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FBI contro Apple «È da idioti impedire di accedere ai telefoni»

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Un esperto in informatica forense che lavora per l’FBI ha attaccato Apple definendo le persone che lavorano nei team di sicurezza “idioti” e “geni del male” per le modalità che rendono estremamente complesso aggirare le impostazioni di cifratura integrate nei dispositivi.

Oggetto del contendere è l’annosa questione dell’impossibilità di accedere, senza la volontà dell’utente, a telefoni bloccati. Stephen Flatley, parlando mercoledì a New York nel corso dell’International Conference sulla cybersicurezza ha fatto l’esempio di Apple come azienda che rende difficile per lui e i suoi colleghi l’accesso agli iPhone con i meccanismi che rallentano i possibili tentativi dopo prove sbagliate. Come noto iPhone può essere bloccato con il Touch ID (o con il volto nel caso di iPhone X); quest’ultimo meccanismo consente solo cinque tentativi non riusciti prima che sia necessario inserire il codice di accesso.

Per dissuadere ulteriormente eventuali pirati informatici dal tentare dall’individuare il codice di sblocco, vengono applicati ritardi sempre più̀ lunghi dopo l’inserimento di un codice errato in “Blocco schermo”. Se Impostazioni > Touch ID e codice > Inizializza dati è attivato, l’intero contenuto del dispositivo verrà̀ cancellato automaticamente dopo 10 tentativi errati consecutivi di inserimento del codice.

Apple Vs FBI

La posizione dell’FBI su questo tema continua a essere quella di sempre, anche dopo il siluramento dell’ex direttore James Comey. Il suo sostituto, Christopher Wray, in una conferenza stampa ha recentemente espresso le sue perplessità, spiegando che, nonostante i mandati, l’agenzia non è riuscita ad accedere al contenuto di 7.775 dispositivi nel corso dell’anno fiscale che si è concluso il 30 settembre 2017. A suo dire, la cifratura è “un grave problema per la sicurezza pubblica”, ha invitato le aziende a lavorare con il Governo per “trovare in fretta una via d’uscita” e a suo dire l’FBI non ha alcun interesse nello sbirciare nel privato degli utenti attraverso gli smartphone.

L’ex capo dell’FBI, Comey, sulla questione era su posizioni completamente diverse da quelle di Tim Cook, Ceo di Apple che, lo ricordiamo, aveva definito “agghiaccianti” le richieste dei federali (un software o una backdoor per accedere sempre e comunque ai dispositivi protetti), evidenziando possibili implicazioni pericolose su scala globale.

“Nello specifico, l’FBI vuole che facciamo una nuova versione del sistema operativo dell’iPhone, aggirando alcune importanti funzioni di sicurezza, installandolo poi su un iPhone recuperato durante le indagini” aveva spiegato Cook. “Nelle mani sbagliate, questo software – che a oggi non esiste – potrebbe consentire di decrittare qualsiasi altro iPhone in mano a qualcuno. L’FBI potrebbe descrivere in modi diversi questo strumento, ma non fatevi ingannare: costruire una versione di iOS che bypassa la sicurezza in questo modo creerebbe senza dubbio un accesso secondario. E mentre il governo potrebbe dire che il suo utilizzo sarebbe limitato a questo caso, non c’è modo di garantire che sia così”.

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