L’astio di Jobs nei confronti di Android saranno messi agli atti nel processo che vede Motorola ed Apple opporsi l’un l’altro di fronte alla corte di Chicago. Il giudice Richard Posner ha infatti ammesso la richiesta della società delle alette che aveva presentato nella sua serie di documenti anche il pesante attacco al sistema operativo del robottino, così come esso viene menzionato nella biografia di Isaacson, e respinto l’istanza degli avvocati di Apple che, invece, volevano che fossero escluse.
Le frasi sono ben conosciute e mostrano il livore dell’ex iCeo nei confronti del sistema operativo di Google. «Voglio che smettiate di usare le nostre idee in Android. Ecco l’unica cosa che voglio. Spenderò il mio ultimo respiro, se è necessario, spenderò tutti i 40 miliardi di dollari che Apple ha da parte, fino all’ultimo centesimo, per mettere a posto questa cosa. Voglio distruggere Android perché è un prodotto spudoratamente copiato. Sono deciso ad andare alla guerra termonucleare» così Jobs aveva apostofato Eric Schmidt secondo la biografia di Isaacson.
Secondo Apple l’utilizzo di queste frasi da parte di Motorola farebbe correre il rischio di imporre alla giuria una sorta di “pregiudizio” emozionale. Nel caso delle citazioni di Jobs, insomma, il disprezzo espresso dallo scomparso co-fondatore della Mela nei confronti di Android giocherebbe a sfavore di Cupertino perchè dettato da un astio personale, come confermato da Isaacson stesso, e non da una ponderata analisi tecnica, su cui invece si basa l’attacco legale di Apple.
La strategia “del sentimento” parrebbe confermata da un’altra disposizione di Posner che richiama la Mela: “Proibisco ad Apple – dice il giudice – di far intendere alla giuria che questo caso possa essere un concorso di popolarità e che i giurati debbano essere predisposti ad un verdetto in favore di Apple nel caso in cui apprezzassero i prodotti Apple o la società o ammirassero Steve Jobs, o nel caso in cui non apprezzassero Motorola o Google”.
Sembra quindi che da una parte Apple voglia sfavorire eventuali pregiudizi negativi veicolati dalle espressioni colorite di Jobs, ma spinga per favorire pregiudizi positivi nei confronti del proprio brand. Per Posner invece la causa dovrà avere basi strettamente legate a questioni tecniche, senza far leva sulla reputazione o l’apprezzamento dei brand coinvolti.