Con l’addio da parte di Google dell’offerta per spazio illimitato per le foto a partire dal primo giugno 2021 è normale che gli utenti si interroghino sull’effettiva affidabilità di soluzioni di cloud puro, rispetto ad una archiviazione locale, e in genere, dove archiviare tutti i documenti e un eventuale (quantomai suggerito) backup.
Proviamo qui a dare una risposta, confrontando i numeri e le opportunità del mercato odierno, in comparazione con l’offerta dei NAS, oggi davvero interessante.
Il mito del cloud
La strada per il cloud come spazio di archiviazione si è aperta con l’arrivo di Drobox nel 2007, da li in poi sono arrivati i vari Box, OneDrive e GoogleDrive, giusto per citare i più famosi, ma ce ne sono molti altri (tra cui iCloud, anche se rispetto agli altri il cloud di Apple è più restrittivo e dedicato ai servizi, piuttosto che uno spazio di archiviazione puro).
Il bello del cloud è che non necessita di device fisici: tutto è, appunto, nella nuvola e se una volta era indispensabile avere la sincronizzazione (tante cartelle nella nuvola quante nel proprio disco) oggi questo limite non c’è più e ci sono modi molto semplici per usare il cloud come un disco esterno (più o meno, come vedremo).
Ma ci sono delle attenzioni che è bene non sottovalutare: per prima cosa, tutti i servizi cloud funzionano al 100% solo sino a che c’è una linea disponibile. In assenza di una connessione attiva, la funzionalità di un cloud viene meno in parte o in modo totale.
Con le attuali connessioni ADSL, 4G e 5G potrebbe non essere un problema per smartphone o tablet, mentre per i computer la questione è più delicata, perché il Wi-Fi o la linea fissa non ci sono sempre e un bridge con uno smartphone può arrivare a consumare più banda di quanta si pensi.
In secondo luogo la questione spazio: praticamente tutti i servizi cloud offrono due o più tipi di piano, uno gratuito costituito da pochi GB e uno a pagamento con tetti da 1 o 2 TB, allargabili a tagli più grandi ma con aumenti di prezzo importanti.
Ci sono offerte di servizi interessanti gratuite, come lo era Google Foto (ad esempio), ma la forma gratuita è soggetta a cambiamenti unilaterali, che quasi sempre sono a favore dei grandi brand, invece che degli utenti.
L’alternativa locale
Certo, nulla vieta di acquistare un disco USB o Thunderbolt da qualche TB di spazio e metterci dentro tutti i documenti di cui abbiamo bisogno. Un disco che sia, perlomeno, in RAID o meglio abbia un backup attivo perché i documenti devono stare sempre almeno in due parti.
L’archiviazione locale offre di solito un prezzo di accesso più alto di un cloud, ma è un acquisto non un abbonamento, il che significa che la spesa è una sola, non di mese in mese. Oltre a questo, il fatto che oggi un disco USB offra quantità di spazio ben superiori a quelle di un servizio Cloud a prezzi accessibili.
Anche in questo caso però ci sono degli inconvenienti: tutti i documenti archiviati all’interno del disco locale sono, e restano, appunto, locali.
Per condividerli con altri utenti all’esterno serve appoggiarsi ad un cloud (che potrebbe essere Dropbox o OneDrive, oppure ad un servizio diverso come WeTransfer), con forti limitazioni in ottica gratuita (tra le quali, ad esempio, l’impossibilità di usarle in ottica professionale data la presenza della GDPR se i file contengono dati di utenti privati).
Rendere i documenti costantemente accessibili da altri device che non siano il computer stesso a cui è collegato il disco è una operazione molto complessa. Qualche cosa può fare Plex, ma solo per i documenti multimediali e comunque a patto di condividere tutta una libreria, non solo un documento.
Ci sono altri modi, ma che necessitano di una certa conoscenza in materia, e comunque piuttosto macchinosi e non privi di rischi (e a memoria di chi scrive, nessuno gratuito).
La soluzione ibrida
L’alternativa più interessante, sia dal punto di vista pratico che (soprattutto) da quello economico è data da un cloud ibrido, offerto in ottica privata e di piccolo ufficio dal mercato dei NAS.
Un NAS è un piccolo device, da uno a più dischi (siano essi meccanici o SSD) che si installa a casa o in ufficio, vicino ad una presa di rete, e che sostanzialmente vive di vita propria.
