[la prima puntata è su questa pagina]
Non fai in tempo ad annunciarlo, che già inizia la sofferenza, l’attesa, il bisogno spasmodico di averlo.
Sino ad ora frustrato, almeno per la maggioranza di noi italiani. Se ritorniamo con la memoria ancora al momento del lancio dell’iPhone, al Macworld del gennaio 2007 cioè, c’è un particolare che balza alla mente. Anzi, un paio.
Il primo sono le frasi pronunciate da Steve Jobs all’inizio: «Oggi è un momento che abbiamo aspettato per due anni e mezzo. Oggi è un giorno in cui facciamo la storia”.
Da cui si evincono due cose: il progetto del telefono targato Apple viene da lontano. Nella sua fattibilità concreta, cioè il lavoro effettivamente portato avanti per realizzare l’apparecchio che tutti noi abbiamo visto milioni di volte da allora (e che qualche italiano “precursore” ha acquistato parallelamente, craccato e fatto funzionare ben prima dell’atteso lancio nel nostro Paese), gli ingegneri e i progettisti di Apple si sono mossi a partire dalla primavera del 2004. Mica poco! Anche perché, si capisce sempre dalla frase di Steve Jobs, l’ambizione era davvero notevole.
La seconda cosa è la voglia di giocare che ha Apple e Steve Jobs in particolare con tutto il pubblico. à un’emozione che i video rendono solo in parte.
Bisognava essere là , nella sala del Moscone Center a vedere e a sentire il respiro delle migliaia di persone sedute ed attente mentre il maestro di cerimonie Jobs mostrava al pubblico le tre icone: “Presentiamo oggi ben tre prodotti rivoluzionari come lo sono stati il Mac nel 1984 e l’iPod nel 2001: un iPod con schermo multitouch; un telefono, un dispositivo per andare su Internet”. E poi cominciava a ripetere sempre più velocemente “un iPod con schermo multitouch; un telefono, un dispositivo per andare su Internet” mentre le tre icone rollavano una attorno all’altra, come lati di un solido dalla geometria particolare (un cubo a tre facce). Per poi interrompersi, sovrastato da applausi e risate: “Non l’avete ancora capito? Non sono tre apparecchi: è un solo apparecchio. à l’iPhone”.
L’ambizione di Apple e di Steve Jobs con l’iPhone era ed è tutt’ora notevole. Perché dentro c’era il germe, studiato e preparato con cura, per un grande cambiamento. Apple aveva già maturato, sulle ali del successo di iPod, un cambiamento radicale del proprio business. L’impressione dall’esterno, durante il periodo dal 2003 al 2006, era che l’iPod fosse per sempre. E che nessuno lo potesse fermare. Dopo essere diventato compatibile con i Pc, aveva raggiunto una massa critica di diffusione tale da far decollare anche il piccolo business collaterale del negozio online di musica iTunes Store, e poi quello dei video (videoclip e telefilm) e ancora dei film. Inarrestabile. Maggioritario nel mercato, con percentuali bulgare e con impatti che la concorrenza non riusciva (e non risece ancora) a raggiungere. Una follia dal punto di vista di qualsiasi logica: quasi magico, l’iPod aveva ristrutturato dall’interno Apple lanciandola nell’iperspazio. Facendo cogliere all’azienda l’opportunità di risanare definitivamente il mercato Mac con la svolta sui processori Intel e nuove energie per sviluppare Mac Os X e le iApps. Almeno, apparentemente. Perché in realtà questa era solo la punta dell’iceberg.
Con il senno di poi, oggi si capisce che in realtà Apple stava sfruttando ancora meglio e con maggior passione i soldi e la credibilità e la visibilità che l’iPod aveva donato all’azienda. Investendo nel suo successore. E in una strategia che è l’evoluzione ancor più rapida e potente della “vecchia” strategia di fine anni Novanta del “digital hub”, del centro dello stile di vita digitale. Apple stava pensando alla telefonia mobile e alla possibilità di integrare in maniera ancora più stretta tutta quanta la sua filiera di applicazioni e prodotti. Creando una serie di apparecchi che ancora non si sono compiutamente realizzati, ma che pontezialmente possono cambiare per sempre la faccia dell’informatica delle masse.
