È quasi un lamento, un pianto e la rabbia di un amante deluso. Da tempo Marco Arment, a lungo uno dei programmatori più popolari nella comunità Apple americana e su Internet, ha dato segnali di voler “uscire dal gruppo”. Adesso è passato alle critiche aperte, dopo aver registrato un parere piuttosto critico anche nei confronti delle ultime generazioni di computer Apple.
Il tema non è strumentale né legato al gusto personale. Si parla di USB-C, la modalità di connessione e i cavetti che tanto sono importanti per Apple e per il settore, quanto stanno riuscendo non perfettamente a rispondere alle aspirazioni e progetti da cui sono nati. Vediamo perché. Per chi vuole: Macity qui ha approfondito la storia dello standard mentre qui ci sono offerte dei prodotti più convenienti per prezzo e qualità.
Secondo Arment la USB-C non ci va neanche vicino all’idea di riuscire a collegare tutti gli apparecchi “senza soluzioni di continuità”. La USB-C, argomenta Arment, supporta la USB ma anche Thunderbolt, ma solo a volte. Non sui MacBook 12 e, se avete i MacBook 13 Touch Bar, solo sulle porte dal lato sinistro del computer.
Il cavetto? Anch’esso dovrebbe supportare la Thunderbolt, ma a volte non lo fa. E non c’è scritto da nessuna parte. In alcuni casi può essere un vero rebus, dato che ad esempio alcuni tra i primi MacBook 12 avevano in dotazione un cavo che non supportava la Thunderbolt e poi invece sì. Ma non si può capire a priori quali.
Inoltre, la USB-C dovrebbe anche caricare il computer. Ma non sempre o perlomeno non all’amperaggio giusto. Senza contare che un computer potrebbe aver bisogno di connettere direttamente il cavo al trasformatore o al battery pack per essere ricaricato (ammesso che l’amperaggio sia sufficiente) perché gli hub non fanno passare la corrente. Oppure non fanno funzionare bene il Wi-Fi, oppure creano problemi con il segnale video HDMI (che dagli hub non funziona quasi mai e richiede una connessione diretta dell’adattatore).
Non finisce qui: la banda passante richiesta da Thuderbolt e USB-C è superiore a quella fornita dai computer se si connettono più di un paio di accessori. Ammesso che si colleghino, catene di monitor 4K, 5K, 8k e drive esterni SSD e schede video esterne funzionano ma non tutte assieme oppure a velocità molto ridotte. Tutta un’altra cosa per chi si ricorda ad esempio la “vecchia” SCSI oppure le già meno vecchie FireWire 400 e 800.
Alla fine, dice Arment, la USB-C più che uno standard singolo è una collezione di standard che cercano di tenere assieme tecnologie differenti in modi diversi. Con numerose idiosincrasie e incompatibilità. Pensiamo alla ricarica dei nuovi apparecchi dotati di sistema di carica veloce: MacBook ma anche iPhone 7–8-X e iPad Pro. Non tutti questi funzionano in realtà se si utilizza il cavo USB-C-Lightning e comunque funzionano solo con i caricabatterie Apple o con quelli omologati Power Delivery, lo standard USB-C che Apple utilizza. Ma i kit USB-C PD vanno in competizione con lo standard di Qualcomm, diffuso nel mondo di telefonini e tablet Android sempre più basati anch’essi su USB-C, che si chiama Quick Charge. Non c’è compatibilità né effetti benefici (al limite, nessun effetto, oppure anche problemi di carica) se si prova a usare un caricabatterie con uno standard sull’apparecchio con l’altro standard.
Senza contare che i caricabatterie PD di terze parti quasi mai hanno la potenza necessaria a caricare un MacBook acceso che non sia un MacBook 12, a causa dell’eccessivo assorbimento richiesto dai Pro. E anche le batterie esterne, i power bank, seppure compatibili con USB-C PD e capaci di usare il cavo adatto, non sempre riescono a caricare gli iPad Pro. E ovviamente non si sa a priori, puntualizza Arment, cioè non c’è un modo che non sia comprare e provare per sapere se effettivamente quella combinazione di Mac, apparecchio iOS, cavetto, caricabatteria o battery pack funzioneranno effettivamente.
E poi, la nota amara di Arment: con il passare del tempo questi problemi verranno certamente risolti, dice il programmatore, ma tanto tra poco avremo la nuova USB 4.0 ancora più veloce e la nuova Thunderbolt 4 ancora più veloce, con la stessa porta USB-C o addirittura una diversa come la sempre possibile e sottilissima USB-D. E in quel caso dovremo comprare nuovi accessori, nuovi adattatori e nuovi cavetti. La stampa la chiamerà “la tecnologia del futuro” e Apple farà apparecchi con una sola porta USB-D, magari due se siamo fortunati. E dovremo ricominciare tutto da capo.