L’inchiostro della penna di Matteo Renzi non ha fatto ancora in tempo a seccarsi sul foglio con il quale ha formalizzato le sue dimissioni (che comunque il Presidente della Repubblica Mattarella ha chiesto di posticipare di qualche giorno per chiudere la legge di bilancio) e sono partite le prime bordate di chi vuole disfare tutto quello che è stato fatto dal 22 febbraio del 2014, data di insediamento di Renzi a Palazzo Chigi. I primi sono i rappresentanti del Movimento 5 Stelle, che chiedono le dimissioni di Piacentini e del suo team.
Addio Piacentini?
I primi a chiedere le dimissioni di un uomo nominato da Renzi sono dunque i pentastellati che, con una rapidità notevole, il giorno dopo le dimissioni di Renzi (e due giorni dopo il voto del referendum costituzionale) hanno presentato una nota dei loro deputati membri della commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni sull’argomento. Nella nota infatti si chiede di smantellare il team di Diego Piacentini, vicepresidente in aspettativa di Amazon e attuale commissario straordinario per l’agenda digitale. Il mandato di due anni di Piacentini e della sua squadra, appena costituita presso Palazzo Chigi, secondo il Movimento 5 Stelle devono essere sostanzialmente interrotti perché “la caduta del governo Renzi decretata dal voto di ieri impone un ripensamento anche alla governance dell’innovazione nel nostro Paese”.
I pentastellati chiedono dunque la cancellazione di tutto il lavoro fatto attorno all’Agenda digitale sul versante dell’attuazione. Lo scontro è politico ma non riguarda solo la figura di Renzi: anche le mosse dello stesso Piacentini non sono piaciute, come scrivono nella nota i deputati pentastellati: “Dal suo insediamento nell’agosto scorso il commissario straordinario ha solo costituito una costosa struttura amministrativa senza mai presentare al Parlamento le linee strategiche della propria azione”.
Soldi e poltrone per governare
In ballo non ci sono solo la poltrona di Piacentini e quella dei suoi, ma anche i fondi stanziati per la squadra nella legge di bilancio del 2017: un budget biennale di 31 milioni di euro per imprimere una svolta 2.0 alla macchina della pubblica amministrazione italiana e quindi a tutto il Paese. I fondi secondo i pentastellati adesso dovrebbero essere dirottati rispetto al team di Piacentini e instradati invece verso progetti di inclusione ed educazione al digitale di cui il Paese ha urgente bisogno.
Attenzione, perché nella nota i Cinque Stelle introducono anche un segnale politico raffinato, un messaggio secondario ma altrettanto importante rispetto a quello principale: con un governo firmato M5s “si avrebbe una chiara governance dell’innovazione con una rinnovata Agenzia per l’Italia digitale, ove verranno premiati il merito e la competenza, al centro nell’attuazione delle politiche pubbliche per l’innovazione senza inutili doppioni e carrozzoni inutili. L’auspicio è che si arrivi presto ad elezioni anche per imprimere finalmente la svolta digitale per l’Italia”.
Insomma, parlando di poltrone tecnologiche e digitali, il gruppo politico riprende il messaggio nazionale di Beppe Grillo e lo modula anche sul piano digitale in modo molto chiaro: elezioni e poi governo M5s, con una prima idea del metodo (più che del merito) per il che cosa fare per l’Agenda digitale. E l’idea dunque è che il movimento “di base” nato dalla rete e sulle strutture software della Casaleggio e Associati adesso si senta pronto ad andare alle urne, raccogliere consensi ancora più alti e poi andare al governo. Un cambiamento antropologico e di mentalità notevole per il gruppo di parlamentari e senatori del Movimento.