È possibile che la somma sia superiore all’insieme delle parti che la compongono? A guardar bene, in realtà, è quello che sta cercando di fare Apple. Ovvero, se lo guardiamo da un’altra prospettiva, l’azienda guidata da Tim Cook sta cercando di costruire un sistema con uno scopo più ampio di quello delle parti che lo compongono.
Detto così è molto teorico, ma andiamo a vedere due esempi. Il primo è FaceTime, il secondo è Apple TV (e, per miglior misura, mettiamoci anche HomePod Mini). Cominciamo con Apple TV.
Apple TV
Da un lato, a differenza della musica (prima con iTunes, poi iTunes Store e adesso Musica) Apple ha sbagliato con Apple TV. Perché ha creato un apparecchio quando doveva costruire un negozio e un concetto. Immaginate se la Apple TV, il piccolo set-top-box potente ma sottoutilizzato (un po’ come iPad con la potenza di processori incredibili ma un sistema operativo con il freno a mano sempre tirato almeno a metà), dicevamo immaginate se Apple TV fosse un negozio di musica. Per ogni etichetta e casa discografica, manca poco anche per ogni artista bisognerebbe scaricare una app dedicata, abbonarsi a un servizio diverso, dedicarsi a una attività di relazione con soggetti completamente diversi.
L’idea al principio forse era quella di fare un grande magazzino, un grande centro tipo Upim dove si trovano marchi e prodotti diversi, ma invece si è trasformato in un “mall”, un centro commerciale pieno di negozi di terze parti, ognuno che fa il suo gioco (e tutti che oltretutto non vogliono pagare l’affitto).
A differenza di iTunes, che nella sua prima incarnazione della fine anni Novanta non aveva negozio di musica e permetteva invece di rippare e masterizzare i CD (Rip-Mix-Burn, questo era lo slogan dell’app, sul serio) se non altro per trasferirne il contenuto su iPod, a partire dal 2001 (il negozio arriverà qualche anno dopo), Apple TV non ha mai permesso di caricare contenuti altrui non autorizzati. Nessuna compatibilità con lettori DVD o BlueRay esterni, nessuna possibilità neanche di infilare una chiavetta USB con qualche copia privata e personale, magari di video con licenza creative commons.
Arriviamo a oggi. Le app permettono di fare molto, ma c’è confusione nello scopo del consumo di film e serie: le ricerche trasversali si incartano, c’è difficilmente la possibilità di trovare quel che serve, spesso i contenuti si devono pagare o noleggiare nonostante uno sia già abbonato ad Apple TV+, Disney+, Prime Video, Netflix e pure iscritto a RaiPlay. Niente, un caos. La TV On Demand funziona che uno cerca le cose, non che gli vengono proposte solo quelle a catalogo.
Ma la seconda vita di Apple TV sta diventando quella di essere il motore di una casa potenziata, il centro di ragionamento della Home (Casa) con la possibilità di gestire più utenze diverse (la famiglia, i coinquilini) e giocare con funzioni e modi diversi di utilizzare lo strumento, incluso “sparare” lo schermo del film o del telefilm che si sta guardando in gruppo con FaceTime, oppure continuare a lavorare con iPad o con Mac sul grande schermo. Ottimo. Il gioco si allarga. Ma con chi?
HomePod mini
La piccola pallina di Apple che finalmente (a fine anno) arriverà da noi è stata criticata, ridicolizzata, presa in giro. Costa troppo, non serve a niente, prendetevi un aggeggio sferico o circolare dei vari Google, Amazon o Facebook. Costano meno, capiscono l’italiano (è vero!) e fanno molte più cose. Certo, però non sono nell’ecosistema di Apple e non si integrano con le altre funzioni.
Adesso sia HomePod (per chi l’avesse comprato, perché non è più in produzione) e HomePod mini diventano il front-end di Apple TV: possono essere usati per comandarla via Siri, possono essere usati come cassa esterna (o coppia di casse) per l’audio, possono servire a tantissimi scopo diversi compresa la possibilità di comandare tuta la domotica di casa, attivare le scene, sentire cosa succede, ordinare ad Apple TV di accendere il televisore e farci vedere cosa viene inquadrato sulle telecamere smart connesse all’account iCloud+.
