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Microsoft, Sony e il futuro del metaverso tra acquisizioni e risposte dei mercati

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Niente si crea e niente si distrugge. Se Microsoft genera valore comprando per 69 miliardi di dollari Activision Blizzard (come abbiamo scritto qui) e Satya Nadella spiega che si tratta di una mossa chiave per il metaverso (svelando in pratica che la sua linea di attacco è più simile a quella di Epic-Fortnite che non a quella di Facebook-Meta), Sony ne perde 20 con un tonfo in Borsa del 13%.

Quella che James Surowiecki aveva battezzato “La saggezza della folla” (c’è anche il libro, per i più curiosi), cioè il voto del mercato inteso come macchina per la creazione di consenso animata da milioni di azionisti e investitori grandi e piccoli, ha espresso il suo parere: Sony è nei guai. I piani di Tokyo per il dominio del metaverso non sono ancora pervenuti, l’azienda che ha rivoluzionato il mondo dei videogiochi con la Playstation adesso accusa il colpo della rivale che invece rischia di dominare la prossima fase con la Xbox e un catalogo senza fine di titoli e di opportunità di sfruttamento dei marchi.

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La dura legge di Bill Gates

Anni fa era apparso chiaro che la Microsoft di Steve Ballmer fosse condannata. Il “ceo di mezzo” dell’azienda, quello che aveva preso il testimone dal fondatore e l’ha poi passato all’attuale guru visionario del cloud Satya Nadella, era un businessman che aveva trasformato in energia e aggressività la debolezza delle sue idee. Microsoft all’inizio del XXI secolo era condannata all’irrilevanza, sorpassata da Apple e da Google, ma anche da Amazon e da Facebook. Tanto che nella prima definizione dei big del tech “GAFA” non era neanche pervenuta. Ora non è più così.

Nadella è un leader diverso ma non meno insidioso (per gli altri) da Bill Gates. Il quale, non dimentichiamolo, ha costruito un’azienda spietata che ha rischiato di essere distrutta dall’antitrust americano. Circola una frase anonima di un ex business partner dell’azienda, che risale ai primi anni Novanta: “Un accordo con Microsoft è come un patto di non-aggressione con i nazisti: significa solo che il prossimo sei tu”.

Questa fama non immeritata di spregiudicatezza ed aggressività nel business unita ad acume ed eccellenza tecnica è quella che ha reso la Microsoft di Bill Gates nata negli anni Settanta capace di diventare la Microsoft che è oggi. Quello e un piccolo, sporco segreto di cui non si parla mai.

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Il piccolo segreto di Bill Gates

Quando raccontiamo la storia del leader di Microsoft, l’uomo abilissimo giocatore di Poker, genio del software e del business, con un sorriso ineffabile stile “Giocondo” al maschile, ha avuto dalla sua anche due piccoli aiuti.

Il primo è che la sua famiglia era composta da avvocati molto benestanti, cosa che ha permesso a Bill non solo di avere accesso alla migliore educazione disponibile (non ha mai terminato l’università) ma anche ai primi e costosi computer come giocattoli da bambino negli anni Sessanta. Quello che per le generazioni successive è stato assolutamente scontato, per Bill Gates è stato l’esercizio un grande privilegio. Chissà quanti altri Bill Gates ci siamo persi semplicemente perché accedere a un computer richiedeva una famiglia milionaria.

Il secondo “little dirty secret” è la madre, Mary, che era tutt’altro che una casalinga. Il motivo per cui Microsoft è diventata così grande da poter sconfiggere gli avversari dell’epoca e monopolizzare il mercato dei sistemi operativi è da far risalire all’accordo con Ibm. E l’accordo con Ibm è da far risalire al rapporto personale tra il ceo di Ibm, John Opel, e Mary Gates, che sedevano entrambi nel consiglio di amministrazione della United Way. Opel chiamava Bill “Il ragazzo di Mary Gates” e decise di assegnare a lui il contratto per il sistema operativo dei P.C. che, per motivi di antitrust, dovevano essere gestiti esternamente all’azienda (anche Intel e Amd ottennero la licenza di fornitura dei processori per lo stesso motivo).

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Racconta Matt Stoller, analista che studia e critica fermamente i monopoli in tutti i settori, che “Quasi tutto quello che i big del tech stanno facendo oggi, dall’imitazione dei rivali al dominio sulle piattaforme, all’unione di prodotti diversi insieme a sconti predatori, Gates lo ha già fatto, trasformando la sua piccola ma prospera azienda di software nella più grande azienda del mondo in poco più di un decennio. Ad esempio, per ottenere l’accesso ai dati finanziari personali, Microsoft ha cercato di acquisire Intuit nel 1995. Nel 1997 l’allora CTO di Microsoft Nathan Myhrvold ha detto che il piano dell’azienda fosse quello di prendere un “vig”, un termine da mafioso per una quota, su ogni transazione online . Gates era così esplicito che Microsoft negli anni Novanta ha organizzato un incontro con i venture capitalist in cui ai dirigenti delle aziende è stato spiegato dove potevano investire e quali parti di Internet sarebbero state riservate loro”.

Come per Icaro, l’ambizione e l’estrema avidità di Gates hanno portato al primo crash di Microsoft mettendo lo stesso Gates dietro la barra degli imputati nella causa antitrust con mesi di cattiva pubblicità sui giornali e l’accusa risoltasi in una condanna per violazione di norme antimonopolio grazie al bundle tra il sistema operativo Windows e Internet Explorer.

