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I migliori libri per conoscere Berlino

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Berlino è una città che si racconta attraverso mille voci diverse, proprio come le pagine dei libri che abbiamo selezionato per voi. È una metropoli che ha vissuto sulla propria pelle le cicatrici della storia e che, come una fenice, è risorta più volte dalle proprie ceneri, trasformandosi ogni volta in qualcosa di nuovo e sorprendente. Attraverso queste letture, vi guideremo in un viaggio che va ben oltre le classiche guide turistiche, per scoprire l’anima di una città che è stata teatro di rivoluzioni, crocevia di spie durante la Guerra Fredda e oggi è capitale dell’arte contemporanea e dell’innovazione.

Dai romanzi storici alle memorie personali, dalle cronache del Muro alle storie della vivace scena culturale contemporanea, ogni libro di questa lista racconta un pezzo diverso del caleidoscopio berlinese. Sono opere che ci portano tra i vicoli di Kreuzberg e i viali di Unter den Linden, nei bunker della Seconda Guerra Mondiale e nei club più underground di oggi, permettendoci di comprendere come mai Berlino continui a essere un magnete irresistibile per artisti, sognatori e viaggiatori da tutto il mondo.

Qui trovate tutti gli articoli con i Migliori libri di Macity raccolti in un’unica pagina.

migliori libri guida


La chiave di Berlino

Romanzo fondamentale di Vincenzo Latronico: «Nessun’altra città è così piena di vuoto». Al volgere del millennio i grandi vuoti di Berlino, le cicatrici lasciate dal ventesimo secolo sul tessuto della città, si riempiono: dei sogni di una generazione che da tutta Europa ne fa il luogo di una promessa; del desiderio di chi vi cerca la trasgressione e l’estasi dei rave e dei sex party; delle nostalgie degli expat di tutto il mondo, fra cui moltissimi italiani, che a Berlino hanno cercato una nuova vita, fortuna o oblio.

Scrivendo di Berlino, Vincenzo Latronico scrive il romanzo di formazione di una generazione. «Questo romanzo – scrive Veronica Raimo – è il racconto di una città e di chi l’ha attraversata negli ultimi venti anni. Latronico fa i conti con la falsa coscienza collettiva e individuale scrivendo un libro politico, profondo e commovente su ciò che è irrimediabilmente perduto, su ciò che resta, ma soprattutto sulla possibilità di un’utopia che non assomiglia né a un rimpianto, né a un’idealizzazione».

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Gli annegati

Stranissimo e potentissimo romanzo di Lorenzo Monfregola. Arthur Cipriani apre gli occhi e tutto ciò che ha attorno è acqua, acqua in ogni dove, e luci che scivolano lungo la riva nel buio mentre la corrente lo trascina via: come è finito a bagno nella Sprea, il fiume che taglia in due Berlino, con tutti i vestiti addosso e nessun ricordo di ciò che è accaduto?

A fatica riesce a raggiungere una sponda, sente un dolore trafiggergli il petto, là dove un misterioso livido rosso gli copre lo sterno. Ma cosa gli è successo? E che fare ora? Arthur non lo sa, ma l’unico modo per capirlo è andare avanti. Ogni risalita verso la luce inizia da una discesa, e quella nella notte della capitale tedesca è una caduta in picchiata tra fantasmi stroboscopici e allucinazioni sintetiche.

L’unica chance per rintracciare i brandelli della sua esistenza è lanciarsi nell’ignoto, rimbalzando di taxi in taxi da un’orgia a cielo aperto a una rissa tra impasticcati, da una serata technotrance a una convention di startupper in fibrillazione, da una performance artistica a base di urina all’amore per una spacciatrice tatuata di nome Kimiko. Con questo suo esordio Lorenzo Monfregola scrive il “Pasto nudo” della generazione Erasmus. Un gorgo romanzesco di caos, violenza e cinismo in cui assieme al lettore annegano le delusioni e le speranze del contemporaneo.

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Grand Hotel

Scritto dall’austriaca Vicki Baum, il romanzo è ambientato a Berlino, in un lussuoso hotel immaginario che rappresenta un microcosmo della società del tempo. L’opera è una delle prime a mescolare il genere drammatico e il sociale, offrendo uno spaccato della vita di vari personaggi durante gli anni Venti del Ventesimo secolo.

