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Microsoft sta male? No, è morta già  da tre anni…

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Paul Graham è un personaggio particolare. Ha scritto un libro che è l’apoteosi della vita digitale, Hackers and Painters: Big Ideas from the Computer Age, e insieme alla sua attività  di softwarista continua ad analizzare i cambiamenti della scena digitale che, come ben sa chi legge Macity da tempo, poi hanno sempre più importanti ricadute nel resto del mondo “reale”. In alcune di queste analisi Graham non è affatto delicato con Microsoft, un’azienda dei cui prodotti Graham dice di fare a meno da decenni. Però un po’ di tempo fa c’è andato giù pesante, proponendo una tesi provocatoria che oggi, a distanza di quasi un anno, diventa invece sempre più attuale.

Scriveva Graham lo scorso aprile 2007: “Qualche giorno fa ho all’improvviso capito che Microsoft era morta. Stavo parlando con un giovane fondatore di start-up circa le differenze di Google rispetto a Yahoo. Avevo detto che Yahoo è stata avvolta fin dall’inizio dalla paura di Microsoft. Questo è il motivo per cui si era posizionata come “media company” invece che come azienda tecnologica. E poi ho guardato la sua faccia e ho compreso che non stava capendo. Era come se gli raccontassi di quanto a metà  degli anni ottanta Barry Manilow piacesse alle ragazze. Barry chi? Microsoft? Non ha detto niente, ma ci posso scommettere che non credeva che nessuno possa aver paura di loro”.

L’analisi di Graham è centrata attorno all’idea che Microsoft abbia perso rilevanza nel corso degli anni. Perché ha perso smalto e appeal, oltre che mercato. Una volta, dice Graham, era il Mac il computer da regalare ai nonni, perché le piattaforme “toste” erano altre. Oggi è Windows, mentre ancora più di Linux è il Mac ad avere la piattaforma più “sexy” e intrigante per chi voglia usarla creativamente e al 100%, sia in ambito professionale che in ambito softwaristico.

“Microsoft – scrive Graham – ha proiettato la sua ombra sul mondo del software per almeno 20 anni a partire dagli anni ottanta. Posso ancora ricordarmi che prima di loro c’era Ibm. Io ho ignorato l’ombra di Microsoft. Non ho usato mai il loro software, così gli effetti su di me sono stati solo indiretti. Ad esempio, lo spam che viene dai bot in rete. E dato che non ero attento, non mi sono accorto quando l’ombra è scomparsa. Ma adesso è andata. Posso sentirlo. Nessuno ha più paura di Microsoft. Stanno facendo ancora un sacco di soldi, come Ibm del resto. Ma non sono più pericolosi”.

Microsoft  morta nel 2005, più o meno. L’anno dopo la quotazione di Google, avvenuta nell’agosto 2005, piuttosto invece quando l’azienda di Mountain View ha lanciato Gmail come servizio totale. A ucciderla è stato l’inizio del cloud computing, cioè dei servizi attraverso il web che hanno reso indifferente l’uso di questo piuttosto che di quell’altro tipo di computer, basta che abbia un browser compatibile. Il desktop di Microsoft è morto per colpa di Ajax, la tecnologia delle pagine web 2.0, che per ironia della sorte sono in parte state create proprio da Microsoft dato che la X di Ajax è il XMLHttpRequest che permette di far funzionare la pagina come una vera e propria applicazione dal punto di vista della comunicazione con il server e che venne creato da Microsoft per avere una versione web di Outlook che funzionasse come quella applicativa da installare.

Si può fare tutto sul web, persino Photoshop e, argomenta Graham, ci sono decine di aziende che costruiscono la loro infrastruttura It comprensiva di server, programmi per la gestione, posta elettronica aziendale e tutto il resto in completo outsourcing facendo mashups di applicazioni e servizi offerti via Internet con la modalità  d’uso web 2.0 che prevede zero installazioni e zero server in azienda.

Google, Ajax, la banda larga e, ultimo chiodo sulla bara della defunta ma non compianta Microsoft, il ritorno di Apple. L’azienda, che è tornata da morte certa con uno dei più spettacolari secondi atti della storia dell’imprenditoria tecnologica, ha vinto la sfida con il desktop di Microsoft. “Una vittoria così completa e totale che oggi sono sorpreso quando incrocio qualcuno che ancora usa Windows. Tutte le persone che finanziamo con il nostro fondo Y Combinator usano laptop di Apple. Anche nelle scuole. Tutti usano Mac o Linux, adesso. Windows è per i nonni, come lo era il Mac negli anni novanta”.

E infine anche la musica, e anche il mondo del mobile, in cui Microsoft si ritrova non solo per la prima volta a partire in svantaggio (c’era da tempo ma agonizzante rispetto a Nokia, Blackberry e gli altri), ma ad essere superata alla grande dal debuttante Apple, che ha stracciato le sue quote di mercato dimostrando che non era questione di cultura aziendale, ambito di provenienza o anni di esperienza a fare la differenza.

“Sono felice che Microsoft sia morta”, continua Graham. “Era come Nerone o Commodo: un tiranno malvagio nel modo in cui lo possono essere solo quelli che ereditano il potere. Perché bisogna ricordarsi che il monopolio di Microsoft non è cominciato con Microsoft. L’ha ottenuto invece da Ibm. Il mondo del software per le aziende è stato un monopolio a partire dagli anni cinquanta fino al 2005. Praticamente per tutta la sua esistenza. Uno dei motivi per cui il web 2.0 ha così tanta euforia dietro a sé è che per la prima volta, consciamente o no, si capisce che potrebbe finalmente essere finita questa epoca del monopolio”.

Le altre considerazioni, così come quelle riassunte o parzialmente tradotte, di Graham le lasciamo al lettore. L’uomo è intelligente e nonostante scrivesse prima che le avvisaglie della crisi dei mutui subprime (per non parlare di tutto quello che è seguito) venissero alla luce, a un anno e tre mesi di distanza da oggi, le sue parole diventano ogni giorno più azzeccate per descrivere il momento in cui ci troviamo a vivere oggi. Con l’aggiunta che negli Usa sarà  l’attuale presidente Barack Obama a dare lo stimolo necessario a far decollare una fase senza più monopolisti nel mondo informatico, investendo proprio su quelle tecnologie di rete che stanno facendo morire Microsoft, prosperare Apple e nascere nuove aziende ogni giorno anche di crisi. Una mossa di cui anche in Italia sentiremmo il bisogno, e che invece è lontana dalle idee dell’amministrazione e dell’oligopolio di aziende che ancora non sanno di essere già  morte.

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