Apple ha svilito e svuotato la musica del suo valore. Parola di Nick Mason. La presa di posizione che parte dalla trasformazione al mondo delle sette note imposta da Cupertino con i suoi player, la commercializzazione del digitale e nuove forme di distribuzione, è importante perchè Mason non è uno qualunque, ma il batterista dei Pink Floyd, uno dei gruppi che ha segnato la storia della musica cosiddetta “leggera” della seconda parte del novecento.
Mason ha espresso le sue riflessioni in una intervista a GQ partendo dalle polemiche che hanno riguardato lo scorso anno il rilascio gratuito dell’ultimo disco degli U2, che inizialmente veniva scaricato automaticamente da iTunes contro la volontà degli utenti, aspetto che ha causato non poche problematiche alla band. Interpellato sulla questione Mason affronta la discussione con una serie di riflessioni che vanno oltre la polemica ma che paiono volere evidenziare lo “stato della nazione” in merito al mercato musicale attuale.
Secondo Mason l’aspetto più interessante è che l’iniziativa degli U2 è andata male. «Questa operazione in sé – sostiene Mason – sarebbe stata allettante anche per noi, i Pink Floyd. Io personalmente avrei accettato di distribuire gratuitamente un disco a fronte di un pagamento secco di 50 milioni di sterline. Ma il fallimento dell’iniziativa ci dice che avremmo sbagliato. Siamo di fronte alla dimostrazione che è necessario ripensare come vogliamo distribuire, pubblicare e vendere la nostra musica».
Allo stesso modo, dice Mason, è interessante come Apple si sia mantenuta ai margini delle polemiche: “Apple l’ha fatta franca. Nessuno ha dato la colpa a loro. Apple ha fatto grandi cose, ma ha anche contribuito al processo di svalutazione [della musica]”. Mason sostiene che a causa di Internet la musica è stata “svalutata; forse prima era sopravvalutata, ma oggi è stata svalutata a tal punto da essere un problema perché ci perdiamo una sacco di musica che potrebbe essere disponibile ma che in realtà non lo è”.
Le considerazioni di Mason non suonano distanti – seppur meno “vecchio stile” – da quelle di Jon Bon Jovi, quando nel 2011 accusò Apple, e lo stesso Steve Jobs, di essere i diretti responsabili dell’uccisione del mercato musicale perché ha provato l’utente della “fisicità” che accompagnava l’esperienza musicale. Diversamente dalla (ex) rockstar di New Jersey, Mason però guarda avanti e non teme di giudicare ormai “piuttosto datato” iTunes come servizio musicale: il futuro ora è Spotify e “ciò di cui abbiamo bisogno sono altri due o tre miliardi di persone lo utilizzano, allora avrebbe più senso per i musicisti. Al momento, il pay-out, in particolare per artisti sconosciuti o poco conosciuti è … patetico”.
Lungi dal suonare sterili e vuota polemica, le riflessioni del batterista dei Pink Floyd appaiono lucide e fotografano lo stato attuale di un mercato musicale sempre più incapace di trovare una via di uscita realmente sostenibile per superare una crisi in cui versa da diversi anni. Qui di seguito un video di Mason con alcuni stralci dell’intervista (si parla del tema di questo articolo a partire dal minuto 4:43).
L’intervista testuale invece è disponibile qui.