C’è chi ha scritto che un singolo chip M1 Ultra di Apple ha la potenza di calcolo pari alla somma di tutti i computer presenti sulla Terra FINO al 1969. E questo potrebbe essere un ottimo indicatore alternativo alla Legge di Moore per capire quanto la velocità di calcolo e la diffusione dei sistemi computazionali stanno crescendo.
Il punto è che Apple ha presentato il nuovo Mac Studio quasi come un retropensiero, un’idea successiva rispetto allo sviluppo tecnologico. E questa è un’ottima idea. Guidando lo sviluppo dei chip, adesso Apple sta cominciando a modulare sul serio i suoi prodotti sulla base del meglio che ha a disposizione. Anziché essere guidata dalle nicchie e dai mercati di dimensioni maggiori, Apple può sviluppare chip con una determinata potenza e poi declinarli sui differenti segmenti di pubblico, o addirittura inventarsene di nuovi.
Attenzione, questo tentativo da parte di Apple, che secondo noi sarà molto fruttuoso e che vale assolutamente la pena di registrare, è già stato fatto dall’azienda in altri modi e su un’altra scala in passato. Per la precisione, è stato fatto con gli Apple store, i negozi fisici dell’azienda, che quando sono stati creati a partire dal 2001 avevano una strutturazione diversa da quella attuale. All’epoca infatti i negozi erano stati organizzati per aree funzionali: l’area di chi fa video, di chi fa audio, di chi ha bisogno di un computer per la casa, per l’ufficio, per i bambini.
Stessi computer e accessori riorganizzati in piccoli set che definivano gli usi possibili, una versione minimalista di quello che fa da tempo Ikea con le aree attrezzate come piccoli appartamenti, cucine, camere da letto, salottini, creati sfruttando le componenti vendute all’interno dei loro super negozi. È stato non a caso un l’assaggio del Keynote di presentazione dei Mac Studio, “Peek Performance”, con un set strutturato come cinque piccoli e confortevoli ambienti di lavoro. Cinque studi.
La Ultra potenza di M1
Il nuovo chip M1 Ultra è un vero fenomeno. È letteralmente una coppia di chip M1 Max fusi insieme attraverso Ultra Fusion, la tecnologia hardware e software ultrarapida sul Soc di interconnessione veloce. Dal punto di vista di tutti i sistemi software del computer viene visto come un chip unico, eliminando i problemi di parallelizzazione di processore. Che è una cosa molto diversa dalla parallelizzazione dei core di calcolo e che richiederebbe sostanzialmente la riscrittura dei software applicativi e addirittura del sistema operativo stesso. Invece, viene gestito da firmware, kernel e librerie specializzate, lasciando tutto il resto uguale, solo molto molto più potente.
Questa potenza enorme, come abbiamo detto pari a quella della somma di tutti i computer del pianeta sino al 1969, è messa a disposizione di tipi di uso differente. Ci sono i creativi dell’audio, del video, della grafica 3D, e c’è l’enorme mondo degli sviluppatori software che, nella nostra idea (lo scriviamo senza avere dei dati ma solo una sensazione derivante da una certa conoscenza del mercato), rappresentano la gran parte delle persone che hanno bisogno di Mac ultracostosi e potenti per poter fare le cose a grande velocità. Sviluppo di app, sviluppo di web-app, di front-end e back-end, software basati sull’addestramento di reti neurali e cose del genere.
Queste persone costituiscono la classe creativa (oramai è inutile dire che anche i programmatori non sono “creativi”) e la classe professionale intesa non nel senso di chi è iscritto a una libera professione ma nel senso di cui svolge un lavoro per il quale ha bisogno di workstation specializzate e potenti.
La conseguenza sul mercato
Apple per la prima volta ha cambiato l’assetto che lei stessa aveva contribuito a definire. La matrice 2×2, un portatile e un fisso per gli utenti consumer e un portatile e un fisso per gli utenti professionali è diventata una matrice costruita su una differente idea: l’uso e la destinazione degli apparecchi non è basata sulla potenza ma sulla flessibilità. I processori M1 sono distribuiti a questo punto attraverso una lunga serie di differenti versioni che permettono di dare un MacBook Air al dirigente che ha bisogno di un computer molto leggero ma potente e con lunga autonomia da portare sempre con sé, rispetto a chi invece vuole una workstation ultra-potente per fare un lavoro che richiede muscoli digitali e capacità di sollevare un gran numero di bit tutti in una volta.
La conseguenza immediata è la creazione di un modo completamente diverso di intendere le cose che possono essere fatte e il modo con il quale possono essere fatte. I nuovi professionisti della creazione che vogliono usare i Mac Studio sono le persone che hanno uno “studio”. Apple ha stressato tantissimo questa dimensione tanto da dire esplicitamente che i computer sono dedicati alle persone che lavorano in uno studio come fattore unificante del potenziale pubblico. Beh, vale la pena allora spendere due parole sull’idea di “studio”.
L’importanza dello Studio
Studio viene dal latino studium, derivato a sua volta di studere «aspirare a qualche cosa, applicarsi attivamente». Lo studio inteso come ambiente di lavoro di un professionista, contrapposto a ufficio, laboratorio, negozio, officina e fabbrica, è molto di più. Secondo la Treccani, si può intendere lo studio come al minimo quella stanza di una casa “dedicata allo studio e alla lettura” (Come in: “sta ore e ore chiuso nello studio”) passando per “un ambiente o complesso di ambienti arredato e attrezzato per lo svolgimento di determinate attività professionali” (lo studio legale o di un architetto ma anche del dentista, che di solito è un libero professionista) sono allo studio artistico (lo studio del pittore o dello scultore ma anche lo studio fotografico) sino ad arrivare allo studio di registrazione musicale e audiovisivo (gli studi della Rai di Corso Sempione), e infine agli Studios cinematografici di Cinecittà o di Hollywood.
In tutta questa ampissima gamma di significati differenti che come matrioske al contrario “crescono” fino a comprendere realtà enormi, come non immaginare la possibilità di un Mac Studio? È un po’ come la celebre campagna pubblicitaria di Apple, Think Different: allora uno Steve Jobs appena ritornato alla guida di Apple voleva ridefinire l’identità dell’azienda tornando ai fondamentali e mostrava o destinatari dei suoi prodotti: artisti e creativi, ribelli e geni che appartenevano ad epoche che non hanno avuto computer a disposizione ma che, se le avessero avute, avrebbero scelto il Macintosh. Adesso, è il Mac che diventa quello spazio intellettuale, creativo e tecnologico per chi fa le cose che si possono fare con un Mac.
Una scelta di nome, se ci pensate, semplicemente geniale.