Sono quei piccoli particolari che uno non ci pensa mai. Però ci sono. Alle volte quando un giovane chiede “Perché usi Mac”, vengono in mente risposte tecniche, risposte sagaci, risposte impegnate, risposte soggettive, qualsiasi risposta. Una in particolare è quella che unisce Tim Berners-Lee e Steve Jobs.
Il web, come sapete, è stato inventato da questo ricercatore britannico venticinque anni fa oggi. Lo ha inventato al Cern di Ginevra e lo ha fatto su una NeXT, una workstation prodotta dalla azienda che Steve Jobs aveva creato negli anni in cui era uscito dalla Apple e che nella sua idea avrebbe dovuto continuare là dove Apple si sarebbe fermata senza di lui (e dove in effetti si fermò sino al suo ritorno con la nuova ciurma della NeXT).
Ecco, si potrebbe pensare che si tratti di poca roba: un semplice passaggio di consegne. Apple, NeXT, il lavoro di uno scienziato sullo strumento che il centro di ricerca per il quale lavora gli mette a disposizione. Peccato che le cose non stiano cosí. Le cose infatti sono molto differenti.
Il significato di quello che fa Tim Bernners-Lee trascende ovviamente il mezzo tecnologico utilizzato. Ma fino a un certo punto. Il vero nodo è un altro. Berners-Lee è un freddo scienziato o è anche un creativo e un innovatore? La sua creatività si sarebbe manifestata in qualsiasi contesto o solo in quello nel quale ha potuto lavorare? Quale elemento ha potuto fare la differenza?
Certamente c’è un discorso di prestazioni tecnologiche: non sarebbe stato impossibile ma per certo molto improbabile che Berners-Lee potesse concettualizzare il web e realizzarne una versione non grafica ma funzionante utilizzando un Commodore 64 o una calcolatrice programmabile della Texas Instruments. Questo per dire che lo strumento doveva essere adeguato, come lo era la NeXT Station. Ma c’è di più, ovviamente.
Doveva essere uno strumento proficuo, potente, capace di generare quell’ambiente favorevole alla creatività, rispettoso dei bisogni della persona che cercava con difficoltà di portare avanti il suo lavoro. Il sistema operativo di quella workstation, NeXT Step, è quello da cui origina Mac OS X ed è basato su Unix con una serie di trasformazioni atte a renderlo ancora più palatabile per l’utente ma sempre solido e potente. Ci pensate a fare la stessa cosa con Windows 3.11 o Windows 95, tra un riavvio, uno schermo blu e una formattazione?
Insomma, la creatività si manifesta sempre, anche in cattività o in condizioni limite. Lo dimostra Il romanzo di Stephen King, ’Misery non deve morire’, in cui il protagonista, lo scrittore prigioniero della sua infermiera-stalker, riesce a scrivere nonostante tutto il romanzo che la sua lettrice folle pretende. Però poteva trovare anche un ambiente più consono e fertile, capace di stimolarlo senza bisogno si torturarlo.
Questo era l’asse in cui l’artigiano Steve Jobs lavorava ed ha sempre lavorato: produrre strumenti per consentire agli utenti di manifestare la loro cretività ed esprimere il loro potenziale. Produrre macchine per viaggiare, non macchine da manutenere e quotidianamente aggiustare. Non la macchina in sé, ma la macchina perché.
Questo è, ad avviso di chi scrive, il senso dell’incrocio tra Tim Berners-Lee e Steve Jobs. Evidenzia un aspetto fondamentale del lavoro e del pensiero di Steve Jobs, che poi si è compiutamente incarnato nella sua seconda volta in Apple. Non è poca cosa e, come vedete, non è neanche un caso.