Lenovo smentisce quanto asserito ieri dal sito AFR (Australian Financial Review) a proposito della presenza di una backdoor integrata nei loro sistemi che consentirebbe l’accesso in remoto all’insaputa dell’utente. Stando a quanto aveva riportato il sito in questione, in seguito a questa scoperta i servizi d’intelligence della difesa del Regno Unito, Stati Uniti, Australia, Canada e Nuova Zelanda avrebbero bloccato l’acquisto di PC di questa marca.
A detta di Lenovo le affermazioni in questione non sono veritiere e in una comunicazione (inviata anche a Macitynet) evidenzia lo statement reso pubblico dal Dipartimento della Difesa Australiano, ora disponibile sul loro sito web, nel quale non si chiarisce ad ogni modo se la backdoor è presente o no, ma solo che Lenovo non è accreditata a vendere al Dipartimento della Difesa e alla sua rete materiale “classificato” (con specifici nulla osta di sicurezza) e “non classificato”. Il mancato accreditamento insomma non smentisce e non conferma la presenza di backdoor.
Quanto riportato dal Dipartimento della Difesa, non costringe, infatti, a fare marcia indietro l’Australian Financial Review: “Siamo rimasti sopresi” si legge in una dichiarazione, “poiché prima di pubblicare l’articolo abbiamo passato due giorni avanti e indietro contattando il Dipartimento con una semplice richiesta: confermate o ritrattate, per cortesia, se esiste o no un divieto sui prodotti Lenovo, come a noi era stato fatto sapere? In nessuna delle innumerevoli conversazioni con la Difesa è stata negata la presenza del divieto”.
A contribuire probabilmente a creare confusione, il fatto che in precedenza il Dipartimento della Difesa usava computer IBM. Con l’acquisizione da parte di Lenovo della divisione che produceva e commercializzava i sistemi a tecnologia x86, il contratto non è stato rinnovato e qualche dirigente del Dipartimento potrebbe aver erroneamente interpretato il mancato rinnovo dei contratti come assenza di requisiti di sicurezza.