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Lo spirito indomito della Nintendo vive dentro Switch?

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Se ti compri una console per Final Fantasy, forse dovresti comprartene una anche per Zelda. Oppure per Super Mario. Forse.

Tra poche settimane esce Switch, la nuova console di Nintendo, epitome del gioco made in Japan e massimo esponente di una tradizione innovativa dell’arena videoludica che continua imperterrita da decenni. Ne parlammo ormai parecchi anni fa qui su Macitynet con una serie di articoli (uno, due, tre e quattro) indimenticabili e indimenticati, ma vale la pena ricordare lo stesso un concetto, anzi un’idea: se non si visita almeno una volta nella vita Akihabara, la città elettrica nel cuore di Tokyo, non si può capire fino in fondo lo spirito e l’ethos di questo mondo tutto nipponico dell’intrattenimento videoludico eletto a sistema di vita.

Alle volte l’idea idealtipica di videogioco, comune a tutti gli esseri senzienti del pianeta, entra in risonanza con il pensiero e quindi con l’estetica nipponica più pura e dura. Quell’estetica di Nintendo che è solo apparentemente tutta fronzoli e bambocci, tutta colorini, kawaii e sagome amichevoli, ma in realtà è tosta come l’acciaio temprato nel magma sotterraneo del monte Fuji.

nintendo all stars 1200

Quando questa risonanza accade, il sole levante sorge e illumina l’occidente con la sua musica, disegnando traiettorie poetiche che ammaliano una generazione. Quando invece c’è l’eclissi, per quanto si spinga e si insista, non c’è foglia che si muova e non c’è uovo di tartaruga che si schiuda. Lo sa bene Sega, che ha beccato un ciclo negativo di eclissi ed è finita a fare solo cabinet arcade e qualche videogioco di seconda fila, “chorus line company” come dicono gli amanti del musical.

Nintendo invece è l’azienda che affascinò il pianeta con Donkey Kong e poi con i GameWatch, tornò ad affascinarlo con Famicon e SuperFamicon, diede una spruzzatina (insufficiente) di magia con il Nintendo 64 e lo zoppo Game Cube, esplose nuovamente e sonoramente con la Wii, si affossò delicatamente ma nettamente con la Wii U. Nel mondo delle console portatili abbacinò tutti con il Game Boy, un po’ meno con il Game Boy Color, un po’ meno ancora con il Game Boy Advance, ma poi esplose di nuovo con il Nintendo DS e poi con il 3DS. Alti e bassi. Bassi e alti. Alla fine, impossibile frenarla, impossibile sottovalutarla.

Come nel judo, la via per l’illuminazione di Nintendo (un concetto ricorsivo, perché la casa originariamente produttrice delle carte Hanafuda ha il nome scritto con dei kanji che significano tra le altre cose “la via dell’illuminazione”) non passa per un attacco frontale in cui si proietta la propria muscolare energia contro l’avversario. Invece, si attende il colpo vibrato dal nemico e si trasforma la sua energia nel proprio momento.

In altre parole, Nintendo ha sempre vinto quando ha saputo trovare un modo intelligente e originale di sfruttare le sue limitazioni e la sua povertà di mezzi. La Wii non era accettabile rispetto al Dreamcast di Sega o alle Playstation 3 e Xbox dell’epoca. Eppure ha dissolto tutti in una colata di successo, aumentata anche dalla potenza dell’interfaccia del Nintendo DS, antesignano con i controller della Wii di una nuova era di interfacce con accelerometri e gestualità multitouch. Il tutto addirittura prima della stessa Apple.

Nintendo Switch Amazon

Arriva la Switch. La nuova console “povera” dal punto di vista della dotazione tecnica rispetto agli avversari, ma più furba, almeno sulla carta, per quanto riguarda gli usi e i modi. Compete con i tablet ma anche con le console casalinghe. Compete con il gioco in rete offrendo modalità di socializzazione da lan-party anni Novanta, quando ci si ritrovava in dieci, venti a giocare con i primi computer con scheda di rete a Doom, Quake e Unreal.

Schermo da 6,2 pollici, risoluzione di 1280 per 720 pixel, 32 GB di memoria interna, slot microSD, utilizzabile come portatile con autonomia tra le due ore e mezza e le sei ore e mezza oppure come console da televisione (la base la ricarica). Ci sono i due controller joy che si uniscono e si dividono, con tanto di videocamera agli infrarossi per percepire la distanza e il movimento; c’è una serie di possibili utilizzi (otto giocatori a console, fino a otto console collegate per lo stesso gioco).

Switch non ha nessun punto di forza e li contiene tutti. Ha le consuete debolezze del formato di memoria dei giochi di Nintendo, il limite della grafica che costringe a un look “particolare”, ma anche inedite modalità di collegamento, il know how di giochi e di Amiibo, l’erede spirituale del successo epocale di Activision con i suoi Skylanders.

Nintendo non sappiamo ancora su quale versante della sua curva si trovi: la sinusoide che descrive la sua traiettoria oscilla, cambia repentinamente e ha un picco folle, imprevedibile. A tratti s’impenna per lungo tempo, altre volte si tuffa subito in picchiata per poi riemergere dopo, presto, tardi, chissà. È impossibile sapere se Switch sarà quel successo che tutti ci auguriamo, se sarà un flop micidiale, se invece partirà piano e poi si riprenderà solo quando il prezzo verrà abbassato (andò così per il Nintendo 3DS, e va considerato che 329 euro non sono pochi).

Speriamo, mentre ci imbarchiamo mentalmente per volare fino a Tokyo, sino ad Akihabara, che le cose questa volta vadano bene fin da subito. Nintendo è generosa, ha dato tanto e se lo merita.

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