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Lo stupore e l’entusiasmo della vita e oltre, nelle ultime parole di Jobs

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Mona SimpsonOh wow, oh wow, oh wow. Le sei ultime parole, tra la meraviglia e la speranza di un futuro che per lui non ci sarebbe più stato ma che per chi lo circondava vedeva grande o forse per quel che stava andando a scoprire, pronunciate sul letto di morte da Steve Jobs, prima di spirare sono state rivelate da Mona Simpson, sua sorella naturale, in un toccante elogio del defunto fondatore di Apple, pubblicato nel corso del fine settimana dal New York Times. Il testo è il discorso che la Simpson, scrittrice ed insegnante di inglese all’Università della California, aveva pronunciato lo scorso 16 ottobre, durante la commemorazione di Jobs tenutasi alla Stanford  University, presenti amici, imprenditori della Silicon Valley e politici.

È difficile, se non impossibile per chi non è un preparato e professionale traduttore dall’Inglese all’Italiano quale non è chi scrive, rendere in Italiano le tre pagine di testo Internet senza correre il rischio di impoverire il pensiero o rischiare di non cogliere le sfumature che descrivono l’animo di chi è stato così a lungo vicino anche dal punto di vista emozionale al fondatore Apple. Quel che si può dire senza banalizzare, svolgendo una mera operazione tecnica di  traduzione parola per parola, è che Mona Simpson riesce con semplicità ma anche profondità a descrivere il legame che ha avuto con il fratello, nonostante l’abbia conosciuto a 25 anni e frequentato per 27, rivelandone l’aspetto umano più profondo, la sensibilità e le aspirazioni, nascosti tra le pieghe di un carattere che è parso ai tutti coloro che l’hanno conosciuto da vicino, spigoloso, contraddittorio, elitario. Si parla del rapporto con i figli, delle aspirazioni “normali” che aveva per loro, e del rapporto con la moglie e soprattutto del rapporto che lei stessa ebbe con lui: «nonostante abbia avuto un pensiero femminista ho sempre sperato di trovare un uomo da amare e che mi ricambiasse con il suo amore, pensavo di trovarlo in mio padre o in un marito, ho trovato quest’uomo in mio fratello. L’amore è stata la sua suprema aspirazione, la divinità che regolava tutti i suoi dei».

Mona Simpson descrive lo spirito del fratello come vivo e vivace anche durante la sua devastante malattia che nel corso degli ultimi anni della vita l’ha tormentato anche fisicamente. Parla di come dopo il trapianto del fegato si ponesse traguardi per cercare di tornare alla normalità, alzandosi da una carrozzella per fare un passo dopo l’altro e ogni giorno un passo in più. «Nella sua vita ha provato, riprovato e sempre con grande trasporto andando al cuore delle cose. Era un uomo di grandi passioni». Mente giaceva a letto in un ospedale, disegnava un supporto per iPad per persone nelle sue condizioni, ha provato a migliorare il design dei monitor e apparecchiature per raggi X «ha ripensato la struttura di quel comunissimo ospedale».

Steve Jobs morì nel mezzo di una storia che nei giorni migliori pensava ancora potesse andare avanti, creando progetti che prometteva ai suoi amici in Apple avrebbe finito e progetti anche suoi personali, quelli del matrimonio dei figli e quello di una barca che stava facendo costruire in Olanda e sulla quale avrebbe voluto andare in pensione, chiudendo la sua vita in giro per il mondo con la moglie. «So che è difficile definire inaspettata la morte di una persona colpira da un cancro, ma per noi è stato così: Steve è morto inaspettatamente»

Mona Simpson racconta anche il giorno della morte di Jobs, un giorno descritto come carico di simboli di una intera vita.

«Mi chiamò martedì mattina (Jobs sarebbe morto mercoledì pomeriggio NDR) dicendomi di sbrigarmi ad andare a casa sua a Palo Alto». “Vorrei dirti alcune cose perché temo  non ce la farai ad arrivare in tempo”, disse Jobs. Mona Simpson arrivò, invece, a casa di Jobs nella tarda mattinata mentre il fratello scherzava con la moglie assopendosi di tanto in tanto. Laurene fin alle due era riuscita a svegliarlo per parlare con alcuni amici di Apple. «Dopo è apparso chiaro che non si sarebbe più svegliato. Il suo respiro è diventato misurato, studiato, controllato. Mi pareva che contasse i suoi passi, cercando di andare, come succedeva con la carrozzella, sempre più lontano. Sono convinta che stesse lavorando anche su questo, sulla sua morte. La morte non l’ha colto, è stata un traguardo conquistato». Il medico a quel punto diede a Jobs il 50% di possibilità di superare la notte. Il giorno dopo Laurene e Mona guardavano Jobs respirare e ad ogni pausa troppo lunga tra un respiro e l’altro, avevano un sussulto. Poi Jobs riprendeva. «Il suo respiro descriveva un viaggio difficile, un percorso in ardua salita, una vertigine. Prima di partire definitivamente ha guardato sua sorella Patty, poi per lungo tempo i suoi figli, poi alla compagna della vita, Laurene e poi dietro di loro, sopra le loro spalle. Le ultime parole di Steve sono state: Oh Wow, Oh Wow, Oh Wow»

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