Ken Segall è stato il creative advertising director che tante volte ha lavorato a stretto contatto con Steve Jobs e uno degli artefici della resurrezione di Apple; ha scritto tempo addietro un libro per spiegare la filosofia della semplicità estrema che Jobs ha applicato ai prodotti e al business Apple, e da tempo cura un blog personale aggiornato in modo irregolare ma sempre interessante per i vari aneddoti raccontati, apprezzati da chi ama il mondo della Mela e della pubblicità. L’ultimo racconto arriva dopo la visione degli spot del Super Bowl.
In occasione di questo evento, il più importante campionato di football americano al mondo, le aziende fanno a gara per trasmettere spot particolari, creati spesso per l’occasione e normalmente destinati a essere ricordati negli anni a venire (per lo meno dalle persone che amano questo genere di cose). Non sono molte le aziende che possono trasmettere spot in queste occasioni, giacché 30 secondi in onda possono costare fino a 5 milioni di dollari. I pochi brand che possono prendersi il lusso di farlo (ricevendo in cambio un’attenzione enorme da parte di media e pubblico) scelgono dunque normalmente con molta cura il filmato promozionale da mandare in onda durante gli intervalli.
In occasione del Super Bowl del 1985, esattamente un anno dopo la messa in onda del bellissimo spot noto come “1984”, Apple trasmise “Lemmings”, una pubblicità che non fu per nulla gradita da pubblico ed esperti del settore. Segall racconta che all’epoca era un umile copywriter che lavorava negli uffici di New York della Chiat/Day Advertising.
A livello nazionale, l’agenzia in questione aveva una splendida reputazione per i suoi pluripremiati lavori creativi realizzati per conto di aziende quali Apple e altri importanti clienti che si presentavano nei suoi uffici di Los Angeles. Era da qui che il creative leader Lee Clow e il creative director di Apple, Steve Hayden, lavoravano. L’ufficio di New York non riusciva a decollare, con 20/30 persone che si occupavano di una piccola lista di clienti rispettabili ma il lavoro era essenzialmente conquistarne di nuovi. Allo scopo Jay Chiat in persona si trasferì a New York in modo da poter essere d’aiuto. Jay era già all’epoca una “leggenda” nel mondo della pubblicità. Nei suoi viaggi aveva sviluppato relazioni con l’agenzia londinese Collett Dickinson Pierce (CDP), che portò a un programma di “scambi culturali” con un team della CDP invitato a lavorare negli uffici di New York dell’agenzia.
Un giorno, Jay riuscì a coinvolgere i creativi della sede di New York in un’importante proposta del reparto account (quello che si occupa di fare da tramite tra il cliente e l’agenzia). General Electric era alla ricerca di una nuova agenzia per curare le pubblicità pensate per il comparto clienti business, e riuscire a ottenere quell’incarico avrebbe permesso di avviare molti cambiamenti. Per molte settimane l’obiettivo principale dell’agenzia divenne la creazione di una brillante campagna pubblicitaria per la GE.
L’idea elaborata in collaborazione con gli inglesi prevedeva di mostrare uomini che marciavano verso un precipizio, alla stregua dei lemmings (i roditori noti secondo la nozione comune perché commettono suicidi di massa durante le migrazioni), mostrando il salto nel vuoto mentre una voce fuori campo avrebbe dovuto descrivere le difficoltà economiche del paese. Si voleva evidenziare che il mondo imprenditoriale americano aveva bisogno di una “svegliata” e che GE era l’azienda giusta per guidare la carica. Lo spot terminava con una dicitura che invitava ad acquistare i giornali del giorno dopo per sapere in che modo GE avrebbe potuto rinvigorire il mondo imprenditoriale statunitense.
L’idea era buona ma si decise di cambiare completamente lo spot, trasformandolo in qualcosa di psicologicamente più emozionante: un impassibile e nudo Zio Sam visibile dalla sola vita in su con addosso nient’altro che il cappello; la mano di qualcuno dall’esterno lo schiaffeggiava e una voce fuori campo sciorinava statistiche per evidenziare il declino dell’American business. Al terminare delle statistiche e dell’ultimo schiaffo ricevuto, lo Zio Sam avrebbe preso con forza la mano che lo schiaffeggiava buttandola fuori dall’inquadratura. Nel claim a questo punto si spiegava che GE avrebbe fatto la sua parte per restituire all’America la crescita economica.
Nonostante il potere emotivo dello spot, a GE non piacque né l’idea dei lemmings, né l’idea dello Zio Sam e decise di rivolgersi a un’altra agenzia. Qualche tempo dopo arrivò una comunicazione dall’ufficio di Los Angeles. Dopo lo spot “1984”, Apple aveva chiesto a Chiat/Day un altrettanto potente spot per il prossimo Super Bowl. L’ufficio di Los Angeles era alla ricerca di idee valide e chiesero ai colleghi di New York di dare una mano. L’obiettivo della nuova pubblicità era spingere Apple nel mondo business grazie a una combinazione di prodotti hardware e software denominati “Macintosh Office”. A New York erano elettrizzati dall’idea di poter creare uno spot per il Super Bowl: endorsement che avrebbe consentito loro di diventare delle celebrità nel campo.
Creare un sequel per una grande storia non è ad ogni modo facile. Segall e compagni di avventura non riuscivano a trovare idee valide e neanche dal team nell’altra città arrivavano suggerimenti incoraggianti. A un certo punto qualcuno si ricordo dell’idea per GM che era stata riposta nel cassetto e, com’è facile immaginare, lo spot fu riadattato per il cliente Apple. Anziché raccontare il declino dell’American business, il copy (il testo narrativo usato nella comunicazione pubblicitaria) era incentrato su come il mondo imprenditoriale USA fosse incastrato e aveva bisogno di qualcosa di meglio. L’idea piacque all’agenzia e anche a Steve Jobs. E fu così che Lemmings divenne lo spot di Apple trasmesso in occasione del Super Bowl del 1985.
Rispetto a quanto si vede oggi, lo spot sembra orribile ma Segall spiega che, tutto sommato, non è così male rispetto agli standard dell’epoca. Dal punto di vista strategico si è rivelato un disastro; “insultava” il pubblico che avrebbe dovuto sedurre ma non solo: i prodotti dei quali si parlava, non erano disponibili immediatamente dopo il Super Bowl e i potenziali clienti non avevano modo di trovare/provare ciò che avevano visto pubblicizzato; una situazione, per dirla in poche parole, senza via di uscita. Lo spot “riciclato” non funzionò e oggi è soltanto ricordato per essere stato il più brutto di sempre di Apple. Il leggendario “1984” è ancora tutt’oggi il più amato, apprezzato e ricordato non solo dagli utenti Mac ma anche dagli esperti del settore pubblicitario.