L’uomo medio? Non esiste più. Almeno quando si parla di recensioni. Con il lancio di iPad Pro 10,5″ e di iOS 11 (questo ancora di là da venire nella sua forma definitiva) è emerso sempre più chiaramente che il mercato delle recensioni – siano essere professionali che “generate dal basso” – ha un problema. Il problema ha a che fare con le nuove tecnologie: l’innovazione è divisiva, non unisce. Porta un cambiamento trasformativo, che introduce nuove idee e nuove prospettive. E questo all’inizio ha un effetto divisivo, non unificante.
Pensiamo al nuovo iPad Pro 10,5″ e a iOS 11: nelle pagine di Macitynet lo abbiamo anticipato e recensito e, come noi, ovviamente migliaia di altre testate. Man mano che i prodotti sono disponibili al di fuori della cerchia dei giornalisti professionali – che dovrebbero avere una metodologia consolidata per fare una recensione – sono arrivate anche le recensioni generate dal basso, cioè degli utenti comuni che, seguendo forum e spazi come ad esempio quelli di Amazon, lasciano i loro commenti.
Ci sono quelli che lo fanno per passione, alcuni quasi per lavoro, alcuni come troll, altri per dare un servizio alla comunità, altri ancora solo per dire al mondo che esistono. Ma quale che sia la motivazione, sono giudizi che, raccolti assieme generano un “sentiment”, come lo chiamano gli esperti americani di analisi quantitativa del web. Il problema è che l’analisi del sentiment si fa con strumenti analitici basati su machine learning e sistemi di riconoscimento semantico, e che questi sistemi si basano su cluster enormi di dati. Quante più recensioni e pareri, commenti, tweet e post su Facebook riescono ad aggregare per analizzarli, quanto più sono mirati. Si perde completamente, cioè, la grana fine. Di cosa stiamo parlando?
Chi scrive da anni si è posto questo problema, come ogni altro recensore professionale, cioè giornalista che prova dei prodotti. Proprio Apple, con la sua proposta di prodotti nei quali le specifiche non sono la parte determinante ma l’esperienza è quello da valutare, ha spinto chi scrive e altri a passare dalla fase dei benchmark e dei test da laboratorio a quella delle prove su strada. Si carica il computer di turno (Mac, ma anche iPhone, iPad) con i propri dati e si usa per un certo periodo, cercando di capire come va nelle routine quotidiane. In questo modo si può capire se la nuova tastiera è buona, se il nuovo processore/scheda grafica ce la fanno nel mondo reale, se il disco è lento o veloce, se lo schermo è buono oppure no.
Queste recensioni però tendono inevitabilmente, come succede anche per i normali utenti, a soggettivizzare fin troppo l’approccio. E qui nasce il problema: chi si immedesima nell’utente medio in realtà non è mai un utente medio. Un giornalista considererà sempre la tastiera come una cosa particolarmente importante perché nel suo lavoro passa tantissimo tempo a scrivere, cosa assolutamente non comune ad esempio per un pensionato che vede nel computer lo strumento per restare in contatto con i propri cari, chiamare con Facetime, guardare le foto, navigare (poco), fare mail (relativamente poco). E tra questi due estremi, c’è di tutto: il commercialista con la passione per i giochi di ruolo e l’illustratore che invece vuole guardare tutte le nuove serie hanno profili molto differenti e non si possono chiudere nello stesso recinto.
Arriviamo a iPad Pro e iOS 11: a differenza del personal computer, che è una macchina generalista per eccellenza (può fare tutto, molte cose bene, altre così così), l’iPad e il suo nuovo sistema operativo hanno un senso diverso. L’obiettivo non è rimpiazzare il computer di chiunque, ma di creare uno spazio in cui alcuni utenti – alcune decine di milioni di utenti – si trovino a proprio agio. Certo, c’è chi lo rifiuta integralmente perché non gli va bene e chi invece decide di vivere tutta la sua vita digitale solo con un iPad. Va bene, ci sono anche gli estremi, ma il punto centrale è capire che una nuova tecnologia che sta giungendo a maturità è ancora troppo nuova per essere considerata unificante. È invece divisiva perché trasformativa.
C’è chi ha scritto ad esempio che parlare oggi di contrapposizione tra iOS 11 e il Mac/PC è un po’ come rimettersi a parlare del conflitto epocale tra intefaccia grafica e interfaccia a riga di comando. Flame che duravano mesi per tutti gli anni Ottanta ma sostanzialmente inutili e senza un punto definitivo di approdo. La riga di comando è meglio per alcune cose, l’interfaccia grafica è molto meglio per tante altre. Nessuna delle due è in grado di fare tutto, se non con grande fatica.
E allora cosa sono iOS 11 e iPad Pro 10.5? Il tablet è indubitabilmente il miglior prodotto di Apple di sempre, superiore a tutto quello che è in commercio oggi con la Mela sopra. Se lo si guarda, come si dovrebbe volendolo recensire, in prospettiva rispetto agli altri prodotti che lo hanno preceduto, è infatti nettamente superiore. Ha senso paragonarlo a un Surface? No, perché sono due cose completamente diverse. Basare la propria decisione di acquisto su questa comparazione è un po’ come voler decidere se comprare un sassofono o una chitarra elettrica come primo strumento musicale. No, la comparazione è tra un modello di sassofono e un altro, o tra marche di chitarra elettrica, non tra mele e pere.
Per quanto riguarda iOS 11, fare una recensione/dare un parere basato sull’idea che sia una alternativa al Mac/PC è sbagliato anche questo di base: se si guarda in prospettiva, iOS 11 è un gigantesco e fantastico miglioramento costante rispetto alle precedenti generazioni del sistema operativo per tablet e telefono di Apple. La quale non vuole dismettere la sua linea di Mac e il suo sistema operativo macOS , tant’è che sviluppa, raffina e porta avanti con l’obiettivo di rendere sempre migliore anche quel mondo. È manifestazione di abbandonare il Mac e “convertire” tutti a iOS?
No, per certo. E allora perché mettersi a comparare mele con pere anche in questo campo? Se vogliamo capire com’è e come va iOS 11 guardiamo rispetto alle versioni che l’hanno preceduto e lasciamo stare Windows 10, per favore.