Il primo tassello di questo nuovo corso costruito sul successo e grazie al successo dell’iPod è l’iPhone. Questo apparecchio fantastico, appena pensato da Apple è già pieno di possibili sviluppi. C’è a Cupertino chi lo vorrebbe come semplice estensione di un nuovo business della società , che è quello di fare la compagnia telefonica con la modalità dell’operatore virtuale. Cioè, comprare accesso all’infrastruttura degli altri operatori e vendere i proprio apparecchi e servizi. C’è chi lo immagina invece come una sorta di apparecchio “semplice”, un mini Mac da portare sempre con sé, che consenta di prendere appunti, di navigare. Chi lo vede come un iPod e basta, con in più le funzionalità telefoniche (rubrica e calendario già esistono anche nei lettori multimediali di Apple). Quella che esce fuori invece è una divertente e fortunata sintesi fra tanti di questi aspetti da far intuire ancora una volta il ruolo fondamentale di Steve Jobs nel semplificare e ordinare il processo creativo e imprenditoriale di Apple. Steve Jobs ordina e fa funzionare una macchina complessa, dentro Apple, mediando tra tecnologie innovative e rivoluzionarie con scelte radicali e fantastiche esemplificazioni per la clientela. Apple è quello che Steve Jobs vuole spiegare al suo popolo e fargli capire, proprio come lo sciamano fa con gli abitanti del villaggio.
L’iPhone diventa così un successo mediatico impressionante. Nel nostro Paese, da quel gennaio del 2007, l’iPhone eccita quotidianamente la fantasia dei direttori dei grandi giornali, ad esempio. E non passa settimana senza che ci siano notizie, fotografie, novità e servizi costruiti spesso sul niente. Perché, dopo le innumerevoli copertine, dopo le migliaia di pagine dedicate all’apparecchio e al fenomeno, dopo gli innumerevoli servizi televisivi, dobbiamo tuttavia riconoscere che sino ad oggi l’iPhone ufficialmente in Italia ancora non c’è.
Sono passati 18 mesi dal suo lancio, i Paesi al mondo in cui è presente sono 4 e già si sa che per la fine dell’anno (Italia compresa) saranno più di cento. E dietro c’è anche un radicale ripensamento della strategia che come vedremo è essenziale alla comprensione dell’iPhone come prodotto e servizio. Tuttavia, per restare alle ambizioni di Steve Jobs al momento del lancio dell’apparecchio, si capisce a posteriori che la scommessa di Apple veniva da lontano e che vederla come una semplice presentazione di un apparecchio telefonico era molto riduttivo, così com’è riduttivo pensare che l’iPod sia “solo” un lettore digitale.
Quello che rimane in mente del lancio dell’iPhone di Apple negli Usa è la fotografia che campeggia sulle pagine dei principali quotidiani italiani: il Corriere, la Repubblica, La Stampa, il Sole 24 Ore: Steve Jobs in primo piano che mostra orgoglioso il piccolo telefono cellulare.
E viene in mente il paradosso che c’è dietro questa capacità di comunicare (stimata essere pari a quasi mezzo miliardo di dollari di pubblicità gratuita raccolta da Apple come semplice conseguenza del lancio del prodotto) riflettendo sul fatto che ad esempio Nokia, che vende in una settimana più apparecchi telefonici di quanti Apple ne abbia sinora prodotti in 10 mesi e che ne lancia 60 modelli all’anno, non solo non è mai andata in prima pagina sui giornali del mondo, ma praticamente nessuno sa quale sia il nome del suo amministratore delegato o che faccia abbia. à un paradosso, certamente. Ma che illumina sull’eccezionalità della nascita di iPhone.