Tom Boger, Shelly Goldberg e Xander Sore, dirigenti di Apple hanno riferito dei dettagli su come sono stati progettati il nuovo desktop Mac Studio e il monitor Studio Display, dispositivi indicati come in grado di colmare una lacuna tra iMac e Mac Pro.
In una intervista a TechCrunch i dirigenti Apple si sono avvicendati nell’illustrare i due modelli desktop e il monitor in vendita ufficialmente da oggi. Il primo è vice presidente di Apple responsabile product marketing di Mac e iPad; Goldberg è senior director responsabile product design di Mac e iPad e Soren è il product marketing chief delle app professionali di Apple.
Tra le indicazioni emerse nella conversazione con i redattori, il fatto che il Mac Studio è nato grazie al Pro Workflows Team dell’azienda, squadra interna che era nata alcuni anni addietro dopo che Apple si era dovuta scusare per avere dato l’impressione di essere meno interessata agli utenti Pro, impegnandosi nella creazione di macchine professionali: l’anno dopo arrivò il Mac Pro come lo conosciamo ora.
La filosofia non è stata semplicemente quella di prendere un Mac mini e ingrandire il tutto, ha spiegato Boger, riferendo che conoscendo il lavoro sul nuovo chip M1, hanno pensato ad una macchina per gli utenti che vogliono performance e un sistema modulare facilmente gestibile sulla scrivania.
Goldberg evidenzia alcune sfide che è stato necessario risolvere per il sistema termico, spiegando che sono state effettuate centinaia di simulazioni termiche differenti per comprendere il migliore meccanismo da usare per posizionare i canali dei flussi d’aria, ottimizzando performance e acustica, optando alla fine per il design con le oltre 2000 perforazioni sul retro e sul fondo dello chassis, tutte lavorate con uno specifico angolo disposto lungo il perimetro.
Per quanto riguarda Studio Display, Boger ha riferito che l’obiettivo di Apple era creare un “grandioso e accessibile display mainstream”, spiegando che è fantastico per connettere MacBook Pro, MacBook Air, Mac mini, Mac Studio, Mac Pro, evidenziando l’audio spaziale, il SoC A13 e la “magia” del Center Stage (la funzione di inquadratura automatica che si avvale dell’apprendimento automatico per regolare la fotocamera mantenendo le persone inquadrate al centro dell’immagine) e la possibilità di collegare anche i Mac con CPU Intel.
Dal punto di vista delle prestazioni, il redattore di TechCrunch che ha avuto modo di provare il Mac Studio con M1 Max riferisce velocità tre volte superiori rispetto a MacBook M1 2020 nell’esportazione di una timeline 8K da Final Cut Pro, operazione completata con soli 3 minuti in più rispetto a un Mac Pro “maxxato” del 2020 che costa 20.000$.