In Europa dal 25 maggio dello scorso anno è operativo il regolamento generale sulla protezione dei dati (in inglese General Data Protection Regulation), meglio noto con la sigla GDPR, regolamento dell’Unione europea in materia di trattamento dei dati personali e di privacy.
In occasione dell’anniversario dell’entrata in vigore del GPPR, Microsoft appoggia Apple che da tempo vorrebbe anche negli USA una legge sulla privacy sulla falsariga di quella europea. Microsoft parla della questione in un post sul blog aziendale, spiegando che un regolamento di questo tipo permetterebbe di proteggere meglio i dati delle persone.
Julie Brill, vice presidente e vice consigliere generale della multinazionale di Redmond, ha scritto che le persone hanno diritto alla privacy e che l’azienda è sempre più preoccupata per i dati raccolti dai big dell’IT.
Negli Stati Uniti esistono legislazioni di singoli Stati come il Consumer Privacy Act in California o il Biometric Information Privacy Act nell’Illinois, ma non esiste una legislazione federale, nonostante più volte vari senatori abbiano presentato proposte specifiche.
Il CEO di Apple, Tim Cook, insieme con uno dei “padri” di internet, Tim Berners Lee, partecipando alla quarantesima Conferenza internazionale sulla privacy, organizzata dal Garante europeo della privacy a Bruxelles, aveva parlato di questa esigenza ricordando che “È la tecnologia che deve servire l’uomo, non l’opposto”, prendendo le distanze (pur senza fare nomi) da altri big come Facebook e Google per l’atteggiamento con cui trattano i dati degli utenti.
“Alcune aziende tecnologiche si oppongono a ogni progetto di legislazione sulla privacy”, aveva detto Cook; “altre si dicono favorevoli in pubblico ma hanno un’idea diversa quando le porte sono chiuse”. E ancora: “Alcuni dicono che con troppa privacy non ci sarebbe sviluppo tecnologico. Ma questa idea è falsa. È vero il contrario, non svilupperemo il pieno potenziale della tecnologia senza la piena fiducia delle persone che la usano”. Cook aveva indicato come modello da seguire il GDPR, regolamento al quale si sono ispirati Paesi quali Singapore, Brasile, Giappone e Nuova Zelanda.
I regolatori europei sono stati molto forti nel cercare di imporre protezioni per i consumatori” aveva ricordato Cook. “Le aziende americane pensano che tutte le regole siano cattive regole e quindi si tende a non fare niente”. “Noi siamo determinati a sostenere la regulation perché non vedo altro modo di agire”. Tra gli oppositori alla regulation alcuni conservatori i quali temono che vincoli e burocrazia possano essere un freno sull’innovazione; non mancano ovviamente le consuete lobby del settore che mirano a una normativa “edulcorata”.