Meta, la società madre di Facebook, dovrà affrontare l’ennesima disputa legale per questioni legate alla privacy. Una società di comunicazione spagnola che rappresenta alcuni tra i più importanti mezzi di informazioni della penisola iberica, ha citato in giudizio il big dei social media per concorrenza sleale, riferendo di pratiche pubblicitarie scorrette – non conformi con il Regolamento generale sulla privacy dei dati (GDPR) dell’UE – e che i profitti derivanti dalla pubblicità sarebbero stati ottenuti in modo illegittimo.
La Asociación de Medios de Información (AMI) chiede 550 milioni di euro per danni, affermando che le funzionalità che consentono a Meta di personalizzare gli annunci pubblicitari dell’enorme base di utenti di piattaforme come Facebook e Instagram rappresentano un vantaggio competitivo sleale nel mercato dell’advertising europeo.
AMI rappresenta 83 gruppi di editoriali spagnoli, incluso il gruppo editoriale Prisa (proprietario di quotidiani quali El País e As, il francese Le Monde, il canale televisivo generalista portoghese TVI, la casa editrice Santillana, varie testate giornalistiche in Iberia e America Latina), il gruppo Vocento (proprietario del quotidiano ABC), Unidad Editorial S.L. (gruppo editoriale di proprietà del gruppo italiano RCS MediaGroup) che controlla giornali quali El Mundo, Expansión e Marca.
L’associazione accusa Meta di “sistematica e imponente mancata conformità con le normative europee di protezione dei dati” per il periodo che va dal 25 maggio 2018 al 31 luglio 2023. Il riferimento è al regolamento generale sulla protezione dei dati che obbliga aziende come Meta alla protezione dei dati personali degli utenti. Secondo l’associazione, il regolamento in questione è stato sistematicamente violato, tracciando gli utenti senza il loro consenso durante la navigazione, permettendo a Meta di offrire spazi pubblicitari sfruttando un vantaggio competitivo ottenuto illegittimamente. La possibilità di offrire annunci personalizzati, secondo l’associazione costituisce concorrenza sleale.
“È giunto il momento di porre fine al comportamento delle aziende tecnologiche che possono permettersi di pagare sanzioni milionarie per continuare a non rispettare le normative, distruggendo il mercato in cui operiamo e appropriandosi dei redditi ottenuti illegittimamente”, dichiara Irene Lanzaco, direttrice generale dell’Ami.
Lo scorso luglio la Corte di Giustizia Ue ha stabilito che Meta non può obbligare gli utenti dei paesi membri ad accettare annunci personalizzati e gli utenti devono scegliere liberamente se dare il proprio consenso. Meta ha risposto offrendo versioni senza pubblicità ma a pagamento di Facebook e Instagram. Questa tipologia di abbonamenti potrebbero essere bloccati in Europa.