Pubblicato in Germania nel 1929, presto tradotto in tutta Europa, già nel 1932 era diventato quel film da Oscar (con Greta Garbo e John Barrymore) che oggi ricordiamo meglio del romanzo che ne era all’origine: con la battuta finale -“Grand Hotel, gente che va, gente che viene” – che volgarizzava la fine del libro: “Si entra, si esce. Si entra, si esce. Si entra, si esce. D’altro canto, è cosi che è la vita”.

Difatti è l’ambientazione – il Grand Hotel, appunto, in quegli anni simbolo popolare di vita privilegiata e moderna, sogno di massa -, il principale fattore, forse, del grande successo di lettori. “Gli hotel offrono opportunità infinite”, scrive Monica Ali. Ogni ospite potenzialmente ha una storia. Altre storie nascono quando gli ospiti interagiscono. Basta il ruotare di una porta girevole.

Il romanzo di Vicki Baum dimostra questo principio alla perfezione. Sei persone si fermano in un albergo e nei successivi cinque giorni le loro vite si intrecciano. Il romanzo si muove tra personaggi storie e luoghi diversi e solo il Grand Hotel fa da collante a tutti questi frammenti. Un movimento frenetico, che trascina il tragico passato di ciascun personaggio in un’apparente pausa del presente in cui al contrario i destini si compiono.

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C’era una volta la DDR

Di cosa si parla quando si parla delle due Germanie prima della caduta del Muro? Ce lo spiega Anna Funder. Fonti ufficiose affermano che nella Germania dell’Est gli informatori al servizio della Stasi, la potente polizia segreta, fossero una persona ogni sei abitanti e nel dopo-1989, all’apertura degli archivi, con grande sorpresa si è scoperto quante famiglie allevassero al proprio interno informatori incaricati di riferire allo stato i pensieri e le aspirazioni dei propri familiari.

In un libro scritto con una suggestiva tonalità narrativa, Anna Funder ci riconduce in quell’esperienza, ascoltando sia ex funzionari governativi e informatori, sia persone che hanno avuto la vita spezzata da una repressione immotivata.

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Addio a Berlino

La capacità affabulatoria di Christopher Isherwood è incredibile. «Io sono una macchina fotografica con l’obiettivo aperto» dichiara l’alter ego di Christopher Isherwood arrivando nell’autunno del 1930 a Berlino. Un obiettivo – si può aggiungere – inesorabile, attraverso il quale partecipiamo come dal vivo ai suoi incontri nel cuore pulsante di una Repubblica di Weimar che si avvia al suo fosco tramonto: da un’eccentrica, anziana affittacamere alla sensuale Sally Bowles, aspirante attrice un po’ svampita, a Otto, ombroso proletario diciassettenne, a Natalia Landauer, rampolla di una colta famiglia ebrea dell’alta società.

Tra cabaret e caffè, tra case signorili e squallide pensioni, tra il puzzo delle cucine e quello delle latrine, tra file per il pane e le manifestazioni di piazza, tra crisi economica e cupa euforia, Isherwood mette in scena «la prova generale di una catastrofe» e ci fa assistere alla resistibile ascesa del nazismo.

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Berlin Alexanderplatz

Il capolavoro di Alfred Döblin. Ex cementista e scaricatore berlinese, Franz Biberkopf è appena uscito di galera, dove ha scontato quattro anni per aver ucciso la sua compagna nella furia di una lite. Fuori lo attende una metropoli in continuo fermento, un cantiere di eterni scavi e masse inquiete, una «città-alveare» – come la definì Ladislao Mittner – sempre più disgregata e implacabile.

Franz fatica a trovare il proprio posto e tenta in ogni modo di rifarsi una vita restando onesto. La sua è una lotta titanica, perché ogni persona che incontra sembra volerlo riportare sulla vecchia strada.

Considerato da molti il corrispettivo tedesco dell’Ulisse di Joyce, questo libro di Döblin è un testo capitale dell’espressionismo europeo dal quale hanno tratto ispirazione numerosi autori, da Brecht a Fassbinder. Un ritratto intensissimo del sottoproletariato urbano tedesco negli anni Venti del Novecento e un potente manifesto antibellico, che dimostra come l’oscurità possa assumere, e abbia assunto, molteplici forme.

