Un gioco, una presa in giro o il simbolo del bisogno di un cambiamento? Su Kickstarter era comparso un anno e mezzo fa un mattoncino di plastica nero, un blocchetto solido e inquietante, che si chiama NoPhone. Fatto vagamente a forma di iPhone, analogo per dimensioni e ingombro, era in realtà perfettamente inutile. Costava dodici dollari e aveva raccolto più di 10mila dollari prima di fermarsi, ben sotto la quota 30mila dollari che si era assegnato la prima volta. Il progetto era stato rilanciato con un secondo obiettivo più modesto rapidamente superato. E poi era stata creata l’alternativa low cost, NoPhone Zero: solo cinque dollari per un rettangolo di plastica privo anche delle scanalature che simulavano macchina fotografica, altoparlanti e pulsanti vari.
NoPhone nelle sue diverse incarnazioni è l’alternativa senza tecnologia per chi è sempre in contatto con la tecnologia. A prova d’urto, di acqua, di batterie che perde autonomia (e che è sempre sotto-dimensionate rispetto ai bisogni) NoPhone serve a una cosa sola: entrare in contatto con le altre persone. Perché chi lo porta con sé può solo alzare lo sguardo e incrociarlo con quello degli altri esseri umani presenti nella stanza. “Con NoPhone – diceva uno dei (finti) testimonial della campagna Kickstarter – la mia capacità di stabilire un contatto con gli occhi è migliorata del 73%”.
Un mattoncino di plastica nera, un esercizio zen di distacco dalla tecnologia, l’indicatore di qualcosa che sta cambiando? Quelli di NoPhone magari ci hanno solo provato (c’era la possibilità di pagare 5mila dollari per vedersi consegnare a mano da uno dei fondatori il mattoncino nero ovunque nel mondo: ottimo modo da parte di questi ultimi per farsi una vacanza gratuita a spese dei clienti?) però potrebbero aver toccato un nervo scoperto. Potrebbero aver beccato la contraddizione della nostra epoca, sempre più connessa e sempre più artificiale e al tempo stesso sempre più alla ricerca di sfoghi naturali e “biologici”, a chilometro zero con una realtà genuina che forse non è mai veramente esistita.
Il telefono da tasca, lo smartphone, l’oggetto che devasta le cene in famiglia, i ritrovi tra amici, i momenti di solitudine, il tempo passato in autobus o in metropolitana, sui treni o sugli aerei, camminando o aspettando in fila per comprare il giornale, ebbene il telefono da tasca è diventato un simbolo e un totem. Un piccolo monolite sempre più liquido, smussato, curvo, tenebroso, capace di mille magie ma al tempo stesso lasciato a riposare nella mano del suo padrone. Come non odiarlo? Come non volerlo uccidere?
Qual è il suo futuro? L’iPhone 9? Il Galaxy S10? Lo Huawei biturbo? Lo Xiaomi-bellalì? Il Sony-mai-più-senza? Forse la vera frontiera è lo smartphone senza lo smartphone: popolare, disponibile, non fa niente perché trascende nel sublime e fa tutto. Costa forse 5 centesimi di euro (per il logo inciso) ma viene venduto con un ricarico perfettamente in linea con quello dei prodotti originali delle grandi marche come Apple, Samsung, LG, Sony e tutti i cinesi. Solo che lui è NoPhone. Il massimo del minimo, l’ultimo traguardo, l’ultima, esclusiva provocazione.
Come resistergli? È anche No-Logo… In vendita anche su Amazon USA, sia la versione “original” che quella “selfie” con uno specchietto integrato per vedersi meglio.