La scomparsa recente del premio Nobel peruviano Mario Vargas Llosa fa venire una profonda nostalgia di America Latina. Quel continente culturale che va dal Messico in Nord America sino all’estrema punta della Terra del Fuoco con Capo Horn, passando per realtà molto diverse, legate assieme dalle interpretazioni culturalmente differenziate della lingua spagnola.
Allora, come dovrebbe essere, facciamo di un momento di tristezza per la scomparsa di un grande della letteratura un momento positivo che sia di introduzione a un mondo di autori, latinoamericani del Dopoguerra, alla scoperta dei maestri e degli allievi di un modo diverso di intendere la vita. Lasciando però spazio al grande Mario.
Qui trovate tutti gli articoli con i Migliori libri di Macity raccolti in un’unica pagina.
La zia Julia e lo scribacchino
Curando queste liste dei migliori libri di Macity i criteri sono quelli del critico più che dell’algoritmo. L’importanza delle opere è sostanzialmente soggettiva, anche se pitturata dai canoni creati dai grandi critici della letteratura. Lasciateci però aprire questa lista dei migliori libri che, per le prime quattro posizioni sono quelli di Mario Vargas Llosa, il premio Nobel peruviano recentemente scomparso, con il nostro libro preferito.
Vi si narra la vicenda o meglio la carriera, di Pedro Camacho, fecondissimo produttore boliviano d’intrecci (lo chiamano anche Balzac creolo) che, chiuso in una mefitica stanzetta, sforna trame melodrammatiche e truculente per un programma di feuilleton di Radio Lima. Tutti attendono con impazienza le puntate della sua fantasia, ma improvvisamente le differenti trame di appendice prendono a confondersi tra loro. Camacho è impazzito e sarà degradato a galoppino d’una rivista di sicuro fallimento. D’altro lato, ecco invece la storia di Mario, giovane aspirante scrittore attratto da questa curiosa macchina dell’immaginario che ci racconta una sua complicata storia: s’innamora di una zia vedova e più matura che finirà per sposare.
Avventure della ragazza cattiva
Opera recente,c he appartiene a una stagione diversa della poetica di Mario Vargas Llosa. Ricardo conosce la “ragazza cattiva” da adolescente, a Lima, e per trent’anni la rincorre in lungo e in largo per il mondo, colpito da un amore folle e sconsiderato. Lei ama nascondersi sotto false identità, è sempre in fuga da qualcosa, irretita da ideali politici, alla ricerca di libertà, ma anche di patrimoni da depredare.
La rincontra a Parigi, dove lei è di passaggio, guerrigliera della MIR destinata all’addestramento a Cuba: sull’isola seduce un capo castrista, poi un diplomatico francese che la riporta con sé in Europa. Seduce poi un benestante inglese, per poi finire con un mafioso giapponese, che la devasta nel morale e nel fisico con ripetute, terribili violenze sessuali. Ogni volta Ricardo è lì a proteggerla. E ogni volta lei riprende la sua via di fuga.
Conversazione nella «Catedral»
La storia che forse ha segnato uno dei momento di cambiamento più importanti nella poetica di Mario Vargas Llosa. La storia: Santiago Zavala – giovane giornalista della «Crónica» che tutti chiamano Zavalita – torna a casa dal lavoro e trova la moglie in lacrime: le hanno strappato di mano il cagnolino Batuque. Zavala lo va a riprendere al canile e il destino gli fa trovare, fra i dipendenti di quel luogo che sembra piuttosto un macello, Ambrosio, per molti anni autista di famiglia.
Insieme vanno a bere una birra a «La Catedral», sordido locale di periferia, e dal loro dialogo viene fuori un’immagine globale della società di Lima – ma anche peruviana, e latinoamericana – negli anni cinquanta e sessanta.
Pubblicato nel 1969, è un romanzo dalla costruzione articolata e travolgente, in cui le inquadrature sono «montate» in successione martellante, come in un film d’azione: un vero e proprio affresco storico. Un tentativo prossimo alla perfezione di creare un «romanzo totale». E su tutto, implacabile come un legame vischioso e concreto, la grigia nebbia che avvolge Lima e le sue creature.
Le dedico il mio silenzio
La vicinanza nel tempo di questo testo non ci deve far pensare che ci fosse un altro momento in cui l’autore non aveva invece costruito le sue fondamentanta. Mario Vargas Llosa è un autore prolifico ma non episodico.
