Mozilla Foundation – organizzazione madre senza fini di lucro di Mozilla – indica nei costruttori di auto come i “peggiori della categoria” quando si tratta di rispetto della privacy, con Tesla al primo posto ma in ottima compagnia. È quanto emerge da una nuova ricerca recentemente presentata che ha preso in esame vari aspetti legati alla privacy, dai dispositivi per la smart home, alle app per la salute e il benessere, fino alle automobili.
Su 25 marchi di auto esaminati dallo studio, nessuno di questi ha superato le valutazioni, e marchi come Tesla, Nissan e Hyundai sono stati classificati tra quelli messi peggio nell’elenco dei peggiori.
Tesla ha ottenuto la classificazione peggiore, sia fallendo in tutti i test di privacy che per lo sfruttamento di AI indicate come non affidabili; l’autopilot di Tesla, tra le altre cose, è da un po’ di tempo sotto la lente della National Highway Traffic Safety Administration, che ha aperto un’indagine su 30 incidenti nei quali sono state coinvolte le auto della Casa di Elon Muske in cui 10 persone hanno perso la vita.
Aziende come Nissan e Kia, a quanto pare raccolgono dati persino su vita e attività sessuale degli utenti, mentre Hyundai si impegna ad essere conforme a “legittime richieste”, che siano formali o informali, riferendo esplicitamente di condividere informazioni con i governi e forze dell’ordine.
I brand “meno inquietanti” dal punto di vista della privacy sono Renault, Dacia e BMW; non è dato sapere se Renault (e la controllata Dacia) cifrano i dati raccolti. Questi brand si limitano a indicare attenzione su norme in vigore in materia di protezione dei dati e, rispetto ad altri, non sono elencati tra i peggiori dal punto di vista privacy.
Per quanto riguarda BMW, si colloca tra i peggiori perché – contrariamente ad altri – questo marchio non indica se vende a terzi dati dei suoi utenti a scopo pubblicitario. Potrebbe farlo, indica la ricerca, ma non lo indica e non vi è certezza su cosa viene fatto con i dati degli utenti.
In generale, tutte le case automobilistiche raccolgono grandi quantità di dati dei loro clienti, e molte informazioni vengono vendute a terzi. I ricercatori hanno impiegato 600 ore per analizzare policy sulla privacy e indagare su funzionalità proposte tramite app, arrivando alla conclusione che su molti aspetti, non vi è certezza su quello che molti marchi trattano i dati. Gli utenti possono, al momento, fare ben poco e su molti aspetti toccherebbe alle varie autorità di regolamentazione fare chiarezza.
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