S’infiamma il dibattito legato alle ultime dichiarazioni del premier inglese David Cameron, che dopo gli avvenimenti terroristici di Parigi ha proposto di vietare la crittografia dei dati nelle applicazioni di comunicazione, o quantomeno di crearne un possibile accesso per i governi. L’ultimo intervento è quello di Ladar Levison di Lavabit, il servizio di email crittografata che ospitava l’account di Edward Snowden, ora chiuso dopo che gli USA hanno obbligato a Levison di aprire la sua chiave crittografica.
Non ha mezze misure il fondatore di Lavabit e definisce Cameron un “Folle se è davvero serio nel voler dare al governo la possibilità di spiare tutti”. Levison elabora poi ulteriormente il suo pensiero: “Pensate a quante informazioni sono state rubate online già l’anno scorso – ha detto, riferendosi agli hack di Sony, Target e Home Depot. La creazione di “backdoor” per gli Stati Uniti o per le autorità britanniche potrebbe rendere l’intero sistema più vulnerabile: “La crittografia sottende l’intera rete di fiducia su internet, dal download di applicazioni agli aggiornamenti bancari e dei software. Se si devono consegnare le chiavi, deve essere ben consigliato a questo punto di non utilizzare alcun servizio”.
Il dibattito coinvolge il sempre più crescente dilemma riguardo al conflitto di interessi fra la privacy e la sicurezza e la necessità di trovare un punto di incontro fra chi pensa che la privacy individuale sia un valore irrinunciabile al di sopra anche del bene comune, e chi invece sostiene che la privacy individuale debba invece cedere di fronte alla necessità di garantire la sicurezza. Levison sembra però non avere dubbi e cita in proposito Benjamin Franklin: “Coloro che rinunciano alla libertà per la sicurezza non avranno e non si meritano nessuna delle due”.