Toño Azpilcueta è il più grande esperto di musica peruviana. Anche se lo sanno in pochi. Accademico irrealizzato e insegnante insoddisfatto, Toño conduce una vita anonima alla periferia dei circoli intellettuali di Lima, sdegnosi della sua vasta erudizione. Ma quando Toño ascolta per la prima volta Lalo Molfino, misterioso chitarrista dal talento eccezionale, cambia tutto. Perché quelle note gli danno la forza di inseguire il sogno in cui ha sempre creduto.
Mario Vargas Llosa torna al suo amato Perù, alle radici delle sue tradizioni, e dà voce a un’utopia: quella di un intero paese che, grazie all’arte, si stringe finalmente in un abbraccio fraterno.
Ci vediamo in agosto
Contemporaneo di Mario Vargas Llosa, suo “nemico” giurato (epica la rissa in cui Vargas Llosa gli fece un occhio nero alla prima di un film al cinema), Gabriel Garcia Marquez è, assieme a Borges, la voce più nota dell’America Latina. Per questo scegliamo di rappresentarlo in questo modo “strano”.
Il sorprendente romanzo inedito dell’autore di Cent’anni di solitudine e L’amore ai tempi del colera. Si sentì maliziosa, allegra, capace di tutto, e imbellita dalla mescolanza sacra della musica con il gin. Pensava che l’uomo del tavolo di fronte non l’avesse vista, però lo sorprese a osservarla quando lo guardò per la seconda volta. Lui arrossì. Lei sostenne il suo sguardo mentre lui controllava l’orologio da tasca con la catenina. Ogni anno, il 16 agosto, Ana Magdalena Bach – quasi cinquant’anni di età e una trentina scarsa di soddisfacente vita matrimoniale – raggiunge l’isola dei Caraibi dove è sepolta sua madre.
Il traghetto, il taxi, un mazzo di gladioli e l’hotel: questo rituale esercita su di lei un irresistibile invito a trasformarsi – una volta all’anno – in un’altra donna, a esplorare la propria sensualità e a sondare la paura che silenziosa cova nel suo cuore.
Lo stile inconfondibile di Márquez risplende in questo romanzo musicalissimo di variazioni sul tema che è nello stesso tempo un inno alla libertà, un omaggio alla femminilità, una riflessione sul mistero dell’amore e dei rimpianti. Un’esplorazione del desiderio che non si affievolisce con l’età.
Notturno cileno
Ci sono tantissimi libri di Roberto Bolaño che potrebbero rappresentare la sua opera, ma questo “romanzo fiume” è davvero speciale. “Ora muoio, ma ho ancora molte cose da dire. Ero in pace con me stesso. Muto e in pace. Ma all’improvviso le cose sono emerse”. L’uomo che in una notte di agonia e delirio decide di ripercorrere la propria esistenza, per “chiarire certi punti”, per smentire le “infamie” messe in giro su di lui da quel “giovane invecchiato” che da un pezzo lo perseguita coprendolo di insulti ombra, o fantasma, o figura della sua innocenza perduta -, è stato un sacerdote, un membro dell’Opus Dei, e anche un poeta e un autorevole critico letterario.
Ma è stato soprattutto uno che ha sempre badato a tenersi al riparo da ogni rischio, e per riuscirci si è piegato a molti compromessi, ha chiuso gli occhi dinanzi a molte nefandezze, si è macchiato di molte viltà. Ha accettato e svolto coscienziosamente incarichi bizzarri, come dare lezioni di marxismo a Pinochet e ai membri della sua giunta, e ha preso parte a squisite serate letterarie in una sontuosa villa, alla periferia di Santiago, nei cui sotterranei venivano torturati gli oppositori politici al regime.
E adesso che le cose e i volti del suo passato gli turbinano davanti come sospinti da un soffio infernale, “si scatena la tempesta di merda”. In questo, che è l’ultimo grande romanzo pubblicato in vita, Roberto Bolaño fa i conti una volta per tutte con la storia di quel Cile che non ha mai smesso di amare e odiare. Lo fa scegliendo il punto di vista di un personaggio equivoco e meschino, e riuscendo a costruire un possente “romanzo-fiume”.
Dona Flor e i suoi due mariti
Meno noto ma non meno amato, Jorge Amado è un autore di grandi intuizioni. Questo è uno dei suoi capolavori: la ricchezza verbale, la perfetta architettura narrativa, lo humour e il contagioso amore per la vita sono quelli dei grandi classici della narrativa sudamericana. Nella moltitudine dei personaggi, nel delicato mormorare delle comari, nelle inquietudini di Flor, inseguita dal desiderio, la miseria e la grandezza degli abitanti di Bahia hanno la loro celebrazione.
