Ci sarebbe da aprire una riflessione che purtroppo non solo ci porterebbe lontano, ma rischierebbe anche di creare problemi a chi ha fatto dell’innovazione un business. Il punto cruciale sono i brevetti, quelli che in inglese vengono chiamate “patents”. Essi sono la metrica utilizzata per valutare l’innovatività ad esempio di un centro di ricerca: se l’università X registra tanti brevetti, vuol dire che lavora bene, è un centro di eccellenza, si stanziano più fondi. Se registra poco, lavora male e si prende meno fondi (così lavorerà anche peggio, in futuro). Lo stesso criterio si applica alle aziende soprattutto se quotate in Borsa: tanti più brevetti, tanti più applausi da parte degli analisti, tanti più soldi da parte degli investitori.
Eppure, la metrica solamente quantitativa, che misura i “chili” di brevetti, qualche distorsione la provoca. Proviamo a vedere come mai. Secondo le analisi condotte dallo IEEE, il collegio degli ingegneri americani che ha in carica anche la certificazione dei nuovi standard, il portafoglio di brevetti di Microsoft è il migliore, dal punto di vista della qualità . Non solo: se nel 2006 Ibm ne ha registrati più di tutti, quelli di Microsoft hanno avuto un impatto maggiore sui mercati. Stiamo parlando di 2.725 brevetti in un anno per Ibm e di 1.470 per Microsoft . Ancora, nel 2007 a quanto pare sarà Microsoft a vincere questa gara.
Il punto in questione è: dove sta in realtà l’impatto dell’attività di ricerca di Microsoft? Quali sono i prodotti “straordinari” che stanno cambiando la vita alle persone? Surface, il tavolino touch-screen? Windows Vista? Microsoft Office 2008? Il punto è proprio questo, sostiene il popolare sito Slashdot: “Microsoft non sembra capace di trasformare i suoi brevetti in qualcosa di più che non un sistema per far sopravvivere il suo preesistente monopolio di Windows e Office”.
La morale, se questa fosse una favoletta, sarebbe che forse i brevetti andrebbero valutati con criteri differenti, non solo con metriche prevalentemente quantitative. Ovvero, forse non è il più produttivo quello che in realtà innova di più. E neanche il più virtuoso.