Arriva l’autunno e sta per finire una stagione speciale del software di Apple. Una stagione che come tutti gli anni comincia a giugno o luglio, in coincidenza della WWDC, la conferenza degli sviluppatori. Ha un primo momento, una scintilla, sul palco delle presentazioni (adesso virtuale e ben scenografato), con le nuove generazioni di macOS, iOS, iPadOS e tutti gli altri sistemi operativi della famiglia di Cupertino.
Poi ci sono le versioni beta per gli sviluppatori, disponibili da subito perché dopotutto la WWDC è la loro festa e il loro spettacolo. Sono le versioni beta dei software che non hanno senso per un pubblico generalista. Servono a chi sviluppa software per prepararsi alla transizione alle novità della nuova versione del sistema operativo di questa o quella piattaforma Apple oppure per poter sfruttare le nuove API e i nuovi strumenti per lavorare su app inedite.
Quest’anno ad esempio è stato sicuramente l’anno di Vision Pro e con questo l’anno di chi voleva capire come funziona tecnicamente il nuovo dispositivo, oltre a capire come fare per realizzare app che ne sfruttino le potenzialità. Infine, a luglio inoltrato, arriva il momento per il resto di noi, gli utenti “normali”, che possono finalmente mettere le mani sulla versione beta “pubblica” del software.
È una gioia per sperimentare novità e particolaritàa a proprio rischio e pericolo, sempre presente, ma decisamente ridotto rispetto alla versione dei sistemi operativi per gli sviluppatori. Dura relativamente poco perché, con gli annunci solitamente prima degli iPhone (a settembre) e poi di Mac e iPad (a ottobre), assieme ai nuovi apparecchi escono anche le versioni definitive dei sistemi operativi e possiamo dire che, per la fine di ottobre è tutto finito. Si rientra nella “normalità” e, se non si vuole avere l’anteprima delle versioni successive di un sistema operativo, in realtà ci si può posizionare sulla versione normale, senza problema.
La complessità del mondo delle beta
Se pensate però che il lavoro fatto da Apple sia semplice, rivedete le vostre posizioni perché è tutt’altro che così. Intanto perché l’azienda ha un numero per quanto elevato comunque finito di sviluppatori che possono lavorare solo su un certo numero di progetti. Ci sono attività che sono trasversali (tecnologie “profonde” che vengono usate da tutti i sistemi operativi di Apple) ma la maggior parte delle novità dei sistemi operativi viene portata avanti da gruppi diversi, non importa quanto si somiglino le funzionalità. E non c’è solo questo.
Non ci sono dichiarazioni ufficiali su quanti siano gli sviluppatori di Apple coinvolti né su come siano ripartiti e nemmeno quale tipo di processo viene utilizzato per sviluppare l’insieme dei sistemi operativi, ma possiamo fare delle ipotesi più o meno circostanziate. O, come dicono gli americani, “educate”.
Nel periodo delle beta ci sono in parallelo: il gruppo di lavoro del “vecchio” sistema operativo, che poi è quello ancora ufficiale, che sviluppa di solito uno o due aggiornamenti. C’è il gruppo che cura gli aggiornamenti di emergenza, quelli minori che servono a mettere una toppa a delle specifiche vulnerabilità gravi che devono essere chiuse subito e sul quale Apple ha molto investito.
Questo gruppo può o può non essere composto dalle stesse persone che curano anche la realizzazione delle versioni con toppe specifiche per le versioni precedenti del sistema operativo (le ultime una-due), di solito rilasciate per evitare di rendere pericoloso l’utilizzo mettiamo di macOS 12 se emergono rischi che lo riguardano.
