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Niente Ai in Cina, ecco perché ora Apple rischia di brutto ovunque

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Niente Apple Intelligence in Cina, almeno fino a quando l’intelligenza artificiale di Apple non verrà adeguata alle norme della Repubblica Popolare. Dopo il ritardo “sine die” che l’Ai di Cupertino avrà in Europa, ufficializzato ieri da una dichiarazione che attribuisce lo slittamento del debutto nel nostro continente alle norme del DMA che ne minerebbero sicurezza e privacy, anche quella che parla la lingua del grande paese asiatico non ha una data precisa di lancio.

L’Intelligenza Artificiale allineata e coperta

Le ragioni, secondo il Wall Street Journal, non sono gli obblighi ingiusti sull’apertura del mercato come quelli imposti dall’Ue e che secondo Apple le impedirebbero di lanciare Apple Intelligence nel mercato dei venticinque, ma le leggi scritte e soprattutto quelle non scritte che governano la Cina.

Quel paese non permetterà mai di offrire ai suoi cittadini un sistema che ha la capacità di leggere testi, video ed immagini da Internet, interpretare il linguaggio ed offrire risposte elaborate in autonomia con il rischio che non siano le stesse quelle del governo. Troppo elevato il rischio di avere un “mostro” che pensa differente ed un autonomia ed influenza l’opinione pubblica, oppure che possa essere sfruttato per indebolire la coesione nazionale.

Se l’Intelligenza artificiale dovrà essere allineata e coperta, come si diceva una volta nel gergo militare, il Governo dovrà avere la legittimità di controllare come funziona e di approvarne direttamente l’applicazione, come in effetti sta accadendo in diversi ambiti in chiave locale. In questo momento in Cina ci sono infatti 117 piattaforme di intelligenza artificiale ma nessuna è straniera e tutte sono approvate ufficialmente.

Bocciata l’ipotesi, dice ancora il WSJ, di presentare la sua piattaforma proprietaria  che non sarebbe mai stata approvata, i dirigenti di Cupertino avrebbero contattato aziende come Baidu ed Alibaba Group e una startup denominata Baichuan AI. Per ora però le trattative sarebbero ad un punto morto.

Un mercato sotto pressione

Lo scenario che si sta generando è complesso e molto difficile e va ben al di là della ricerca di un partner per Apple Intelligence.

Da una parte la Cina è fondamentale per Apple. Repubblica Popolare, Hong Kong e Macao totalizzano il 18% dei profitti della Mela e sono il secondo più importante mercato al mondo dopo quello americano Dall’altra, in questo momento questo fondamentale mercato è fortemente sotto pressione.

Huawei anche grazie alle funzioni di intelligenza artificiale (ovviamente tutte basate su tecnologie locali) è arrivata al 17% del mercato, crescendo del 70% nel trimestre mentre Apple è calata del 19%. Ma molti altri produttori locali stanno investendo nell’Ai  generativa e possono mettere in ulteriore difficoltà Apple, come spiega Canalys in una delle sue ultime analisi del mercato cinese. Così per provare ad invertire il trend negativo, Cupertino ha urgente necessità di pareggiare il conto.

Molto probabilmente per preservare il fatturato Cupertino sarebbe disponibile a compromessi proprio come acquisire un operatore di Ai locale. Del resto Apple di compromessi con il governo della Repubblica Popolare ne ha già fatti parecchi, ad esempio ha accettato di mettere i servizi di iCloud su server di proprietà governativa, oppure tolto sezioni agli store, e lanciato prodotti monchi di funzioni (ultimo di questi Vision Pro che arriverà in Cina senza i servizi di Apple TV). Ha persino accettato di censurare la bandiera di Taiwan.

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L’Ai non è un prodotto qualunque

Ma questa volta non sarà facile come in passato. Non sarà insomma semplice come impedire ad uno sviluppatore straniero di apparire sullo store Cinese o cambiare rapidamente le funzioni di Airdrop.

L’Ai non è infatti un prodotto qualunque. Piuttosto è la più concreta e prossima prospettiva di tutto il mercato di spingere al rinnovo dei dispositivi e quindi per Apple di mantenere alti i volumi di  vendita, ammodernandone le funzioni. Impossibile che gli iPhone possano esserne privati senza comprometterne la possibilità di competere e relegare di conseguenza i dispositivi della Mela all’irrilevanza, come successo a Samsung che pesa per l’1% in Cina.

Il problema di Apple è che non è detto che questo scenario di una Apple ridimensionata non sia proprio quello cui il governo cinese punta.

L’Ai come arma impropria

In passato la Cina che controlla direttamente o indirettamente tutto quello che si muove nell’economia e soprattutto nell’innovazione ha sempre avuto un occhio di favore nei confronti di Apple per il contributo fornito al Pil, ma ora lo scenario è cambiato per ragioni politiche, di strategie ed alleanze internazionali. Oggi tutelare Apple, specie mentre gli USA puniscono le aziende cinesi, non è più una priorità, anzi… 

Lo dimostrano, tra gli altri gli “sconsigli” se non i bandi agli iPhone in aziende del Governo. Sfruttare queste leve combinate con l’innovazione tecnologica, ha permesso a società come Huawei di insidiare Apple sul mercato di fascia alta e costretto iPhone ad inopinati tagli di listino. Ne stanno però beneficiando tanti produttori locali che stanno mettendo sotto pressione il mercato di iPhone.

Bloccare o se non altro rendere molto difficile per Apple sfruttare l’Ai o magari renderla pessima al punto da impedirle di far rivivere il mercato di iPhone in Cina, potrebbe essere un’ottima strategia. Una vera e propria arma impropria se non l’arma finale per favorire i produttori locali.

Le conseguenze non solo cinesi

Il rischio è quindi che Apple non riesca a trovare a breve una strada per lanciare la sua Apple Intelligence in Cina. Altrettanto difficile che Apple possa risolverla chiamando a raccolta i suoi clienti e gli opinion makers attribuendo, esplicitamente, come ha fatto in Europa con il governo di Bruxelles, la colpa del ritardo al governo cinese.

In attesa di capire che accadrà e come si muoverà Apple, quel che conta è che l’Ai di Cupertino, per i ritardi accumulati, le scelte di mercato (funzionerà principalmente allo scopo di causare una rapida obsolescenza di vecchi dispositivi solo sui più moderni Mac, iPad ed iPhone) le ingerenze (vere o presunte, giuste o sbagliate) dei governi, sta restringendo enormemente le sue prospettive di diffusione.

Quando verrà lanciata ufficialmente, per giunta in Beta, a settembre interesserà solo una piccolissima parte del mercato: di fatto i Mac e gli iPad con processori Apple Silicon, gli iPhone 15 Pro e gli iPhone 16, usati negli Stati Uniti.

Anche se un lancio graduale dell’Ai potrebbe essere quello cui aspira Apple, è certamente troppo poco per ritenerla quell’arma necessaria per rilanciare da subito Apple come leader di innovazione e di vendite.

Altrettanto probabile che questo possa generare una reazione a catena che porterà Apple ad accumulare altri ritardi e costringere la Mela ad inseguire, correndo anche più veloce di come deve fare oggi al punto che possiamo pensare che solo fine 2025 o magari il 2026 gli anni dove vedremo gli effetti dell’Ai di Apple.

Ammesso che poi in quel momento l’Ai nella sua interezza non si sia dimostrata un bluff dal punto di vista commerciale oppure che lo scenario non si sia complicato al punto da costringere a scelte dolorose e molto controverse come quelle sull’Auto elettrica e a guida autonoma.

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