C’è gioco di squadra anche con iPhone, che fa da telecomando di HomePod mini, perché permette tramite l’app Casa di gestirlo anche senza bisogno di parlargli. Insomma, come vedete quando si comincia a tessere una tela di relazioni tra oggetti, le cose si fanno ricche e complesse. Il video delle videocamere si può guardare anche su iPhone, che adesso nel wallet farà anche da chiave di casa (oltre che della macchina con BMW) e permetterà di aprire un buon numero di serrature elettroniche.
Facetime
Un’altra trasformazione sempre più interessante è quella che sta per succedere a Facetime. Da un lato è aumentato l’aspetto della convivialità. Facetime permette di guardare film e telefilm insieme, o di condividere altre cose (il monitor del computer o una schermata di iPhone o iPad, banalmente) e di entrare in circuito con Apple TV e HomePod mini per proiettare sul grande schermo il video (e l’audio sulla piccola pallina bianca o nera). Ma si va oltre.
Infatti Facetime adesso con la funzione gruppi va all’assalto di Zoom, di Meet e di Teams, per piccoli gruppi o per singoli che vogliano collaborare partendo dalla piattaforma di Apple ma non solo. La possibilità di accedere alla call anche via browser semplifica la vita, ricongiunge famiglie spaccate in due da differenti scelte di campo (Android vs iOS, Mac vs Windows), ricompone scelte aziendali contraddittorie o finora semplicemente incompatibili.
Certo, Facetime mette in campo questa ritrovata e scoperta fluidità di collegamenti che si basa su una architettura cloud evidentemente ripensata nelle fondamenta e in un codice sempre più ricco dal lato dei client e del sistema operativo, ma mostra anche come l’azienda stia lavorando alla costruzione di un “sistema” in cui sicurezza e privacy coesistono con ampiezza di banda, Wi-Fi veloce, grandi schermi, processori performanti in più dimensioni (come gli M1 e quelli che verranno dopo Intel) e nel complesso una fluidità inedita sul mercato.
FaceTime diventa così un centro di condivisione di relazioni e contenuti, buono per il tempo libero ma anche per il lavoro. Non un bestione per le aziende, pesante e fuori scala come Teams o Zoom, non un furbacchione che poi tornerà a pagamento come Meet. No, semplicemente un sistema per fare call video in piccoli gruppi e con ottima qualità, sfruttando un ecosistema piuttosto ampio di strumenti.
In conclusione
Quello che sta facendo Apple è creare un nuovo insieme. È mettere assieme una serie di strumenti inediti nella loro configurazione complessiva. Si parla molto del ruolo del Mac in queste prime ore, ma quello che secondo chi scrive potrebbe fare la differenza è la trasformazione della casa. Forse siamo arrivati a un livello di maturità tale da poter vedere una massa critica di utenti e un cambiamento di paradigma.
Per l’Italia, non foss’altro per l’arrivo di HomePod mini, ci sarà comunque un cambiamento. Ma più in generale, quel che sta succedendo è che vedremo lentamente emergere un paradigma di utilizzo degli strumenti di Apple e dei suoi servizi decisamente diverso da quello visto sinora. In questo entrano anche gli altri apparecchi, piattaforme e servizi (ad esempio, Apple Watch e watchOS) ma il cuore passa attraverso il video. E questo viene gestito esattamente dagli apparecchi e dalle tecnologie che avete visto sinora, e che ricadono anche su altri dispositivi e incroci di possibilità, come fare AirPlay dal telefono o dal tablet sul Mac.
Ora, se solo Apple volesse dare una bella ripulita alle interfacce di alcuni suoi programmi, a partire da Musica, sarebbe davvero fantastico.
Ricordiamo che HomePod Mini arriverà entro l’anno in Italia, potete leggere la nostra recensione direttamente a questo indirizzo. Per tutti gli articoli su Apple TV si parte da qui, invece per quelli su FaceTime da questa pagina. Tutti gli articoli di macitynet dedicati alle novità della conferenza mondiale degli sviluppatori Apple WWDC21 sono disponibili da qui.