cosa, ma come funziona. Però questa ambiguità permane perché il design è diventato un concetto che fa parte del nostro immaginario e soprattutto che tocca settori come l’arredamento di interni, la forma degli oggetti “belli” ma anche per la forma grafica dei libri e delle altre illustrazioni (graphic design), gli aspetti ritenuti a lungo secondari per quanto riguarda la produzione di beni e servizi.
Il design invece ha una dignità molto ampia e se proprio vogliamo essere storicamente corretti e dare una forma al concetto che c’è dietro questo termine generico, e fare riferimento a settori delle “arti applicate” e dell’evoluzione non solo riguardo alla produzione di beni ma anche al loro rapporto con l’arte.
Prendiamo ad esempio l’artigianato per l’arredamento e la produzione di mobili. Il design ha un ruolo fondamentale nel passaggio dalla produzione artigianale a quella industriale, dal mobiliere a Ikea, per fare un esempio estremo. Il design razionalizza, rende più bello e funzionale il progetto del mobile, e lo porta in maniera democratica a tutti, con un prezzo relativo alla qualità che prima era impossibile per chi non fosse ricco. Ecco, il design è anche questo: progettare attorno alla vita e al senso delle persone seguendo delle idee e degli ideali.
Lo stesso concetto si applica anche agli altri oggetti che popolano la nostra vita quotidiana tanto che possiamo dire che il design ha un ruolo fondamentale nella nostra esperienza del mondo, che viene progettato e immaginato in maniera intenzionalmente pianificata.
Torniamo al maestro
Vignelli è stato, per capacità personale e per epoca storica nella quale ha operato, uno dei più grandi designer della storia. Da un certo punto di vista possiamo dire che è uno dei creatori e dei massimi interpreti di questo mestiere. Senza di lui (e pochi altri) il design sarebbe completamente diverso. Se al lettore capita di visitare Milano, vada a vedere il nuovo museo del Compasso d’Oro, costruito all’interno di un’ex fabbrica dell’Enel, per vedere e capire cosa si intende per design guardando gli oggetti e i progetti che hanno vinto l’autorevole premio omonimo.
Vignelli ha rifatto la sua mappa anche nel 2007 e poi l’ha riprogettata anche con una variazione nel 2014 per far arrivare il pubblico allo stadio MetLife nel New Jersey, dove si giocava il Super Bowl di quell’anno, per la prima volta giocato in esterna in una città con un clima molto freddo (temperature sottozero). La mappa serviva per gestire il flusso di 400mila visitatori inclusi gli 80mila che sarebbero materialmente entrati dentro lo stadio, pilotandoli attraverso i differenti sistemi di trasporto pubblico coordinato fra MTA, la New Jersey Transit (NJT), Amtrak, e la NY Waterway per produrre la specialissima “Regional Transit Map” che oggi è considerata l’ultimo capolavoro di un genio del design grafico.
Altre opere e il pensiero del designer milanese sono raccolti nella dozzina di libri che ha pubblicato nel corso della sua vita, più la lunghissima collezione di premi vinti, i dottorati onorari, le mostre personali, tutti i possibili encomi che un designer potrebbe solo sperare di raccogliere negli Usa e in Europa.
Vignelli ha realizzato decine e decine di progetti, inclusa la collezione di oggetti per la sua casa: lampade, tavoli, sedie, vassoi e decine di altri oggetti, ognuno dei quali sufficiente per vincere un premio prestigioso (e in molti casi lo hanno vinto) e rappresentare l’acuto di una carriera “normale” di un designer di successo.
Oggi per fortuna l’amante del design o il curioso che voglia semplicemente approcciarsi a questo settore può fare anche riferimento ai 90 poster che citano e salutano Vignelli, rappresentando uno spazio inedito e fondamentale. Come scrisse Michael Bierut nel 1981, che all’epoca lavorava per lo studio di Vignelli a New York, «mi sembrava che l’intera città di New York fosse una mostra permanente di Vignelli. Per raggiungere l’ufficio, viaggiavo in una metropolitana con la segnaletica disegnata da Vignelli, condividevo il marciapiede con le persone che usavano le borse da shopping Bloomingdale disegnate da Vignelli, camminavo davanti alla Chiesa di San Pietro con il suo organo a canne disegnato da Vignelli visibile attraverso la finestra. Alla Vignelli Associates, a 23 anni, mi sentivo al centro dell’universo».