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Ognuno muore solo

Cos’altro si può dire che non abbia già scritto Hans Fallada? È “il libro più importante che sia mai stato scritto sulla resistenza tedesca al nazismo”, scrisse Primo Levi. Questo testo, uscito nel 1947, è una rielaborazione letteraria dell’inchiesta della Gestapo che portò alla decapitazione due coniugi berlinesi di mezz’età. Una spietata caccia all’uomo, con tanto di bandierine sulle carte, guidata da investigatori tanto tecnicamente capaci quanto irrazionalmente mossi da un fanatismo assurdamente sproporzionato agli scopi. E probabilmente le ragioni dell’oblio e della riscoperta stanno appunto nel fatto che è un romanzo sulla resistenza.

Un romanzo sulla resistenza e sulla disperazione. Contrastante, quindi, con il luogo comune di un Hitler che non conobbe oppositori tra la gente ordinaria, unita nella colpa collettiva. Fallada racconta di poveri eroi. Anna e Otto Quangel, lui caporeparto lei casalinga, come tutti i loro pari soli e addormentati e poco prima ancora abbagliati dal Fiihrer, conoscono un risveglio dopo la notizia della morte del figlio al fronte, e cominciano a riempire alcuni caseggiati della loro Berlino con cartoline vergate in modo incerto di appelli ingenui di ribellione.

Lo fanno per comportarsi con decenza fino alla fine, ben sapendo che morranno e sicuri che nel vicino incontreranno più facilmente il delatore. L’autore li illumina, scorgendo in loro una specie di coscienza della nazione, rappresentata dai tanti volti intorno, espressioni di un popolo spaccato in due, chi opprime e chi è sepolto nella sua paura.

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A passeggio per Berlino

Uno stranissimo ma ricchissimo libro. Alla fine del 1920 Joseph Roth si trasferisce a Berlino, collaborando con la Frankfurter Zeitung e altri quotidiani. Proseguendo la tradizione viennese del feuilleton, Roth porta questo genere a una moderna forma di reportage letterario, e si pone come appassionato testimone e acuto osservatore della vita sociale del suo tempo.

I reportage qui raccolti ci offrono una sorprendente e personale visione della Berlino degli anni Venti, una città che si propone come asilo per rifugiati ebrei, russi, turchi, armeni, greci, una metropoli di persone senza fissa dimora, di mendicanti, di senzapatria che lottano per la propria sopravvivenza. Roth accompagna il lettore alla scoperta di luoghi significativi, primo fra tutti lo Scheunenviertel, il quartiere che un tempo dette rifugio ai molti ebrei esuli dell’Europa dell’Est, un mondo vitale e variopinto che “puzza di cipolle, pesce, grasso e frutta”, e di cui Roth si serve anche per fare una sofferta e acuta riflessione sulla questione ebraica.

Ma c’è anche la Berlino delle avanguardie, dal volto moderno, borghese e benestante, cui Roth non risparmia scetticismo e ironia su temi quali il traffico, l’architettura, la politica, la moda, i grandi magazzini, il ritmo frenetico della metropoli in espansione e la commercializzazione dell’industria del divertimento.

Ogni luogo, con i suoi bizzarri ed eccentrici individui ― tra cui accattoni, prostitute, ballerine, magnaccia, garzoni di bottega, artisti ― che popolano le notti e i quartieri berlinesi, nonché la gente comune osservata nella sua quotidianità, diventa per Roth l’occasione di penetranti considerazioni storiche e sociali, descrizioni piene di simpatia nei confronti degli emarginati, e di accusa e denuncia del conformismo dei tempi nuovi che porta alla perdita di identità e all’appiattimento dell’individuo. Roth ci regala insomma un quadro variegato, divertente e sofferto di una città inquieta e in continua espansione che ha rappresentato una grande rivoluzione culturale e dei costumi.

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Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino

Christiane F. ha scritto forse il libro più famoso sulla Berlino di oggi, che è legata a qualcosa di complesso, che risale alla guerra fredda ma va oltre, arriva sino ai grattacieli di Renzo Piano. È la Berlino degli anni Settanta, nel quartiere dormitorio di Gropiusstadt. Christiane F. ha dodici anni, un padre violento e una madre spesso fuori casa. Inizia a fumare hashish e a prendere Lsd, efedrina e mandrax.

