Il funzionamento di Internet è possibile – tra le altre cose – grazie a un insieme di standard e protocolli condivisi. Alcuni di questi, ad esempio il Domain Name Server (DNS) – sistema utilizzato per assegnare nomi ai nodi della rete – permette di gestire una sorta di “elenco telefonico”, un servizio essenziale per tradurre nomi di dominio in indirizzi di rete e viceversa.
ZDNet riferisce che a seguito dell’invasione russa in Ucraina, Andrii Nabok – rappresentante ucraino dell’Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (ICANN, ente di gestione internazionale che si occupa di vari incarichi di gestione relativi alla rete), e Mykhailo Fedorov – vice primo ministro ucraino – hanno chiesto che i top-level domain (TLD, domini di primo livello), quelli che terminano con sigle alfanumeriche quali .ru, .рф e .su siano revocati insieme ai relativi certificati SSL (fondamentali per offrire sicurezza nelle connessioni e protezione dei dati).
L’obiettivo è quello di bloccare la propaganda russa e la disinformazione. “Questi atroci crimini sono stati resi possibili principalmente dalla macchina propagandistica russa sfruttando siti web che continuamente diffondo disinformazione, incitamento all’odio, promuovono la violenza e nascondono la verità sulla guerra in Ucrania”, ha dichiarato Nabok.
Fedorov ha anche chiesto che il RIPE NCC, uno dei cinque Regional Internet Registry (RIR) esistenti in ambito IANA (organismo che ha responsabilità nell’assegnazione degli indirizzi IP) con delega per l’assegnazione degli indirizzamenti IPv4 ed IPv6, indirizzi e blocchi i loro root nameserver, i server che rispondono alle richieste di risoluzione dei nomi e reindirizzano le richieste relative a ciascun dominio di primo livello.
Se fosse applicata, si tratterebbe di una mossa senza precedenti. La Russia ha in realtà predisposto test senza internet, un’infrastruttura Internet domestica in grado di funzionare nel caso in cui il Paese venisse disconnesso dalla Rete mondiale, ma ovviamente una scelta di questo tipo taglierebbe gli utenti dal resto del mondo, e molti potrebbero cominciare a interrogarsi sulla censura in atto.
Un numero crescente di giganti della tecnologia sta applicando sanzioni digitali alla Russia, in risposta all’attacco bellico all’Ucraina. Facebook, YouTube, Microsoft e TikTok stanno tutti limitando l’accesso a due marchi di media russi, Russia Today (RT) e Sputnik, noti diffusori di propaganda, e anche Netflix ha deciso di non permettereil il live streaming di venti canali della televisione di stato russa e moderare i contenuti