La filosofia è l’amore per la sapienza. La conoscenza fatta di riflessione, speculazione, ricerca. Svincolata da tutto tranne che dall’anelito fondamentale dell’essere umano.
La filosofia ha un suo canone occidentale, nel senso di una serie di pensatori e di libri (visto che poi il libro è la forma con la quale oggi ancora si trasmettono le idee) che fa da introduzione alla nostra idea stessa di civiltà. È diversa in altre parti del mondo, è diversa persino al di là dell’Atlantico. Ecco qui la materia di cui è fatta.
Prendete questa lista come un breviario, una prima serie di libri appuntati in maniera non sistematica, privilegiando quanto di più profondamente occidentale oggi si ricorda (e non si ricorda più) e non con un intento di completezza e sistematicità. Inoltre, alla fine, come al solito, i nostri fuori-sacco ci portano volontariamente fuori strada. Ma non sarebbe una lista dei migliori libri di Macity, altrimenti. Buona lettura.
Qui trovate tutti gli articoli con i Migliori libri di Macity raccolti in un’unica pagina.
La Repubblica
Se la Commedia di Dante è il libro da leggere, assieme alle tragedie di Shakespeare, per comprendere la cultura occidentale, questo è il punto di partenza per comprendere la cultura occidentale.
Scrive Mario Vegetti nella introduzione: “Nel mondo antico e poi ancora in quello moderno, questo libro non ha mai mancato di svolgere il suo compito principale: quello di invitare a pensare sul destino della vita individuale e sociale degli uomini. Un destino, secondo Platone, non prescritto e immutabile, ma da immaginare, argomentare, costruire.”
Etica Nicomachea
Se c’è un altro libro da prendere a modello per la riflessione filosofica degli antichi greci, è questo capolavoro di Aristotele. È l’opera centrata sull’etica, cioè lo studio filosofico dei fenomeni morali. Composto di dieci sezioni, che vengono chiamate “libri”, definisce la scienza del bene per la vita umana, ciò che è l’obiettivo o il fine a cui mirano tutte le nostre azioni. È un vero capolavoro.
Simposio
Torna ancora Platone con quest’opera che, nella forma di un dialogo socratico (ci sono più trenta opere del filosofo greco che hanno questa forma) affronta temi molto diversi. L’amore, l’erotismo, la passione. Platone qui mette in scena una delle sue opere più raffinate perché contemporaneamente “tocca” in maniera arguta i punti di forza ma anche le debolezze della vita delle persone. E apre a scenari che oggi consideriamo ancora fin troppo lontani dal comune sentire, pur facendo parte della nostra vita quotidiana: l’amore per il corpo, la propria anima, per il sapere e per l’idea di bellezza.
Anche nell’era di Instagram il Simposio resta un’opera fondamentale. Mette in scena una gara amichevole di discorsi estemporanei tenuti da un gruppo di intellettuali ateniesi di spicco (tutti uomini) che partecipano a un banchetto. Tra gli uomini ci sono il filosofo Socrate, il generale e statista Alcibiade e il commediografo Aristofane. I panegirici vengono pronunciati in lode di Eros, il dio dell’amore e del sesso.
Al di là del bene e del male
La filosofia del nostro tempo non sarebbe completa senza Friedrich Nietzsche. Non ci sono opere “agili” di Hegel, di Kant o della coppia Marx-Engels da proporre. Ma c’è lui, un demone folle della filosofia.
L’opera è divisa in nove capitoli: “Dei pregiudizi dei filosofi”, “Dello spirito libero”, “Della mania religiosa”, “Aforismi e interludi”, “Per la storia naturale della morale”, “Noi dotti”, “Le nostre virtù”, “Popoli e patrie”, “Che cos’è aristocratico?”, chiude l’opera un epodo “Dall’alto dei monti”. Nell’opera Nietzsche afferma che il problema morale è più essenziale di quello teologico. Per eliminare il pregiudizio della morale è necessario un nuovo indirizzo di cultura e a tal fine si potranno impiegare gli “spiriti liberi”, immuni da quel pregiudizio. Conclusione delle tendenze dell’Europa democratica sarà una schiavitù imposta da una forte razza e la futura aristocrazia dominatrice potrà nascere solo da una lunga disciplina.
Storia della Filosofia occidentale
Lo spirito di questa lista di libri essenziali per la filosofia del canone occidentale è di non presentare manuali. Ma tradiamo questo spirito adesso (e lo faremo tra poco, più avanti) perché in realtà l’opera di Bertrand Russell, filosofo e matematico, è molto più di un manuale.