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Il figliol prodigo

Se la Microsoft di Bill Gates è stata quella di Icaro e quella di Ballmer sostanzialmente un incidente della storia, quella di Nadella è diventata la storia del figlio prodigo che torna a casa fa del bene a tutti. Questo grazie al passo indietro e di lato di Gates che nel frattempo ha fondato assieme a Warren Buffett il più grande fondo di beneficienza del pianeta e ha finanziato tantissime iniziative benefiche. Lentamente il mondo ha perdonato o dimenticato la politica predatoria di Gates e della sua Microsoft, trasformando un lupo in un agnello o almeno in un cane pastore. Nel 2020, durante le audizioni del sottocomitato per l’antitrust del Congresso, Nadella non c’era (ma Tim Cook sì, assieme ai numero uno di Google, Facebook e altri).

È una storia di redenzione (nonostante ci sia un cameo di Jeff Epstein). Gates, scrive Stoller “ha ammesso che la sua vita unicamente alla ricerca del profitto era moralmente vuota e si era impegnato di cuore e portafogli per migliorare l’umanità. L’America e il mondo hanno accettato il figliol prodigo e ha accettato lui (e Microsoft) di nuovo in casa”.

Microsoft non sembra più dare noia a nessuno, anche perché fa un sacco di soldi ma non sta, per esempio, distruggendo il mercato dei giornali o quello della distribuzione. I “danni” li fa solo nel settore della tecnologia. Ma di questo non si parla. Ad esempio, piallando il settore della cybersecurity, o diventando estremamente aggressiva nel settore del cloud con i suoi clienti corporate, oppure usando la sua capacità di fare bundle di prodotti per unire Teams a Office e azzerare il mercato di Slack e altri (come Google) durante e dopo la pandemia. Passa tutto in cavalleria.

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Arriviamo ai videogiochi (era ora!)

E questo sta succedendo anche con gli acquisti nel settore dei videogiochi. Per lanciare la Xbox Microsoft comprò Bungie (che gli ha dato la serie di Halo) e ha cominciato a stringere alleanze a destra e a sinistra. Patti di non aggressione, si potrebbe dire, come quello con Activision Blizzard, che si è concluso con l’acquisizione dell’azienda da Vivendi sfruttando il momento di “liquidazione per fine gestione” di alcuni cespiti del gruppo.

Activision non è una novità: l’azienda dagli anni Novanta ha comprato 25 game studios incluso Blizzard nel 2008 e quindi è diventata un gigantesco agglomerato di produttori di giochi. Dentro sappiamo che c’è Call of Duty, Candy Crush, Warcraft e Tony Hawk per dirne quattro. C’è la pubblicità in-game, c’è la proprietà intellettuale dei personaggi e delle storie, ci sono un sacco di cose che contribuiranno alla creazione di un walled garden chiuso e rafforzato per il Game Pass di Microsoft. Come per Bethesda Softworks, una volta acquisiti i game studios producono solo o quasi esclusivamente per l’ecosistema Microsoft. Non è una novità, ma quello che cambia è la dimensione scandalosa del nuovo “giardino chiuso”.

Secondo Stroller, l’esperto di monopoli, questo è proprio quello che sta cercando di fare l’azienda: un bundle di prodotti e servizi che la renda capace di schiacciare la concorrenza e fare i prezzi che vuole per i suoi prodotti e servizi. Nonostante l’azienda porti avanti una politica esplicita di “agnosticismo” (cioè di sviluppare i propri prodotti e servizi per tutte le piattaforme) sta lavorando alacremente per limitare l’accesso delle terze parti. Questo non è niente di nuovo, è successo e sta succedendo con il settore del cinema e della televisione, dove colossi come Netflix e Disney+ stanno costruendo recinti dentro i quali si possono trovare interi universi.

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Cosa succederà con i metaversi

Arriviamo alla conclusione. I mercati votano con il prezzo delle azioni e lo fanno per avidità, non per merito o giustizia. Scommettono sui loro guadagni. E adesso il mercato sta scommettendo che la politica di Microsoft è quella giusta: che il futuro è fatto di videogiochi chiusi e proprietari, proprio come Netflix e Disney+. Su Apple Tv+ c’è veramente poco da dire perché le serie e i contenuti originali sono molto limitati, tant’è vero che il servizio è complementare alle altre offerte dell’azienda. Prime Video di Amazon è un ibrido tra complementarietà e bundle di servizi con Prime.

La vera scommessa di fondo, però, è che secondo il mercato questa strategia potrebbe rivelarsi quella vincente anche nel medio-lungo periodo (diciamo tra dieci anni) per la nascita dei metaversi. Che sarebbero parole plurali, organizzate in ambienti chiusi e totalmente impermeabili gli uni agli altri.

Se è vero che già la scelta del termine “metaverso” è stata un tentativo di appropriazione da parte di Facebook di un concetto che in realtà è quello ben più popolare e condiviso di “cyberspazio”, quest’altro indicatore del premio a Microsoft (e della punizione a Sony) per la creazione di giardini chiusi pieni di personaggi e forme di intrattenimento, sulla falsariga di quello che fanno Disney e Netflix oltre a Epic con Fortnite, è ancora più significativo.

Siamo tornati in un’era di potenziali monopolisti che vogliono distruggere la concorrenza e conquistare tutto il mercato. La cosa non promette niente di buono.

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