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Musk vs Zuckerberg al Colosseo, i gladiatori finti della pubblicità

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Qual è la demografia vincente per un social network? Quella che si ingaggia di più. E chi vuole essere ingaggiato di più? Chi è già agitato e litigioso nella vita. Perché si sa che le nonnette che guardano i flussi di Twitter o di Facebook sono tutto sommato persone tranquille. Possono litigare sul colore del golfino da fare a una nipote, ma poi la cosa finisce là, fra un bicchierino di sidro e una chiacchiera tra amiche.

L’entrata di Elon Musk nella sfida dei social, con l’acquisizione di Twitter, ha però cambiato le carte in tavola: andando a sfruculiare l’anima già sofferente di un altro adrenalinico della rete, cioè Mark Zuckerberg.

Mark l’avete visto tutti nel film con la sua biografia non autorizzata, no? The Social Network. Sembra un nerd tranquillo e pacioso ma in realtà è un rissaiolo di prima grandezza, arrogante e intelligente come pochi, sempre pronto allo scontro. Un bullo, ha detto qualcuno (non noi, però, perché il bullismo è una cosa brutta). Solo che non aveva trovato pane per i suoi denti. Finora.Musk e Zuckerberg se le vogliono dare sul ring

L’importanza di chiamarsi Elon

Musk ha una traiettoria simile a quella di Zuckerberg. Si è fatto largo a gomitate e ha menato un po’ tutti. Da quando poi ha comprato Twitter, Musk è diventato sempre più pubblico e sempre più aggressivo e quasi violento. Soprattutto, è entrato nel territorio dei social, che era dominato da Mark Zuckerberg, e pur essendo apparentemente impegnato a demolire attivamente tutta la credibilità di Twitter, ha messo il ceo di Meta davanti a una challenge a cui non è abituato.

Sì, perché l’adrenalinico Elon ha chiaramente indicato che il mercato dei più facinorosi tra gli utenti della rete con lui si trova a casa. E il suo giocare ad essere macho in rete ha sfondato una porta aperta, creando una linea di resistenza che ancora non abbiamo imparato a comprendere fino in fondo, ma che fa parte di una trasformazione del DNA di Twitter in qualcosa che non immaginiamo neanche (ancora). Ma succederà. Però questo è un tema per un’altra volta.Musk e Zuckerberg se le vogliono dare sul ring

L’insostenibile leggerezza di Mark

E qui arriviamo a Mark Zuckerberg, un uomo che si riteneva intelligentissimo, bravissimo e più veloce di chiunque altro. Il più giovane pistolero del West. Fino a che l’avidità l’ha messo in condizioni non buone, tanto da doversi inventare una via di fuga da Facebook: ecco l’invenzione del metaverso come approdo futuro e del cambio di nome per superare sfide legali da parte degli antitrust e degli utenti inferociti per la monetizzazione della loro privacy.

Immaginate un uomo fragile, devastato, che soffre. Il quale vede all’improvviso arrivare l’ultima goccia che fa traboccare il suo vaso strapieno: un uomo che lo sfida in quel che ha di più caro. L’engagement. Un altro muscolare CEO che riesce a pimpare l’algoritmo e prendere il controllo di una demografia che una volta non era così esplicita. I buzzurri rissaioli che amano il capo macho. La ricetta perfetta che, non lo dimentichiamo, ha portato Donald Trump alla presidenza americana e che ancora non si è esaurita.

Musk e Zuckerberg se le vogliono dare sul ring

Scontro all’OK Corral

Ecco quindi la soluzione. Fare a botte come tra ragazzini delle elementari. Fare a botte come i bravi di Manzoni immaginano si risolvano i problemi. Fare a botte per recuperare una demografia che altrimenti sfugge di mano. Fare a botte come i gladiatori del film con Russel Crowe. Fare a botte al Colosseo.

Dopo che il guanto della sfida mediatica è stato lanciato sui social, in un’epoca di challenge schifose che costano la vita ai bambini perché portate avanti da sedicenti influencer in realtà sbandati e mezzi criminali, solo per attirare l’attenzione e aumentare l’engagement. Per coltivare il popolo di buzzurri maneschi che godono dal loro device a vedere questo spettacolo.

Dove fare lo scontro, quindi? Al Colosseo, dunque. Solo che non è vero niente, che non andrà così, che non si farà, come segnala Repubblica. Ma non è neanche importante che si faccia, perché nell’epoca delle AI generative basta questo per creare un bel meme, far girare l’idea e ridare la verginità macho a tutti e due. Per aumentare l’engagement a spese non solo nostre ma di tutta quella cosa che chiamiamo civiltà.

Così non va bene, lo sappiamo, e dovrebbe finire prima ancora di cominciare. Purtroppo abbiamo consentito a personaggi di tal fatta di creare aziende basate sull’odio, cioè sull’engagement, e quindi possiamo dire che collettivamente la colpa sia anche nostra. Però così non va bene. Proprio no.

Tutti gli articoli di macitynet che parlano di Elon Musk sono disponibili qui, invece quelli dedicati a Mark Zuckerberg da questa pagina.

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