Secondo Brad Smith, presidente del gruppo Microsoft, è ora che le autorità antitrust negli Stati Uniti e in Europa discutano delle strategie usate dagli app store per trarre profitto da chi vuole distribuire i loro software. Smith non cita espressamente App Store di Apple ma è ovvio che il riferimento include il negozio digitale di Cupertino che permette agli sviluppatori di distribuire app. Le autorità antitrust europee stanno in questi giorni indagando sulle policy di Apple per verificare se gli sviluppatori siano costretti con modalità inique a versare ad Apple una quota delle entrate derivanti dalla vendita su App Store.
Smith ha riferito in occasione di un evento organizzato da Politico che alcuni app store hanno predisposto una barriera alla concorrenza di gran lunga maggiore rispetto alle violazioni antitrust per le quali Microsoft è stata condannata venti anni addietro. «Impongono requisiti che sempre più fanno capire che c’è un solo modo per ottenere accesso alla piattaforma ed è quello di passare attraverso il cancello da loro creato» ha dichiarato Smith. «In alcuni casi hanno imposto un prezzo molto alto per il pedaggio, e fino al 30% degli introiti deve andare al pedaggio».
«A prescindere che si parli di Washington o Bruxelles – dice ancora Smith – È arrivato il momento di una discussione mirata sulla natura degli app store, delle regole messe in atto, sui prezzi, sull’ammontare dei pedaggi, se vi è davvero una giustificazione nel diritto antitrust per tutto ciò che è stato creato».
Le perplessità di Microsoft e di altri sviluppatori per l’App Store riguardano la necessità di dare a Apple tra il 15% e il 30% sugli abbonamenti per software come Office, impedendo di proporre abbonamenti all’infuori delle app scavalcando i meccanismi di acquisto in-app previsti da Apple. Altra recente lamentela sulla questione arriva dagli svilupptori dell’app “Hey”, un client per la gestione di un servizio di posta elettronica in abbonamento; a loro dire la percentuale richiesta da Apple è “oscena e criminale”.
La Commissione europea sta indagando su Apple in merito a possibili pratiche anti-concorrenziali per le commissioni richieste per la distribuzione su App Store; l’indagine nasce da una lamentela di Spotify che risale allo scorso anno in merito alla percentuale trattenuta da Apple per gli acquisti in-app e che si attesta al 30% del corrispettivo complessivo pagato dall’utente. Alle lamentele di Spotify si è accodato recentemente anche Kobo, distributore di ebook e audiobook, lamentando quella che è a loro dire una percentuale eccessiva per gli acquisti in-app sull’App Store.
Apple ha sempre giustificato la percentuale evidenziando la necessità di tenere in piedi le strutture, offrire spazio, visibilità e consentire la distribuzione in centinaia di paesi. Il colosso di Cupertino ha spiegato ancora che per l’84% delle app dell’App Store, non riceve alcuna commissione per il download, che esistono app che generano guadagni esclusivamente tramite annunci pubblicitari (alcune delle più note app di gioco gratuite, non pagano nulla ad Apple), e app per transazioni commerciali che prevedono la registrazione dell’utente o l’acquisto di strumenti digitali al di fuori dell’app che non pagano nulla ad Apple. Anche le app app che vendono beni materiali, inclusi, tra i tanti, servizi di consegna a domicilio e trasporto privato, non pagano nulla ad Apple.
Tutti gli articoli di macitynet che parlano di Microsoft sono disponibili a partire da questa pagina. Tutti gli articoli di macitynet che parlano di Apple, Finanza e Mercato sono disponibili ai rispettivi collegamenti.