La Corte di giustizia dell’Unione Europea il 13 maggio 2014 ha stabilito che i cittadini europei hanno il diritto di chiedere ai motori di ricerca di eliminare delle loro pagine dei risultati i link che includono il loro nome. Per essere rimossi, i risultati visualizzati dovrebbero essere “inadeguati, irrilevanti o non più rilevanti, o eccessivi”. La decisione sta creando qualche problema a Google e Larry Page, fondatore della società, ha evidenziato la necessità di sviluppare soluzioni più pratiche, bollando sostanzialmente come inutile il provvedimento della corte di giustizia.
Intanto anche Microsoft si adegua e il modulo da compilare con la richiesta di rimozione si compila da qui. Lo indichiamo per ricordare a tanti che non esiste solo Google ma anche altri motori di ricerca.
“È possibile che oltre a questo modulo vengano prese in considerazione altre fonti di informazione per verificare o integrare i dati forniti” dice Microsoft. “Queste informazioni consentiranno di effettuare un bilanciamento tra il tuo diritto alla riservatezza e l’interesse pubblico, la libera manifestazione del pensiero e l’accesso alla libera informazione in modo coerente con quanto previsto dalla normativa”. L’invio della richiesta non garantisce ad ogni modo che un determinato risultato di ricerca venga bloccato.
David Drummond, responsabile del dipartimento legale di Google, in un editoriale sul Guardian qualche giorno addietro ha parlato del delicato equilibrio tra privacy e libertà d’informazione. Moduli “per scomparire” a parte, basta usare le versioni non europee dei motore di ricerca per ottenere tutti i risultati che era possibile ottenere prima. Google sta da qualche settimana cercando di dimostrare l’incoerenza della norma, evidenziando le controversie implicite nel diritto a essere dimenticati. I responsabili della grande “G” hanno citato come esempio di anomalia, il caso di Stanley O’Neal, ex capo della banca Merryll Lynch che ha chiesto la rimozione dei collegamenti ad articoli sulla sua cattiva gestione prima e durante la crisi dei mutui subprime.