Vero e proprio capolavoro di sintesi e di chiarezza espositiva, questo libro si offre come un quadro completo dello sviluppo del pensiero filosofico, all’interno del quale i singoli pensatori sono collocati nel loro contesto storico e sociale a dimostrare che l’opera di un filosofo non sorge mai isolata, bensì riflette ed elabora le idee e i sentimenti che sono comuni alla società di cui fa parte. L’opera di Russell, priva di difficoltà terminologiche e di disquisizioni tecniche, rappresenta uno dei migliori e più conosciuti esempi di divulgazione filosofica.
Pensieri
Il libro di Blaise Pascal (da noi a lungo italianizzato) è l’opera più ricca e profonda del pensatore francese. L’opera, pubblicata postuma nel 1670, fu subito accolta come un classico della filosofia moderna. Tra i temi principali si possono annoverare l’incertezza dell’esistenza umana, la ricerca di Dio e la scommessa di Pascal, uno dei più famosi argomenti a favore dell’esistenza di Dio.
Il libro hanno avuto una profonda influenza sul pensiero filosofico e religioso moderno, è stata citata e discussa da filosofi e teologi di tutte le epoche e può sicuramente suggerire spunti per una nuova prospettiva sull’esistenza umana e sulla natura di Dio.
Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta
Robert Pirsig è l’autore che con più completezza (assieme a Eugen Herrigel e soprattutto a Herman Hesse) apre gli occhi occidentali alla prima visione della cultura asiatica, del buddismo, della riflessione metafisica “altra” rispetto al corpo del pensiero occidentale (che con l’Asia dialogava tuttavia già da quattromila anni). Tuttavia, come Van Gogh traduce e naturalizza la stampa giapponese, così Pirsig e gli altri traducono e naturalizzano il pensiero zen.
L’etica del viandante
Ci sono anche i filosofi contemporanei e molti sono italiani. Come il ricchissimo Umberto Galimberti, che sta tratteggiando un quadro ulteriore della riflessione filosofica sulla condizione umana. L’Occidente ha due radici: il mondo greco e la tradizione giudaico-cristiana. Per quanto dischiudano orizzonti completamente diversi, entrambi descrivono un mondo dotato di ordine e stabilità. Ma noi viviamo nell’età della tecnica. È finito l’incanto del mondo tipico degli antichi. È finito anche il disincanto dei moderni, che ancora agivano secondo un orizzonte di senso e un fine.
La tecnica non tende a uno scopo, non apre scenari di salvezza, non svela la verità: la tecnica funziona. L’etica, come forma dell’agire in vista di fini, celebra la sua impotenza. Il mondo è ora regolato dal fare come pura produzione di risultati. L’unica etica possibile, scrive Umberto Galimberti, è quella del viandante.
A differenza del viaggiatore, il viandante non ha meta. Il suo percorso nomade, tutt’altro che un’anarchica erranza, si fa carico dell’assenza di uno scopo. Il viandante spinge avanti i suoi passi, ma non più con l’intenzione di trovare qualcosa, la casa, la patria, l’amore, la verità, la salvezza. Cammina per non perdere le figure del paesaggio. E così scopre il vuoto della legge e il sonno della politica, ancora incuranti dell’unica condizione comune all’umanità: come l’Ulisse dantesco, tutti gli uomini sono uomini di frontiera. Oggi l’uomo sa di non essere al centro.
L’etica del viandante si oppone all’etica antropologica del dominio della Terra. Denuncia il nostro modello di civiltà e mette in evidenza che la sua diffusione in tutto il pianeta equivale alla fine della biosfera. L’umanesimo del dominio è un umanesimo senza futuro. Il viandante percorre invece la terra senza possederla, perché sa che la vita appartiene alla natura. Così ci guida Galimberti: “L’etica del viandante avvia a questi pensieri. Sono pensieri ancora tutti da pensare, ma il paesaggio da essi dispiegato è già la nostra instabile, provvisoria e incompiuta dimora”.
Il postumano. La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte
L’opera di Rosi Braidotti, nostra contemporanea, è enorme e ricchissima. Il suo significato però è talmente articolato che trascende il tempo e la colloca in uno spazio complesso, articolato, antico, anche quando affronta la contemporaneità.