A quattordici anni per la prima volta si fa di eroina e comincia a prostituirsi. È l’inizio di una discesa nel gorgo della droga da cui risalirà faticosamente dopo due anni. La sua storia, raccontata ai due giornalisti del settimanale Stern, Kai Hermann e Horst Rieck, è diventata un caso esemplare, una denuncia dell’indifferenza della nostra società verso un dramma sempre attuale. Una testimonianza cruda, la fotografia di un’epoca.

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Il muro di Berlino. 13 agosto 1961-9 novembre 1989

Non sarebbe una serie dei migliori libri di Macity se non avesse i suoi fuori sacco. Cominciamo con quello di Frederick Taylor, che ci porta a cavallo di un’epoca incredibile. Nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961, nell’inquietante scenario di un mondo sull’orlo della distruzione atomica, Berlino venne tagliata in due da un reticolo di filo spinato che separò, talvolta per sempre, genitori e figli, fratelli, amici e amanti.

L’operazione, tanto inattesa quanto fulminea, riuscì grazie alla perfetta efficienza con cui fu compiuta. Lo scopo dichiarato di Walter Ulbricht, il leader tedesco orientale che l’aveva ordinata, era porre fine al continuo esodo di popolazione verso la parte occidentale della città (ancora controllata dalle forze armate di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia), unico ponte per raggiungere la ricca Germania Ovest.

La mossa si rivelò vincente: nonostante l’angosciato sgomento di 4 milioni di berlinesi e lo sdegno dell’opinione pubblica mondiale, divenne subito chiaro che ogni reazione era di fatto impossibile, e comunque troppo rischiosa. Intrecciando dati ufficiali, fonti d’archivio e testimonianze personali, Frederick Taylor racconta tre decenni della storia di una capitale e di una grande nazione europea che, in un lungo e tormentatissimo dopoguerra, improvvisamente si trovarono spaccate a metà.

Oltre che sulle trame politiche, l’interesse di Taylor si concentra sulla vita quotidiana, sulle paure e sulle speranze dei berlinesi prigionieri che, con sempre più ingegnosi e disperati tentativi di fuga, favorirono paradossalmente la trasformazione dell’originario reticolato nell’alto muro che li avrebbe privati a lungo della libertà.

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Il cielo diviso

Secondo fuori sacco a margine della lista dei migliori libri di Macity dedicati a Berlino: questa volta è Christa Wolf che ci porta fuori dal mondo normale e dentro le fantasie e i sogni di una città incredibile. Oggi sono passati più di 30 anni da quando questo libro è stato pubblicato per la prima volta in Germania. In questo arco di tempo il Muro di Berlino è stato abbattuto.

Eppure la storia d’amore di Rita e Manfred, storia cresciuta e naufragata all’ombra di quel Muro e dei grandi eventi storici e esso collegato, non ha perso neanche un briciolo della sua forza emotiva e metaforica. I due giovani sono ancora lì, sotto gli occhi del lettore, nel momento in cui si uniscono in un innocente progetto di vita comune e poi, nemmeno due anni dopo, quando questo stesso amore si spezza sotto l’arida pressione della Storia. Allora le differenze ideali e di temperamento dei due prevalgono e le loro strade si separano.

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Zonenkinder. I figli della Germania scomparsa

Terzo e ultimo fuori sacco è dedicato al passaggio storico dalla Germania divisa a quella riunificata. Berlino, 9 novembre 1989: cade il muro che per 28 anni ha tagliato in due la città. L’apertura della frontiera tra le due Germanie – uno dei confini più sorvegliati al mondo – segna la fine di un’epoca.

Per la Germania comunista, invece, segna l’inizio della fine: esautorato il regime, prende il via una serie di cambiamenti che porteranno alla riunificazione con la Germania occidentale il 3 ottobre 1990 e alla scomparsa dello stato dalle carte geografiche. Un intero mondo di valori culturali e materiali cancellato a tappe forzate: la vita, il pensiero e lo stesso modo di esprimersi dei tedeschi dell’Est ne risulteranno stravolti. Come lo vissero i diretti interessati?

Questo libro sui figli della Germania scomparsa ci dà una risposta. È la testimonianza di una generazione che nel 1989 ha sperimentato al tempo stesso la fine di uno stato e della propria adolescenza. Osservatrice e assieme protagonista dei fatti narrati, l’autrice rende conto in queste pagine di uno shock culturale vissuto da milioni di persone.

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