Il romanzo ruota attorno alla vedovanza di dona Flor e al suo lutto stretto, vissuto nel ricordo di Vadinho. Coglie l’intimità della giovane vedova, il suo riserbo, le sue notti insonni e la sua insoddisfazione. Racconta di come arrivò onorata al suo secondo matrimonio, quando il fardello del defunto cominciava a pesare sulle sue spalle, e di come visse in pace e armonia, senza dispiaceri né soprassalti, col suo bravo secondo marito, nel mondo della farmacologia e della musica.
E mentre lei brilla nei salotti e il coro dei vicini le ricorda la sua felicità, Vadinho, nel suo corpo astrale, la visita, la corteggia, le elargisce gioie eccezionali e consigli formidabili.
Patagonia express
Un miracolo di avventura e racconto. Il diario di viaggio di Luis Sepúlveda in Patagonia e nella Terra del Fuoco: un libro in cui personaggi leggendari rivivono sullo sfondo di una natura indimenticabile.
Riflessioni, racconti, leggende e incontri che si intrecciano nel maestoso scenario del Sud del mondo, dove l’avventura non solo è ancora possibile, ma è la dimensione quotidiana del vivere.
La casa degli spiriti
Poche le voci femminili nella grande letteratura latinoamericana codificata a cavallo degli anni Sessanta e Settanta. La nipote di Salvarod Allende ha dovuto riparare negli Usa e imparare a scrivere in inglese per raccontare le sue storie. E che storie!
Nella splendida tenuta delle Tre Marie, tre generazioni della famiglia Trueba si succedono mescolando passioni, ambizioni, amori e rivalità. Esteban, il capofamiglia, è un uomo volubile e orgoglioso, focalizzato sulla ricerca del potere politico, ma sono le donne a dare davvero vita alla casa: Clara, la moglie, sente un legame mistico con il mondo degli spiriti e trascorre un’esistenza avvolta nei ricordi; Férula, sorella del proprietario, dedica la sua vita agli altri; la figlia Blanca è innamorata di un servo, Pedro, e per questo amore sfiderà anche l’ira del padre; Alba, la nipote, una bambina e poi giovane donna bellissima e volitiva, dovrà invece affrontare i duri tempi della dittatura, e capire come conviverci.
Le passioni, le lotte e i segreti dei Trueba attraversano un secolo di violenti cambiamenti sociali dentro i quali Allende dà vita a una famiglia i cui legami privati di amore e odio sono più complessi e duraturi delle alleanze politiche che li mettono in contrasto.
Stiamo mescolando maestri e allievi, scrittori che sono venuti assieme a Mario Vargas Llosa, dopo, oppure prima. Tra i maestri, c’è certamente Jorge Luís Borges, prima opera dell’autore argentino che con la sua brevitas a segnato la letteratura mondiale.
Un falso paese scoperto in «un’enciclopedia pirata», Uqbar, e un pianeta immaginario, Tlön, «labirinto ordito da uomini» ma capace di cambiare la faccia del mondo; il Don Chisciotte di Menard, identico a quello di Cervantes eppure infinitamente più ricco; il mago che plasma un figlio nella materia dei sogni e scopre di essere a sua volta solo un sogno; l’infinita Biblioteca di Babele, i cui scaffali «registrano tutte le combinazioni possibili della ventina di simboli ortografici, cioè tutto ciò che è dato di esprimere: in tutte le lingue» e che sopravviverà all’estinzione della specie umana; il giardino dai sentieri che si biforcano; l’insonne Funes, che ha più ricordi di quanti ne avranno mai tutti gli uomini insieme; il perspicace detective Lönnrot, che risolve una serie di delitti grazie a un triangolo equilatero e a una parola greca, Tetragrammaton, e si condanna a morte; lo scrittore ebreo Jaromir Hladìk, cui Dio concede di portare a termine una tragedia in versi davanti al plotone di esecuzione tedesco, in un immoto istante che dura un anno.
Sono i lemmi di un’enciclopedia illusoria e al tempo stesso, non diversamente da quella di Tlön, di arcana, irresistibile potenza. Un’enciclopedia che ha scompaginato le nostre certezze in materia di letteratura e che tuttavia sembra riflettere il nostro paesaggio interiore – come un’antica mappa che, riaffiorata d’improvviso alla luce, riveli segni e simboli inspiegabilmente familiari. Un’enciclopedia che, forse, avevamo già sognato.
Capo Horn
Un altro grande maestro, Francisco Coloan. Giornalista ciliota che racconta l’immensità del Sud del continente. Come in questa straordinaria raccolta di racconti. A Capo Horn due grandi oceani si scontrano in un incessante duello. I pochi uomini che si avventurano oltre l’estrema frontiera, dove finisce il mondo, ingaggiano una strenua lotta per la sopravvivenza contro una natura spietata e al tempo stesso grandiosa, sublime, apocalittica.
