Lee Jae-yong, vicepresidente e, di fatto, il capo di Samsung Electronics, è stato condannato a due anni e mezzo di prigione da un tribunale di Seoul, accusato di corruzione.
Lee è stato giudicato colpevole dall’Alta Corte di Seoul per avere corrotto l’ex presidente Park Geun-hye e la sua assistente al fine di avere il sostegno del governo per una fusione tra due consociate di Samsung, decisione che avrebbe permesso di ottenere maggiore controllo sul conglomerato.
Dopo la lettura della sentenza, l’uomo è stato immediatamente sottoposto a fermo. Per le stesse accuse nel 2017 Lee era stato condannato da un tribunale distrettuale a cinque anni di prigione. Era stato liberato nel 2018 dopo che un tribunale di appello aveva disposto la sospensione della pena. Nel 2019 la Corte suprema ha ordinato un nuovo processo, ritenendo che il giudice di appello avesse erroneamente respinto alcune delle accuse contro Lee.
La Corte Suprema ha stabilito che i tre cavalli e altri favoritismi concessi da Lee e da dirigenti Samsung all’ex presidente sudcoreana Park Geun-Hye sono da considerarsi tangenti per un valore di 8.6 miliardi di won (quasi 7 milioni di dollari).
A maggio dello scorso anno, il leader di fatto di Samsung era apparso anche in televisione per chiedere scusa per il coinvolgimento del conglomerato sudcoreano nello scandalo, ammettendo comportamenti eticamente discutibili nati da “problemi di successione”, promettendo che simili questioni non sarebbero mai più accadute, assicurazione che, evidentemente, non è bastata all’Alta Corte di Seoul.
L’uomo di Samsung non è nuovo ad attività poco chiare ed è sotto processo anche per una presunta attività di manipolazione del prezzo delle azioni, nell’ambito di altre due affiliate di Samsung.