Scegliamo Coda (solo omonimo dell’IDE per scrivere codice su macOS e su iOS) perché è l’ultomo arrivato e, a parole, uno dei più interessanti. Ma è comunque la dimostrazione che c’è fame di novità e di cambiamento. Soprattutto dal punto di vista dei documenti digitali. Vediamo prima cosa farà Coda e poi cerchiamo di spiegare che cosa in generale sta succedendo.
Coda è un progetto in fase di startup per realizzare uno strumento unico e programmabile per gestire tutte e tre le tipologie di documenti che le persone utilizzano solitamente in team: fogli di calcolo, documenti e presentazioni. A queste aggiungiamo anche l’idea di app, cioè l’idea che un team che collabora – oramai l’unico scenario possibile per quanto riguarda il lavoro di concetto. Secondo Coda “è arrivato il momento di rimettere tutto assieme”.
L’idea di base di Coda, molto corretta ad avviso di chi scrive, è che i documenti non sono cambiati negli ultimi 40 anni. Neanche di un millimetro. Ad esempio, il foglio di calcolo è nato negli anni Settanta per i contabili e da allora ci sono stati solo aggiornamenti per l’interfaccia e nuove funzionalità di lavoro ma sempre parliamo di celle in un foglio di calcolo. La sostanza non è per niente cambiata.
Il problema non è solo questo, però: il software pacchettizzato – quello che usiamo da molto tempo – ha creato i problemi maggiori. Infatti siamo sommersi letteralmente da strumenti per la produttività che promettono soprattutto dal cloud di cambiare e migliorare la nostra produttività. E invece l’effetto è all’opposto: creano solo dei silos, cioè dei contenitori isolati gli uni dagli altri. E alla fine sono i documenti classici (quelli del pacchetto di Office della Microsoft per intendersi) gli unici con cui risolvere i problemi. I testi si mandano in un allegato doc, la lista dei partecipanti a una riunione in un foglio di calcolo Excel, le immagini e altro in un pdf/ppt.
Secondo Coda i doc e i fogli di calcolo dominano ancora il mondo. E loro li considerano molto improtanti, perchè sono leggeri e flessibili. E, a differenza delle app, chiunque può creare un documento. Ma i documenti di adesso non sono all’altezza dei bisogni del mondo attuale, basato sulla collaborazione.
L’idea di Coda, quindi, è semplice: un unico documento collaborativo che può essere programmato e che contiene tutto: parole, numeri, immagini, animazioni. E che non crea problemi. È pensato come uno strumento per il mondo delle aziende o per la produttività di piccoli gruppi di persone che vogliano collaborare senza fare un ping pong di fogli di calcolo e doc. Tutto in un unico posto. con uno spazio di crescita infinito. Praticamente, dicono quelli di Coda per definire il loro approccio, un Minecraft dei documenti, che permette di creare approcci diversi a seconda delle abitudini: alla Trello, stile Gantt, e tutti e due i modelli possono convivere ed essere usati contemporaneamente da utenti diversi.
A prescindere da come sarà davvero Coda e quale risultato porterà (se volete iscrivervi alla beta potete farlo qui) le valutazioni fatte da questo gruppo di lavoro rientrano come si diceva al principio in un problema più ampio: al forma dei documenti di oggi. Anzi, l’idea stessa di documento e di app. Perché non sono necessari e scontati. Anzi.
Un esempio. La funzione di autosalvataggio, traformata poi in scrittura diretta dei cambiamenti sulla memoria (il modello di iOS, quest’ultimo) è una piccola rivoluzione arrivata da pochi anni non perché non si potesse fare prima, ma perché ci eravamo talmente abituati mentalmente all’idea di salvare il documento (o salvarlo con nome), che la creazione di documenti che sono già scritti sul drive man mano che vengono prodotti – senza lo stato intermedio del -temp- di windowsiana memoria – è stata considerata una rivoluzione stratosferica.
Eppure i documenti avrebbero sempre dovuto essere così: scritti su supporto stabile anziché tenuti solo in memoria di lavoro, cioè nella ram. Perché se salta la corrente, o comunque la memoria si corrompe, si perde tutto. Allora perché non metterli sul drive? Era solo la lentezza del drive (magari perché non era fisso ma bisognava cambiare dischetto) a suggerire negli anni Settanta (si avete letto bene, negli anni Settanta) di non farlo. A partire da metà degli anni Ottanta si sarebbe potuto tranquillamente avere un documento con uno stato fluido ma coerente, con versioni e aggiornamenti, lungo una linea del tempo o lungo più filoni di sviluppo., Il cloud e comunque sistemi di versionamento e collaborazione come Git (modifiche, staging, commit) hanno abbondantemente studiato e risolto questo tipo di problemi.
Tutto questo per dire che siamo forse arrivati a un punto di rottura. Cose come Google Docs hanno iniziato a incrinare il predominio monopolistico dei formati da parte di Microsoft, ma questo è stato solo l’inizio. La nascita di sistemi per collaborare basati sui flussi di parole (Slack), sugli item (Trello) e sui documenti (Quip e GoogleDocs) hanno aperto vari fronti in maniera disorganica e sensa che una soluzione credibile sia emersa dalla rete. Coda e altri stanno provando a protare avanti la cosa, sino al prossimo livello. Ma quale sarà la soluzione? Probabilmente il superamento dell’idea di documento così come lo conosciamo e la mescolanza di app che rendono difficile coordinare in maniera efficace il lavoro.