La nostra seconda vita negli universi digitali, il cibo geneticamente modificato, le protesi di nuova generazione, le tecnologie riproduttive sono gli aspetti ormai familiari di una condizione postumana. Tutto questo ha cancellato le frontiere tra ciò che è umano e ciò che non lo è, rivelando le fondamenta non naturalistiche dell’umanità contemporanea. Sul piano della teoria politica e filosofica, urge adeguare le categorie di comprensione delle identità individuali e dei fenomeni sociali a partire da questo salto. Sul piano dell’analisi, dopo aver constatato la fine dell’umanesimo, occorre vedere in questa trasformazione le insidie di una colonizzazione della vita nel suo complesso da parte dei mercati e della logica del profitto. Serve dunque aggiornare la teoria ai cambiamenti in atto, senza rimpianti per un’umanità ormai perduta e cogliendo le opportunità offerte dalle forme di neoumanesimo che scaturiscono dagli studi di genere, postcoloniali e dai movimenti ambientali.
Etica dell’intelligenza artificiale. Sviluppi, opportunità, sfide
Viviamo un’epoca tecnologica che ha disperatamente bisogno di filosofi per riuscire a porsi quelle domande che i tecnocrati e gli ingegneri non sanno neanche sognare. È l’epoca dei filosofi come Luciano Floridi.
Istruzione, commercio, industria, viaggi, divertimento, sanità, politica, relazioni sociali, in breve la vita stessa sta diventando inconcepibile senza le tecnologie, i servizi, i prodotti digitali. Questa trasformazione epocale implica dubbi e preoccupazioni, ma anche straordinarie opportunità. Proprio perché la rivoluzione digitale è iniziata da poco abbiamo la possibilità di modellarla in senso positivo, a vantaggio dell’umanità e del pianeta. Ma a condizione di capire meglio di cosa stiamo parlando. È cruciale comprendere le trasformazioni tecnologiche in atto e uno dei passaggi oggi fondamentali è quello dell’intelligenza artificiale, della sua natura e delle sue sfide etiche, che Luciano Floridi affronta in questo libro, offrendo il suo contributo di idee a un quanto mai necessario sforzo collettivo di intelligenza.
La tirannia dell’algoritmo
In questo libro rivolto nettamente al mondo digitale, ci sono più domande che non risposte. Ma servono a indicare un percorso che sta rendendo profondamente complesso il nostro tempo. Miguel Benasayag, il filosofo e psicanalista di origine argentina che ci ha insegnato a difenderci dalle ‘passioni tristi’ alimentate dalla nostra società, in questo libro-intervista con Régis Meyran ci mette in guardia dal rischio che siano gli algoritmi dei Big Data a guidare le nostre democrazie.
Nella vita di tutti i giorni siamo ormai messi continuamente a confronto con le ‘macchine’, in una interazione non più cancellabile con le nuove tecnologie: dall’uso del Gps per i nostri viaggi all’immersione ludica nella realtà virtuale, dalle relazioni personali mediate dai social network al controllo costante delle nostre azioni e dei nostri comportamenti su internet. E il punto non è tanto rifiutare questa ‘ibridazione’ ormai avvenuta, ma sapere come esistere in quanto umani in un tale mondo, fare in modo che, sia pure nell’integrazione utile con l’intelligenza artificiale, non vengano meno le particolarità del vivente, il suo essere imprevedibile e libero, irriducibile a una somma di informazioni, ai parametri della pura efficienza e della performance.
Se questo vale sul piano individuale, è altrettanto importante prendere coscienza dell’impatto che il mondo digitale e algoritmico esercita sulle società. Stimolato da domande che tutti noi vorremmo porgli, Benasayag fa qui emergere chiaramente come anche le decisioni rilevanti a livello sociale, politico ed economico sono oggi legate alla logica lineare delle macchine, affidate ai calcoli e alla raccolta abnorme dei dati, alla gestione pseudo-razionale di un rapporto causa-effetto che non tiene conto della complessità dei ‘corpi’ individuali e sociali e che insidia mortalmente le nostre democrazie.
Fino all’ultimo interrogativo: in questo contesto inedito e oscuro, è possibile un agire che assuma la sfida di proteggere il vivente, la cultura, la buona politica? Più che una ricetta infallibile, Benasayag propone un percorso, un itinerario di riappropriazione creativa del rapporto con l’artificiale, un insieme di ‘soluzioni singolari’ di piccole dimensioni e grandissimo impatto umano, qui e ora, capaci di costruire esperienze e pratiche di ibridazione con la tecnica che rispettino il vivente e la sua libertà.
