Un capolavoro nato da una storia lunghissima, fatta di successi e qualche insuccesso, ma che progredisce, si ripensa e prova a migliorarsi. È questo in sintesi quel che si può dire al termine della lettura del lungo, dettagliato articolo scritto dallo sviluppatore e designer Arun Venkatesan sul nuovo Mac Pro 2019 che arriverà in autunno.
Venkatesan analizza ogni dettaglio fino ad oggi noto del Mac Pro, scendendo nei particolari delle diverse innovazioni dal punto di vista tecnico, facendo notare che a fronte di soluzioni anche molto avanzate c’è dietro qualche esperienza precedente, qualche errore precedente e la voglia di riprovarci, migliorandosi.
Si comincia dal punto di vista puramente estetico: esternamente l’aspetto del Mac Pro 2019 ricorda quello dei vecchi G5, ma si fa notare per le maniglie in acciaio inox sulla parte superiore che permettono di spostare con facilità la macchina e per i piedi sporgenti nella parte inferiore dell’alloggiamento.
L’accesso all’interno è facilitato da un guscio in alluminio che può essere sollevato permettendo un accesso a 360° all’intero sistema. L’alloggiamento è interamente realizzato con una fresatura ottenuta con macchine a controllo numerico che lavorano lastre di alluminio pallinaturate e alluminio anodizzato. Il risultato è un involucro molto robusto e in grado di rimanere in piedi anche quando non è fissato al telaio. Le parti frontali e posteriori sono abbastanza porose da consentire il flusso dell’aria.
I componenti interni, si legge nell’articolo, sono direttamente montati a un telaio di acciaio inossidabile, parte strutturale dell’elemento che sporge fuori dall’involucro. Anche qui non è la prima volta che Apple usa questo sistema per il montaggio dei componenti interni su un telaio, racchiudendo in un involucro rimovibile l’alloggiamento. Un sistema del genere è stato sfruttato in passato per il PowerMac G4 Cube, macchina poco fortunata distribuita dal 2000 al 2001. L’interno dello chassis era accessibile ruotando il computer su un lato ed esercitando pressione sulla maniglia fino alla sua completa estensione; a questo punto bastava estrarre delicatamente la parte centrale del computer dall’involucro.
Anche il sistema termico del Mac Pro trae ispirazione da precedenti prodotti, come il già citato PowerMac G5 del 2003, che era diviso in quattro zone termiche separate internamente da barriere coadiuvate da un deflettore di plastica. Nelle varie zone, ventole a bassa velocità aspiravano l’aria dall’interno sul davanti, facendo defluire quella che arrivava dai componenti interni e dai dissipatori, verso il retro del computer. Il sistema adottato all’epoca da Apple era piuttosto all’avanguardia rispetto a quanto visto fino a quel momento sul versante PC. Nel tipico computer tower dell’epoca si teneva conto soltanto di un’unica grande zona termica. Separare una grande area di lavoro in zone più piccole, permetteva di monitorare e raffreddare singole zone. Le ventole si attivavano soltanto quando determinati componenti scaldavano ma per il resto, nonostante l’abbondante presenza di ventole, I G5 di Apple erano piuttosto silenziosi.
Nel nuovo Mac Pro, Apple usa una lastra di metallo definita “frangiflutti” e la scheda madre stessa divide l’interno in due zone termiche. Nello spazio più grande, davanti alla scheda madre, tre grandi ventole aspirano l’aria dalla parte anteriore – dal dissipatore sulla CPU e dalle schede di espansione – inviandola sul retro. Sul lato opposto, una sorta di soffiatore solleva l’aria dalla memoria, dall’unità a stato solido e dall’alimentatore, facendola uscire dal retro.
Per quanto riguarda il controverso il Pro Stand, un braccio studiato ad hoc per controbilanciare il nuovo Pro Display XDR di Apple, anche questo – spiega Venkatesan – è un grande pezzo di ingegneria; benché sembri semplice visto dall’esterno, leveraggi interni permettono al display di essere riposizionato verticalmente senza alcuna fatica, mantenendo al contempo un angolo parallelo alla posizione originale. Molti utenti di tradizionali monitor con braccioli sanno cosa significa lavorare con braccia traballanti o regolare le viti per impedire al braccio del monitor di allentare. Creare un braccio robusto, rigido ma allo stesso tempo facile da muovere non è una sfida semplice.
Il Pro Display XDR, dice ancora Venkatesan, non è il primo prodotto a usare un braccio di questo tipo. L’iMac G4 2002, l’amatissimo “lampadone” con lo schermo piatto, aveva un ingegnoso braccio snodabile che fungeva da sostegno. Il braccio in questione era talmente robusto che Apple raccomandava di trasportare eventualmente il Mac tenendolo da questo braccio.
L’effetto visivo sull’esterno del case del Mac Pro 2019 e del Pro Display XDR, è stato generalmente gradito ma non mancano persone (come la moglie di Venkatesan) che soffrono di tripofobia, la presunta fobia di gruppi irregolari di piccoli buchi o protuberanze, che potrebbero non gradire per niente l’effetto nel complesso. L’opinione generale di chi ha avuto modo di vedere la macchina dal vivo è che si tratta di un bellissimo effetto. Ciò che Apple ha ottenuto (sfere di vuoto scavate col laser usando un’unica lastra di metallo) non è ad ogni modo solo un elemento estetico ma un insieme di scelte funzionali che contribuiscono a far defluire l’aria. Il processo che consente di ottenere le sfere rimuove oltre il 50% del materiale, creando una struttura che lascia passare al meglio la maggiore aria possibile.
Anche il cavo di alimentazione del Mac Pro è particolare. Anziché il tradizionale cavo rivestito con polimeri simil-gomma, con il nuovo computer e il Pro Display XDR la Mela – robabilmente per la loro maggiore durabilità – fornisce cavi rivestiti in tessuto e cavi Thunderbolt 3. Non è la prima volta che Apple propone cavi di questo tipo; cavi rivestiti di tessuto sono forniti dal 2018 con l’HomePod che vanta un cavo che ben si integra con l’aspetto esterno dello speaker.
Per quanto riguarda gli accessori di serie, Apple non propone più mouse e tastiera con colorazione in alluminio anodizzato. Sulla falsariga di quanto fatto con l’iMac Pro fine 2017 – proposto con una nuova tastiera e un nuovo mouse in grigio siderale – con il Mac Pro 2019 le periferiche di serie vantano una colorazione silver e black, in sintonia con la workstation.
Novità mai vista sul Mac, sono le ruote opzionali, elemento che rende la workstation “trasportabile”. Questo successorio – da montare nella parte inferiore – è stato appositamente pensato per il Mac Pro, integra ruote pivotanti e serve ovviamente ad agevolare lo spostamento all’interno di uno studio, evitando il ricorso a carrelli specifici (i “porta PC”).