Dopo lo scontro Apple/FBI si apre un nuovo fronte per il governo USA sulla sorveglianza e la privacy. Microsoft fa causa al Dipartimento di Giustizia denunciando la frequenza crescente con la quale le autorità giudiziarie pretendono di mettere il naso sul contenuto delle e-mail e su altri dati. La Casa di Redmond sostiene che il Dipartimento agisce in modo incostituzionale vietando loro di avvertire i clienti quando i dati di questi ultimi sono oggetti di controlli da parte delle autorità federali.
Microsoft fa sapere che solo nell’ultimo anno avrebbe ricevuto 5.624 richieste di accesso ai dati di suoi clienti; di queste richieste quasi la metà (2.576) prevedevano l’ingiunzione del giudice che impedisce al cliente di sapere che è stata effettuata la “perquisizione digitale”; in 1.752 casi l’imposizione è a tempo determinato: il cliente non dovrà mai sapere che è stato autorizzato un accesso alla sua casella.
La Casa di Redmond evidenzia che nelle tradizionali indagini gli inquirenti fanno irruzione in una casa con un mandato, permettendo almeno all’interessato di sapere che questa è avvenuta; si contesta, insomma, il divieto di informare l’utente quando i suoi dati sono stati consegnati alle autorità investigative.
Dopo lo scandalo Datagate che ha visto coinvolta Yahoo, sono molte le aziende che vogliono mostrarsi come affidabili agli occhi dei clienti nei confronti delle autorità federali che mostrano comportamenti sempre più intrusivi. Il Dipartimento di Giustizia risponderà probabilmente facendo leva sulle paure del terrorismo ed evidenziando la necessità di disporre dei contenuti delle e-mail e altri sistemi in modo autonomo. La battaglia sarà probabilmente lunga e non mancheranno aziende che appoggeranno Microsoft.