Contro l’interpretazione e altri saggi
Un esordio straordinario, una serie di riflessioni oggi più attuali che mai. Susan Sontag è un limpido talento critico, una capacità fuori dal comune di orientarsi nell’universo contemporaneo di segni e linguaggi plurali. Con sguardo allenato da continue combinazioni tra passioni profonde e interessi eclettici, Sontag traccia un’originalissima, radicale rotta attraverso la teoria, la letteratura, il cinema, il teatro e le arti degli anni sessanta del ’900.
Prima dell’“età del nichilismo”, Sontag scrive gli articoli riuniti nel 1966 in questo suo libro d’esordio come saggista: “un atto di liberazione intellettuale” che la fa in breve diventare una figura di riferimento dello scenario contemporaneo, delle sue rivelazioni, trasgressioni, sperimentazioni, illusioni, della sua opposizione alle gerarchie (alto/basso) e alle polarità (forma/contenuto, intelletto/sentimento).
Che scriva dello “stile” come centro di gravità dell’espressione artistica o disegni una mappa dettagliata e ormai classica delle forme della sensibilità “Camp”, che parli degli happening in cui l’azione evade dai teatri o si sposti dal diario di Pavese ai Taccuini di Camus, dalla libertà di Genet alla coscienza disgustata di Sartre, il filo delle parole di Susan Sontag non perde il suo obiettivo: evitare che il vaso di Pandora dell’interpretazione-superfetazione si rovesci sull’esperienza dell’opera d’arte, deformandola e saturandola di “significati” a proprio uso e consumo.
Storia della filosofia greca, medioevale, moderna
Non sarebbe una delle liste dei migliori libri di Macity se non ci fossero un paio di fuori-sacco. Ed ecco il primo, un vero fenomeno della divulgazione ma anche del pensiero filosofico italiano, ingiustamente snobbato (perché un outsider e di successo televisivo oltre che librario) dall’accademia italiana. Parliamo naturalmente di Luciano De Crescenzo.
Prendere le cose con filosofia è per i napoletani una tradizione, oltre che una necessità. A Napoli la filosofia è dappertutto, come nelle città dell’Antica Grecia, dove si filosofava passeggiando. Non c’è dunque ragione di stupirsi se Luciano De Crescenzo ha scritto una storia della filosofia – già pubblicata in diversi volumi ora qui raccolti per la prima volta – che da anni aiuta i lettori ad affrontare gli eterni, fondamentali problemi dell’Uomo. Nessuno saprebbe accompagnare il pubblico fino alla soglia severa dei grandi temi del pensiero con la simpatia e con l’irresistibile amabilità dell’ingegnere-filosofo, che in queste pagine ci guida attraverso millenni di storia, dai presocratici a Kant, raccontando vita pubblica e privata di illustri pensatori, spiegando il contenuto delle loro fondamentali intuizioni. E facendo, come sempre, ricorso a quel suo estro affabile, a quell’arte dell’aneddoto e del controcanto ironico che gli sono peculiari.
Gli dei e gli eroi della Grecia. Il racconto del mito, la nascita delle civiltà
Nel canone occidentale la base è il mito greco. Fondamentale, inspiegabile, ricchissimo, estremamente complesso. Questa è un’opera intramontabile di Károly Kerényi, il famoso studioso che ha aperto una interpretazione del mito ricchissima ed estremamente colta. Questo è il secondo e ultimo fuori-sacco per questa lista dei migliori libri di Macity.
Ma non vi sbagliate, perché è il punto più alto della ricerca filologica e storica di Kàroly Kerényi sulla genesi e le forme della mitologia. Questo libro fondamentale narra le vicende degli dèi, dalle origini del mondo alle complesse genealogie dell’Olimpo, e quelle degli eroi, figure “quasi storiche” e leggendarie, esseri umani che si incontrano e scontrano con la divinità. In un continuo rimando alle fonti originali greche, l’ascesa al potere di Zeus contro il padre Crono, gli amori di Afrodite e le lotte di Ares, la ribellione di Prometeo, le fatiche di Eracle e il dramma di Edipo prendono vita in una materia narrativa in continua evoluzione. L’autore, tra i più cari amici di Carl Gustav Jung (a legarli fu anche una lunga e fruttuosa collaborazione), racconta gli antichi miti in una forma astratta dal tempo storico, e in cui le intenzioni e i significati dei testi mitologici sono letti in chiave archetipica, offrendo uno strumento di decodifica per la nascita della civiltà.
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