Fuggiaschi, cinici gringos, mandriani, vecchi lupi di mare, sono i protagonisti di questi racconti di Francisco Coloane ambientati nella Terra del Fuoco. Ma sono anche gli animali a emergere da queste storie straordinarie dimostrando che solidarietà e vendetta non sono sentimenti esclusivi degli esseri umani.
E questi ultimi, se sopravvivono alla desolazione e alla furia degli elementi, restano segnati per sempre dagli spazi infiniti e dalla libertà nella sua accezione assoluta.
Rayuela: Il gioco del mondo
Julío Cortázar è forse il più grande che non conosciamo perché è anche complesso, ricco, affascinante, difficile. “Contro-romanzo”, “cronaca di una follia”, “il buco nero di un enorme imbuto”, “un grido di allerta”, “una specie di bomba atomica”, “un appello al disordine necessario”: con queste e altre espressioni venne salutato al suo apparire, nel 1963, di questo libro che è uno dei capolavori del Novecento che ha cambiato la storia del romanzo e la vita delle persone che lo hanno letto.
In una Parigi popolata da affittacamere xenofobe, intellettuali male in arnese, pianiste patetiche, scrittori distratti, facili vittime di incidenti stradali, l’eterno studente argentino Horacio Oliveira si muove attraverso la città e l’esistenza come attraverso le caselle del “gioco del mondo”.
Un percorso dalla terra al cielo, da Parigi a una Buenos Aires grottesca alla ricerca del Centro, della vera vita e soprattutto di Lucia, “la Maga”, inconsapevole depositaria di ogni mistero e pienezza, l’unica che non dimentica che, in fondo, “per arrivare al Cielo servono solo un sassolino e la punta di una scarpa”.
L’invenzione di Morel
Una scoperta preziosissima: l’opera di un autore latinoamericano ricca e pochissimo conosciuta da noi, ma da preservare. Come questo, romanzo, pubblicato nel 1940, forse l’opera più celebre di Adolfo Bioy Casares, uno dei narratori più originali della letteratura latinoamericana del Novecento.
Fortemente ispirato all’Isola del dottor Moreau di H.G. Wells e ai racconti di E.A. Poe, questo romanzo visionario narra le avventure di un fuggiasco che, sbarcato su un’isola deserta per evitare la condanna all’ergastolo, scopre di non essere solo come credeva.
In bilico tra il terrore di essere identificato e la frustrazione per il desiderio di essere riconosciuto, il protagonista si ritrova sospeso tra realtà e irrealtà e inizia a seguire, osservare e spiare gli altri isolani. Sarà infine il misterioso Morel a fornirgli le chiavi di lettura di un mondo allucinatorio costituito da pura forma.
Noi che ci vogliamo cosi bene
Marcela Serrano è una scrittrice cilena famosa per i suoi romanzi nei quali molte voci corali femminili convivono e si modellano dentro alle pagine dei suoi libri.
Nell’estate del 1990 Ana, Maria, Isabel e Sara, quattro amiche, decidono di fare una vacanza insieme, riunendosi nella casa di Maria sul lago. Lontano dai figli, dai mariti, dal lavoro, le amiche si raccontano, senza inibizioni, le proprie personali esperienze. Nasce così una moltitudine di racconti il cui universo comune è fatto di dolore, amore, humour, vita privata e pubblica.
La casa sul lago diventa un autentico contenitore di parole, emozioni, ricordi e rabbia, l’occasione per fermare l’attimo e fare un bilancio che non vuole essere solo privato ma anche sociale.
È il grande che pochi conoscono: Juan Carlos Onetti. La sua profondità esistenziale, l’influenza faulkneriana e la creazione di una geografia immaginaria (Santa María) lo pongono a pieno diritto accanto a giganti come Borges, García Márquez e Cortázar. Onetti è considerato uno dei padri del modernismo latinoamericano.
Questo romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1954, è uno dei più celebri di Onetti: protagonista è un uomo di mezz’età, un tempo grande stella del basket, e ora malato di tubercolosi, che si trasferisce in un paesino di montagna per curarsi nel sanatorio locale.
L’arrivo dell’uomo, il suo esilio volontario in una villa lussuosa, l’avvicendarsi di due donne al suo fianco, stravolgono la calma polverosa della cittadina. Fra illazioni, sospetti e un colpo di scena finale, questo romanzo breve e poderoso ci regala uno dei momenti più alti della letteratura latinoamericana del Novecento.