Cosa ci vuole per fare due versioni beta
Poi c’è il gruppo che lavora al rilascio del sistema operativo futuro, del quale sono disponibili le versioni beta di due tipi: quelle per gli sviluppatori, con la gran parte delle nuove e nuovissime funzionalità, che si alternano a quelle per il pubblico “normale”, che sono più rifinite e testate a sufficienza per essere considerate “sicure” nell’uso (anche se non per situazioni critiche e comunque sempre facendo backup di tutti i dati prima) ma incomplete rispetto alle nuovissime funzionalità.
I due gruppi di software sono sviluppati probabilmente dallo stesso insieme di ingegneri, anche se una parte si prende cura di limare e rifinire il prodotto per la beta pubblica che poi sarà quello che diventerà la versione “golden master“, cioè pronta per la messa in scena come prima versione definitiva.
Anche qui, ma con una organizzazione diversa, ci sono altri sviluppatori che si occupano di raccogliere informazioni sulla sicurezza e i rischi dettati da vulnerabilità comuni ai precedenti sistemi operativi, e che sono in corso di risoluzione, con “toppe” già pronte, oppure che vengono risolte da un gruppo differente con tempi diversi.
La scena è complessa
Il lavoro di gestione di un singolo sistema operativo è abbastanza complesso ma diventa estremamente complesso quando si pensa che da gestire ce ne sono vari: quello per i computer, quello per i telefoni, quello per i tablet, quello per gli orologi, quello per la tv, quello per le auto, quello per il visore.
E poi i firmware evoluti con varie funzionalità dei vari accessori (le cuffie, ad esempio, oppure gli speaker) che devono entrare in relazione “profonda” con i sistemi operativi dei diversi apparecchi per offrire quella qualità del servizio a cui Apple ci ha talmente abituato che ormai ce ne accorgiamo le poche volte che perde un colpo o fa cilecca.
Tutto questo dicevamo è complesso da immaginare, e certamente Apple non spiega nel dettaglio come funziona anche se varie interviste e incontri con manager e dirigenti, oltre che comportamenti, pratiche e tipologie di prodotti finali, lasciano intuire alcune delle regole del processo di sviluppo interno se non altro a grandi linee. E tutto questo senza prendere in carico le applicazioni “di serie” del sistema operativo, siano esse quelle note, come le suite di iWork e iLife, o quelle nuove, come Freeform.
Nuovi trucchi per vecchi pony
Sappiamo molto se non quasi tutto ad esempio di iOS 17, che sarà un notevole aggiornamento come abbiamo diffusamente spiegato, che cambierà le vostre (e le nostre) abitudini di utilizzo di iPhone. Ma non c’è solo quello, ovviamente. Nei prossimi giorni renderemo dettagliatamente conto anche degli altri sistemi operativi. Però qui vogliamo rapidamente mostrare alcune delle cose capitate con l’utilizzo della versione beta pubblica del prossimo MacOS 14 Sonora, installata su un MacBook Air M2 con 16 GB di Ram, un’ottima macchina secondo tutti, ma con il disco già utilizzato per MacOS 13 Ventura.
Ovviamente il computer si è comportato sempre benissimo in tutte le fasi di prova del nuovo sistema operativo, a partire dalla prima versione rilasciata attorno a metà luglio. Avendo scelto di fare un aggiornamento alla versione di Ventura precedente con tutti i dati anziché procedere a una istallazione da zero, il computer ha mostrato un consumo leggermente superiore alla norma ma era un evento atteso. È stato un lavoro di aggiornamento interno di tutti gli indici e i dati, che viene di solito eseguito dal sistema operativo man mano che si aggiungono nuovi dati ma che in questo caso ha richiesto un po’ di tempo per “stabilizzarsi”.
Non abbiamo riscontrato problemi, nonostante esista sempre una piccola percentuale statisticamente poco rilevante di persone che incontra problemi o bug: fa parte del processo di test di una beta pubblica. Per noi nessun problema ma un paio di bug antipatici, tra cui uno sulla gestione dei permessi per leggere e soprattutto per salvare i nuovi documenti da parte delle applicazioni di terze parti che mandava in palla soprattutto l’app che utilizziamo per scrivere, cioè iA Writer, al momento del salvataggio dei documenti. Dalla seconda versione della beta è tornato tutto a funzionare come atteso.
