Google è come Microsoft. Sbaglia. Solo che, mentre Microsoft tendenzialmente prima sbaglia e poi ci riprova fino a che non migliora (se si guarda la storia di Xbox o quella del sistema operativo Windows, ad esempio), a quanto pare Google segue il tragitto inverso. Lancia prodotti, i primi straordinari, poi comincia a calare. C’è voluto qualche anno, ma la tendenza principia a delinearsi.
Nexus One è l’esempio eclatante e più recente. Il telefono di Htc, realizzato con grande cura dalla casa taiwanese in attesa di poter sfruttare per primo il privilegio sia di usare la versione 2.1 di Android (il sistema operativo open di Google) che il negozio di Google stessa (e questa è la vera notizia, come spiegavamo tempo addietro), era diventato un fenomeno. Il pianeta intero lo attendeva per un semplice motivo: era lo sfidante al trono dell’iPhone. Si era capito, con un fraintendimento, che non si sarebbe trattato di uno dei “tanti” telefoni Android, interessanti all’inizio ma poi rivelatisi piuttosto mediocri e deludenti. Invece, questo sarebbe stato speciale perché l’avrebbe fatto Google stessa.
La notizia, completamente sbagliata, era infatti che Google sarebbe scesa direttamente in campo, mettendosi a produrre non più solo apparecchi hardware per aziende (Google produce solo appliances per aziende, mini-server da rack che fanno girare il motore di ricerca e le applicazioni in locale). Tutti volevano quindi vedere con Nexus One non solo un grande telefonino fatto da Google, ma addirittura l’anti iPhone che avrebbe dovuto interrompere il dominio di tre anni e tre modelli stabilito dalla csa di Cupertino.
Tutti tranne gli eredi di Philip K. Dick, l’autore del romanzo da cui è stato tratto il film Blade Runner, che parla di androidi “replicanti” e dei modelli Nexus Sei. Loro, gli eredi, ci hanno invece visto un’occasione per fare causa e grattare qualche soldo dalle casse di Google con la storia della proprietà intellettuale. Spiccioli e disturbi minori, quasi accattonaggio legale degno della stazione ferroviaria di Madras.
Comunque, Google aveva lasciato crescere l’attenzione su Nexus One, mentre affinava il modello di vendita tramite sito web con supporto economico per i modelli bloccati per due anni su un operatore. E poi la prima bomba: la stampa annusa il fraintendimento e comincia a recensire il telefono in maniera negativa. Praticamente, quando nelle redazioni l’apparecchio arriva in mano ai giornalisti esperti di tecnologia, si capisce che, a parte l’uso del processore Snapdragon, il telefono tecnicamente non ha niente di nuovo e dal punto di vista del software ancora meno. Nei test, emerge che non c’è sostanziale differenza con altri modelli come quelli di Motorola e Samsung, e che tecnicamente il mix di software e hardware per il riconoscimento del tocco multiplo è ancora inferiore a quello usato da Apple per iPhone,
Poi, arriva un’ecatombe di proteste da parte dei primissimi utenti, che riescono addirittura a saturare i forum preallestiti da Google per raccogliere impressioni, idee ed eventuali problemi sul telefono. Anche qui, un disastro come non si era visto da tempo, tanto che la stampa generalista di tutto il mondo, Italia compresa, raccoglie anche questa notizia e con quel sistema spietato che ha il mondo dell’informazione per cui un giorno ti loda e il giorno dopo ti distrugge, mette Google e soprattutto Nexus One alla berlina.
Il bello però è che ancora nessuno ha capito se il modello di Google sia in effetti vincente oppure no. Se la vendita tramite web abbia senso per l’azienda che propone il sistema operativo ma che poi lascia che i telefoni siano fatti da altri e commercializzati da altri ancora, oppure no. Quali riscontri ci potranno essere? Servirà parecchio tempo e almeno una o due generazioni di telefoni anche se qualche indicazioni arrivano esattamente dopo una settimana.
Andando infatti a vedere i primi dati di come sia andata la vendita, si scopre che Google è riuscita a vendere in tutti gli Usa appena 20mila apparecchi Nexus One, nonostante anche l’appoggio del carrier Verizon, che negli Usa ha fama di avere copertura ed efficienza superiori a quelli di AT&T. Un debutto agghiacciante, soprattutto se comparato ad altri lanci. Senza scomodare il successo di Apple e degli iPhone che nella prima settimana dell’iPhone 3GS, aveva venduto 1,6 milioni di apparecchi, una cifra che non si spiega certo solo con la maggior copertura territoriale di iPhone (che al contrario di Nexus One viene venduto in diversi paesi), basterebbe vedere i buoni dati raccolti da Motorola, che a novembre scorso ha lanciato il suo Droid (tra l’altro, George Lucas ha ricevuto una telefonata del Ceo della casa con le alette e si è detto “onorato” che l’azienda americana avesse deciso di chiamare il suo apparecchio di punta come i robot coperti da copyright del ciclo di Guerre Stellari, i droidi) vendendone 250mila al debutto. Ancora, T-Mobile sempre negli Usa ha venduto tre volte tanto il primo giorno, lo scorso agosto, quando ha fatto debuttare il suo My Touch, assemblato basato sempre su Droid.
E alcuni analisti, che si sono accorti come la maggior parte delle proteste attorno a questo telefono fossero in realtà proprio legate al modello di vendita sovvenzionato e poi direttamente tramite internet, quindi senza il beneficio di quell’ammortizzatore che è il rapporto diretto con i negozianti e la qualità della relazione, stanno cominciando a presentare le prime stime del fatto che il modello scelto da Google, in collaborazione con T-Mobile, sia alquanto deficitario e abbia creato più confusione che non opportunità nel mercato. Arrivando a sostenere che forse proprio questa grande innovazione che nessuno aveva visto è in realtà quella che non funziona, almeno per adesso.