Meta ha accettato di pagare una sanzione da 725 milioni di dollari per chiudere la causa collettiva che accusa Facebook di avere condiviso dati degli utenti con terze parti, compresa Cambridge Analytica, l’azienda britannica che aveva giocato sporco con la privacy degli utenti del social, uno scandalo che portò nel 2018 Mark Zuckerberg a chiedere scusa per quanto accaduto.
La class action ha ottenuto l’obiettivo di far emergere la responsabilità di Facebook la quale, nonostante avesse indicato garanzie nelle condizioni di utilizzo in merito alla protezione dei dati personali degli utenti, aveva in realtà permesso a terze parti di accedere a dati personali degli utenti per i motivi più disparati, compresa la profilazione politica.
I legali che hanno guidato l’azione collettiva sono ovviamente soddisfatti del risultato e parlano di uno “storico accordo che fornirà un significativo sollievo alla parti in causa in questo complesso e nuovo caso sulla privacy”. Meta, da parte sua, ha cercato di minimizzare, affermando che – a loro modi di vedere – non si è trattato di un vero e proprio illecito: «Si tratta del modo per concludere la vicenda nel migliore interesse della nostra comunità e degli azionisti», ha riferito un portavoce del social. «Negli ultimi tre anni abbiamo rinnovato il nostro approccio alla privacy e implementato un programma completo sulla privacy».
Non è ad ogni modo finita qui e ora bisognerà capire cosa succederà con l’azione promossa dall’attorney general di Washington, Karl A. Racine, che sta lavorando per individuare responsabilità dei vertici di Meta per quanto riguarda la fuga dei dati dello scandalo Cambridge Analytica.