Un miliardo di dollari. Ecco quanto Nokia potrebbe ottenere a titolo di risarcimento se la corte distrettuale del Delaware alla quale si è rivolta per vedere riconosciuti una decina di brevetti usati, secondo la società finlandese, senza licenza da Apple, dovesse darle ragione.
La stima su quanto Cupertino sarebbe costretta a pagare è di Neil Mawston, un analista di Strategy Analytics che ha svolto i suoi computi basandosi sul numero di iPhone venduti, su ciascuno dei quali potrebbe gravare la ‘tassa Nokia’; diversi costruttori di telefonipagano fino al 15% del costo di un telefono ai detentori dei brevetti chiave e da una media ponderata sommata a sanzioni varie, scaturirebbe il miliardo di dollari (o 200 milioni nel caso di una sentenza più sfavorevole) da mettere sul piatto.
Secondo alcuni osservatori, come Ben Wood di CCS Insight le probabilità che Apple abbia fatto uso di brevetti di Nokia sono molto alte. Secondo Wood sarebbe materialmente impossibile costruire un telefono senza fare ricorso a tecnologie di proprietà del leader mondiale nel campo della telefonia. Altri osservatori, però, notano che Apple potrebbe avere ottenuto brevetti di Ericsson (la società svedese ha confermato di avere un accordo di licenza per alcuni brevetti non identificati) o da Qualcomm; quest’ultima, per altro verso, ha recentemente ottenuto da Nokia 2,25 miliardi di dollari per avere vinto una causa fondata, curiosamente, sulla stessa accusa che Nokia rivolge ad Apple: utilizzo non autorizzato di brevetti.
Tutti, in ogni caso, si stanno chiedendo come mai Nokia abbia atteso così tanto per intentare un’azione legale contro Cupertino se è vero come è vero, perché ammesso dagli stessi vertici di Nokia, che le infrazioni ai brevetti erano state notate immediatamente, al rilascio della versione Edge di iPhone. Una risposta possibile è nelle dichiarazioni di Nokia; gli avvocati della società finlandese avrebbe cercato invano di raggiungere un accordo di licenza. Stabilito che a Cupertino si facevano orecchie da mercante, non ci sarebbero state altre strade se non quella che porta ai tribunali. Una seconda possibilità , avanzata da alcuni teorici ‘complottisti’ è nell’intenzione di Nokia di usare alcuni brevetti di Apple in futuri telefoni. Per contrastare la possibile azione legale della Mela sarebbe partito un attacco preventivo, creando uno scenario in cui Apple deve preoccuparsi di difendersi prima di attaccare.
Un’altra questione sul tappeto, ammesso che Nokia abbia ragione, ruota intorno alle ragione per cui Apple sia arrivata sul mercato con un prodotto che fa uso senza licenza di tecnologie di una concorrente tanto visibile e potente. Una delle risposte è che Apple non pensava di poter essere attaccata ritenendo di avere tutti i diritti di utilizzare le tecnologie che usa in iPhone, avendo acquisito brevetti da società concorrenti di Nokia (come le sopraccitate Ericsson e Qualcom).
Una tesi parallela, anche questa vagamente complottista, ruota intorno a calcoli meramente economici: Apple usando brevetti senza autorizzazione avrebbe potuto proporre iPhone ad un costo più basso e quindi venderne una maggiore quantità . La strategia avrebbe di fatto consentito a Cupertino di creare più facilmente un mercato e una nicchia per iPhone di quanto non le sarebbe stato possibile pagando i brevetti Nokia. Proprio grazie a questa strategia Apple sarebbe oggi una società da circa 35 miliardi di dollari di fatturato annui e profitti per quasi 5 miliardi di dollari; una società di dimensioni e successo tali, insomma, per la quale anche pagare un miliardo di dollari per un prodotto in vendita da tre anni e che le ha consentito di conquistare il 15% del mercato degli smartphones collocandosi al primo posto tra le aziende a maggior profitto in questa nicchia di mercato, non rappresenterebbe un problema di incommensurabili dimensioni e forse non rappresenterebbe neppure un problema tout court.
Sempre ammesso che tutta la vicenda non si chiuda prima con un accordo extragiudiziale su cifre e con clausole che resteranno segrete, cosa assai probabile visto che solo l’1% delle azioni giudiziarie di questo tipo finisce realmente in tribunale.