Mancavano poi alcune delle funzionalità di interfaccia, come ad esempio i nuovi spettacolari sfondi animati che fanno anche da elemento di blocco della scrivania: disponibili dalla seconda beta pubblica in avanti rendono l’esperienza dello schermo di blocco completamente diversa. In pratica sono come i salvaschermo animati di Apple TV, fatti con i voli a vista dal drone sopra una serie di scenari diversi. E infatti, oltre a quelli per Sonora, che si richiamano alla località californiana, ce ne sono anche molti che vengono proprio dalla libreria di Apple TV.
Poche incompatibilità iniziali con i widget, una delle principali novità del sistema operativo assieme alle altre: navigazione privata con password per Safari, le web app che vanno nel Dock, il nuovo Game Mode che trasforma il personal computer di Apple in qualcosa di più simile a una console spostando praticamente tutta la potenza del chip Apple Silicon sul gioco in esecuzione, la possibilità di usare i widget di iPhone tramite Continuity, e poi una serie piuttosto ampia di novità comuni ad esempio per Passkey e Password Sharing, il supporto dei PDF in Note, nuove funzionalità per videoconferenze e presentazioni, condivisione schermi etc.
Siamo attualmente alla quarta beta pubblica di Sonoma (la sesta beta per gli sviluppatori) e l’uso del sistema operativo è paragonabile alla sua versione finale. Non ci sono app che non funzionino mentre chi si occupa di sviluppo e utilizza ad esempio il packet manager HomeBrew non ha problemi sostanziali a parte un messaggio iniziale di “non supporto e non compatibilità attesa” che viene mostrato.
La bellezza delle beta pubblica
Rispetto ai tempi in cui le versioni beta di macOS erano un bene raro e temibile, la nuova strategia di Apple in vigore da alcuni anni si dimostra sempre più azzeccata. Tanto che anche con le ultime versioni di macOS Ventura e dei sistemi operativi di iOS e iPadOS è stata fortemente semplificata l’esperienza di attivazione e disattivazione degli aggiornamenti beta sia per le versioni pubbliche che sviluppatori.
Segnale che Apple considera le beta non solo uno strumento tecnico per testare i software ma anche uno di marketing per attrarre gli utenti e attivarli nell’utilizzo di un sistema operativo che poi verrà distribuito gratuitamente. Una pratica, sia detto per inciso, sostanzialmente lanciata da Apple nel mondo dei sistemi operativi commerciali, rendendo un ricordo le costose licenze di Microsoft Windows.
Il nostro rapporto, avviandoci alla fine della prova di questa nuova versione del sistema operativo macOS ma anche sull’uso delle versione beta pubbliche, non potrebbe essere più semplice e lineare: è andato tutto bene, come ci eravamo del resto immaginati, e gli scrupoli fatti per backup e disponibilità di un secondo Mac mini per essere sicuri di poter lavorare in ogni caso si sono rivelati ovviamente necessari ma fortunatamente eccessivi.
La strategia di Apple di dare delle versioni beta è, tra le avvertenze di non lasciarle in mano ad utenti poco avvezzi all’uso dei computer perché potrebbe creare un po’ di scompiglio, un’ottima strategia. Si imparano cose nuove e ci si diverte, soprattutto in un periodo (luglio-agosto) di solito un po’ più scarico rispetto ai mesi invernali.
E una cosa lasciatecela dire: la nuova schermata di blocco “stile iPad”, con data e orario in alto e con nome in basso, il tutto con una bella animazione tra le oltre cento disponibili, è veramente molto bella. E perfettamente naturale, tanto che guardandola anche poco fa ci siamo detti: “Ma come abbiamo fatto senza finora?”.