Al suo interno i dischi possono essere configurati in RAID o come volumi singoli, può utilizzare dischi USB esterni, è raggiungibile sia come volume AFP o SMB da Mac o PC, sia da App per iOS o Android che da browser.
Alimentazione permettendo, il NAS è sempre acceso, può sostare in posti anche nascosti (ma spesso sono anche belli da vedere), rendono banale la condivisione di qualsiasi file in rete, in base alle regole stabilite dal proprietario e possono ospitare servizi interessanti, come Plex o intere librerie di foto, sempre raggiungibili, anche quando il Mac è spento.
Il che è un gran bel vantaggio per chi ha una Apple TV o una Smart TV o una consolle, e vuole vedersi i propri film o registrazioni in condivisione, tanto dal salotto quanto dalla camera da letto, in streaming, senza per questo affannarsi a copiare file a destra o a sinistra.
Chi ha un IP fisso fornito da proprio provider può usare quello, configurano il router, per la maggior parte di noi è disponibile un servizio di rete che sostanzialmente fa da “ponte” per pubblicare il NAS all’esterno.
L’Asustor AS6604T Lockerstor 4, l’ultimo NAS che abbiamo recensito, al suo interno offre il sistema operativo ADM, con la funzione EZ Connect che in fase di configurazione prepara, in completa autonomia, il router in modo che sia sempre raggiungibile dall’esterno via browser o via App.
Ma non è tutto: i documenti al suo interno possono essere condivisi ad un singolo utente o a tutti, semplicemente generando un link che può essere mandato via email o via messaggio (non ci credete? Date un occhio a questa immagine della splendida Baska in Croazia, archiviata nel nostro “Pongo”, il NAS Asustor AS6604T Lockerstor 4 di casa).
Il punto sul costo e il picco dello spazio
Il problema dell’archiviazione, al giorno d’oggi, è serio: sia che siate utenti privati a cui piace sfruttare le caratteristiche della videocamera dell’ultimo iPhone per foto e (soprattutto) video, sia che siate liberi professionisti che necessitano di uno spazio di archiviazione liberamente raggiungibile anche quando fuori sede (tenendo conto anche delle specifiche GDPR) sia un piccolo ufficio a cui serve centralizzare l’archivio, specie in Smart Working, in tutti questi casi la voce archivio dati non è da sottovalutare.
Oltre a questo ci sono i vari servizi come Plex, la condivisione delle foto, la creazione di un portale web per vendere prodotti, la necessità di avere uno spazio fisico o virtuale da fornire ai clienti per l’accesso ai documenti e così via.
Il cloud oggi è una realtà consolidata, ma che risponde alla fiducia che promette solo e unicamente quando è a pagamento: altresì serve valutare bene l’importanza dei documenti che mettiamo online (e per la GDPR, nel caso di chi ha partita iva, del valore dei dati stessi su spazi gratuiti).
L’alternativa NAS è invece molto più interessante per vari motivi: a fronte di una spesa iniziale più alta, non ha costi di abbonamento, può crescere assieme ai suoi utenti, offre una spesa che diminuisce proporzionalmente all’aumentare dello spazio e può arrivare a quantità importanti (esistono nel mercato dischi che arrivano facilmente a 18 TB l’uno), oltre a rispondere solo e unicamente alle nostre decisioni in merito.
Il NAS ha caratteristiche per certi versi simili al cloud in quanto a condivisione e raggiungibilità ma non è soggetto alla mancanza di connettività, dato che in LAN può operare anche senza una connessione internet attiva.
Una scelta dovuta
Nonostante l’aumento della potenza dei device oggi in circolazione, come i nuovi Mac con M1 o iPad o iPhone, il problema dell’archiviazione rimane e, anzi, aumenterà perché aumenteranno le dimensioni dei documenti, la necessità in alcuni casi di mantenere i dati originali e quelli elaborati, un archivio che si muova tra i vari device e soprattutto la condivisione.
Condivisione tra noi stessi, che significa la possibilità di poter recuperare sempre e comunque un file, ovunque ci troviamo, e quella di poterlo condividere con chi ci aggrada, senza per questo limitarci al peso del file stesso.
La condivisione non è un obbligo, sia chiaro, ma è una possibilità che dobbiamo valutare seriamente, sia in ottica privata che business, con i giusti costi: ogni scelta comporta vantaggi e svantaggi, sta a noi valutare quali.