Siamo tornati. Come un classico che non passa mai di moda ma che, anzi, viene rinnovato. Questo è di nuovo il momento di un MacBook Air. Non lo stitico MacBook con schermo da dodici pollici che, giustamente a nostro avviso, non prende il suffisso “Air” del modello da 11 pollici, ma il vetusto e fidato MacBook Air 13 che da adesso torna a nuova vita. Resuscitato, quando molti avevano perso la fiducia.
Si pensava sarebbe diventato un MacBook Pro senza pro e con tastiera completa, invece è un nuovo design totalmente riciclabile (e in buonissima parte già riciclato) della impostazione originale dell’apparecchio.
Prezzo importante, dotazioni generose, sembrerebbe che vada tutto bene. Guardando le cose che offre, si può dire che ci siamo. Doppia Usb-C con Thuderbolt 3, schermo retina, processore generoso, ram veloce e in abbondanza, chip T2, il vero ingrediente segreto di questa generazione di prodotti Apple. Ma poi?
Abbiamo acceso e giocato con il MacBook Air 13 per un’ora. Alternando questo con l’iPad Pro 11 e 12,9 di cui parliamo invece in un altro pezzo. Si tratta di un computer che sembra un sogno: non presenta significativi rallentamenti con le app preparate per la demo, dalla grafica alla realtà aumentata, dalla musica al gioco. Certo, non è un Pro, computer che finalmente ha raggiunto quella velocità e performance tale da consentire di giustificare il prezzo (soprattutto dei modelli di punta con Intel i7 multi core).
Si tratta invece di un apparecchio pensato per la fatica. La fatica di andare avanti 12-13 ore senza vedere una ricarica. La fatica di infinite pagine web, email, film, documenti Pages o Word (o magari di markdown e altro). Una fatica che fa da muletto per tutti quelli che si avvicinano per la prima volta ai computer portatili di Apple o che ne hanno bisogno per attività non importanti dal punto di vista delle richieste tecnologiche. Anche se, provando la nuova eGPU connessa al MacBook Air, le cose dobbiamo dire che diventano davvero significative.
Fa infine una buonissima impressione il chip per l’autenticazione Touch ID al posto del tasto di spegnimento. Una scelta intelligente che consente di avere accesso a moltissime funzionalità. Ci è piaciuto molto il modello in color oro, anche se il preferito ancora per un po’ è sempre quello color grigio siderale. Sulla batteria ovviamente nulla possiamo dire, ma speriamo che renda bene come promesso, perché sarebbe la ciliegina sulla torta.
Invece belle e appassionante la traiettoria del Mac mini, che torna come una astronave aliena, un disco volante che cala dalla notte stellata. Abbiamo visto che le funzioni di questa macchina, ancora infaticabile, diventano davvero maiuscole. La versione in cluster è divertente, ma la vera usabilità è per le funzioni più faticose di uso generale.
Chi ha già monitor e tastiera ma non sente il bisogno di spendere soldi per un iMac può tranquillamente affidarsi a questo piccolo da competizione per fare molto, anzi moltissimo. È un apparecchio che non abbiamo mai messo da parte e che consideriamo uno dei grandi punti di forza di Apple. Adesso lo è anche di più.
Le funzioni che abbiamo potuto vedere sono poche cose ma in realtà si tratta di una potenza notevole non solo sulla carta. La disponibilità di ottimizzazioni prodotte da Intel per questa classe di computer, che Apple non aggiornava da anni, permette di trattare video 4K con facilità estrema e probabilmente questo apparecchio potrebbe tranquillamente fare tutto lasciando i compiti più leggeri e in mobilità a un iPad Pro se non a un MacBook Air.
Ci ha convinto molto anche la disponibilità di porte, a partire dalle quattro Usb-C e della Gigabit per l’Ethernet, oltre alla classica Hdmi e audio a tre stadi (in e out con minijack, non si sa se ottico o no ma probabilmente la funzionalità non è più supportata.