Un ronzio dietro la curva, si sente lo sciame arrivare: sono i droni messi a punto dagli scienziati dell’Università cinese di Zhejiang, capaci di volare in formazione attraversando una fitta foresta di bambù senza che ci sia nessuno a guidarli. Uno degli esperimenti sul campo è stato filmato e pubblicato su YouTube, dove un gruppo di dieci droni delle dimensioni di un palmo e dal peso di una bevanda in lattina da 330 ml si muove simultaneamente comunicando tra loro per rimanere in formazione e condividendo i dati raccolti dalle telecamere per mappare l’ambiente.
Questo consente loro di usare tali informazioni per trovare nuovi percorsi nel caso in cui dovessero incontrare un ostacolo lungo il percorso, ma anche per tracciare, riconoscere e inseguire un soggetto umano che si sposta all’interno dello stesso ambiente: se uno dei droni perde il bersaglio ci sono gli altri che continuano a inseguirlo e comunicano la nuova posizione al resto del gruppo.
In futuro – scrivono gli scienziati in un articolo pubblicato sulla rivista Scienze Robotics – sciami di droni come questi potrebbero essere utilizzati per i soccorsi in caso di calamità e per le indagini ecologiche, ma con una guerra in corso da più di due mesi è facile pensare a come un sistema del genere possa essere usato anche per scopi bellici.
In disastri naturali come terremoti e inondazioni uno sciame di droni può cercare, guidare e fornire attrezzatura d’emergenza alle persone intrappolate. Ad esempio, negli incendi, questi agili multicotteri possono raccogliere rapidamente informazioni con una vista ravvicinata e in prima linea, evitando il rischio di lesioni umane.
Gli esperti sostengono che studi simili vengono attualmente perseguiti anche da Stati Uniti, Cina, Russia, Israele e Regno Unito: i militari li stanno già provando per la sorveglianza e la ricognizione, ma non è escluso che droni con queste capacità possano essere usati anche per rintracciare e attaccare avversari e civili. Una delle illustrazioni pubblicate sulla rivista è particolarmente esplicativa perché mostra come sia possibile usare più droni per tracciare un bersaglio anche se la vista di uno dei droni è bloccata.
Questa ricerca ha un chiaro potenziale militare – spiega Elke Schwarz, docente senior presso la Queen Mary University di Londra – in quanto la capacità di navigare all’interno di ambienti disordinati, ad esempio, è desiderabile per una serie di scopi militari, compresa la guerra urbana, e un drone che è in grado di inseguire un essere umano potrebbe essere trasformato in un’arma letale per gli attacchi, riducendo i rischi per i soldati. Un esempio è la modifica di un drone DJI Phantom 3 (prezzo: 500 dollari) usato recentemente dalle truppe ucraine per lanciare una granata attraverso il tetto apribile di un’auto guidata dai soldati russi.
Ciò che rende questi sciami tech davvero pericolosi non è tanto il numero dei singoli droni quanto la loro autonomia: nessun essere umano sarebbe capace di guidarne contemporaneamente anche solo dieci, mentre gli algoritmi invece stanno dimostrando di potercela fare anche piuttosto bene perfino in ambienti di cui non dispongono alcuna mappatura. «E’ la prima volta che uno sciame di droni vola con successo all’esterno e in un ambiente non strutturato, in natura» spiega Enrica Soria, ricercatrice presso il Politecnico federale di Losanna, in Svizzera, e il lavoro che è stato fatto in questa direzione è «davvero impressionante».
Gli scienziati spiegano che gli sciami di droni possono essere programmati per volare come “insetti” o come “uccelli”: nel primo caso bisogna concentrare l’attenzione soltanto su movimenti rapidi e reattivi e c’è meno pianificazione per i tragitti lunghi, al contrario nel volo “a uccello” si cerca di dirigere lo sciame di droni lungho percorsi lunghi e scorrevoli, come nel caso appunto dell’esperimento in questione. Entrambi i metodi hanno i loro limiti: volare come un insetto richiede meno potenza di calcolo, mentre il volo degli uccelli è più efficiente dal punto di vista energetico. E siccome nel tempo si è riusciti a migliorare le capacità di calcolo di questi dispositivi, il volo ad uccello è diventata un’opzione più facilmente raggiungibile.
Per Schwarz tutto questo ci ricorda che ci sono domande più importanti a cui l’uomo dovrebbe rispondere. Fin dagli anni ’60 – dice – siamo ossessionati dal “saper fare”, ma ciò tende ad eclissare la domanda morale che dovremmo invece porci: “a cosa serve”.