Il marmo
César Aira è un autore straordinario non solo nel panorama letterario latinoamericano contemporaneo. La sua produzione è caratterizzata da alcune peculiarità molto interessanti. Innanzitutto, è incredibilmente prolifico: ha scritto oltre 100 opere, per lo più brevi romanzi o “novelas” che spesso non superano le 100 pagine. Questa brevità è parte integrante del suo approccio letterario.
Poi, Aira scrive seguendo un metodo che lui stesso ha definito “fuga in avanti” (fuga hacia adelante). Non rivede né corregge ciò che ha scritto, ma continua semplicemente ad avanzare, accettando le contraddizioni o gli errori come parte integrante dell’opera.
Ancora, le sue storie spesso iniziano in modo realistico per poi deviare verso l’assurdo, il fantastico o il surrealista. Situazioni ordinarie diventano progressivamente più strane e imprevedibili. All’interno inserisce spesso riflessioni sul processo di scrittura stesso.
Un esempio è nel breve romanzo qui selezionato tra le (purtroppo) poche opere tradotte in italiano. Non avendo moneta per dargli il resto, il cassiere di un supermercato offre al protagonista del romanzo la scelta tra una miriade di cianfrusaglie. Rassegnato, l’uomo pesca a caso una confezione di pile made in China, un occhio di plastica, una forcina dorata, un anello di bigiotteria e una macchina fotografica grande quanto un dado.
Ignora che di lì a poco lo attende un’avventura incredibile, in cui ciascuno di quegli oggetti apparentemente insignificanti si rivelerà invece, per sua fortuna e per lo spasso del lettore, indispensabile per procedere nel suo percorso a ostacoli.
Anche qui, con la sfacciataggine di un bambino e l’innocenza di un artista geniale, Aira ottiene l’impensabile: creare la sensazione che il suo racconto si vada costruendo frase dopo frase, nel puro presente del lettore.
La donna abitata
Lei, Gioconda Belli, è nicaraguense. E si sente. Questo è il romanzo della rivoluzione sandinista, scritto in un crescendo di suspense dalla più nota scrittrice del Nicaragua. È la storia di due donne, vissute in epoche diverse, la prima un’india che combatte contro i conquistadores e la seconda una donna moderna, che vive sotto una feroce dittatura centroamericana.
Le loro vite s’incontrano magicamente nell’amore e nella guerriglia. Il resto è storia. Anzi, letteratura.
Poesie d’amore e di vita. Testo spagnolo a fronte
Non c’è letteratura senza poesia. E quindi il nostro primo fuori sacco di questa lista dei migliori di Macity non poteva non essere una raccolta di Pablo Neruda.
Un’antologia che raccoglie il meglio della produzione di Neruda, dalle composizioni giovanili ai grandi libri della maturità. In questa scelta si trovano riuniti i temi classici della poesia del grande cantore cileno, l’amore, la lotta, gli ideali, la natura, la memoria, temi che la parola intensa e vibrante del poeta fa emergere con forza dalle pagine accompagnando il lettore lungo un percorso che lo avvicinerà progressivamente al suo mondo interiore.
Un Neruda che sa dar voce alle eterne, radicali esigenze del cuore umano, un dono raro che ha contribuito a farne uno dei poeti più amati e popolari del Novecento.
Salvo il crepuscolo
Secondo fuori sacco, secondo libro di poesie. Molto atipiche. Durante il suo lungo percorso letterario Julio Cortázar ha sempre scritto poesia, considerandola un rifugio, un luogo dove tornare a casa.
Quando ormai sapeva di essere prossimo alla morte volle sistemare il suo corpus poetico in questo libro, che perciò viene considerato dalla critica il suo testamento artistico. “Salvo il crepuscolo” consiste di circa centocinquanta poesie, ma offre anche godibilissime pagine in prosa che fanno da contrappunto ai versi.
In questi brani, un Cortázar ormai consacrato racconta in una sorta di laboratorio creativo il suo stesso compito di selezione e sistemazione della raccolta: lo vediamo rovistare in vecchi cassetti, trascrivere versi recuperati da fogli e scontrini, da pagine strappate o preziosi quaderni di carta giapponese, tracciando così una cronistoria interna al libro stesso.
Le forme si alternano con ironia e profondità, come in ciascuna delle opere dell’autore argentino, mentre vediamo sfilare una sequela di personaggi o di figure con cui l’autore instaura un ideale, brillante dialogo: da Dafne a Mallarmé, da Poe a Holderlin, da Giulio Cesare a Rilke, da Marco Polo a Janis Joplin.
Qui trovate tutti gli articoli con i Migliori libri di Macity raccolti in un’unica pagina.