La Russia multa nuovamente i social network che non rimuovono i contenuti vietati: era già successo a inizio aprile che il ministero della giustizia di Taganskij, a Mosca, consegnasse a Twitter una multa pari a 4 milioni di rubli (che con il cambio attuale corrispondono a quasi 100.000 euro) perché si rifiutava di eliminare i tweet che «Esortavano i minori a partecipare ad eventi non autorizzati e illegittimi», mentre questa volta una multa per lo stesso motivo viene comminata a Google e Facebook, in cui si chiede loro di pagare 20 milioni di rubli (223.000 euro) ciascuno.
Il social dei cinguettii Twitter, che persegue la propria idea, ha invece ricevuto una seconda multa in Russia per motivi simili che questa volta ammonta a 24 milioni di rubli (268.000 euro), mentre TikTok ne ha ricevuta una da 2,6 milioni di rubli (29.000 euro).
«Il tribunale ha ricevuto cinque protocolli contro Google e Facebook, compilati ai sensi dell’articolo 13.41 parte 2 del codice amministrativo della Federazione Russa che cita la «Mancata rimozione di informazioni da parte del proprietario di un sito web […] nel caso in cui venisse meno l’obbligo di rimuovere tali informazioni secondo quanto richiesto per legge dalla Federazione Russa» e se non si dovesse procedere secondo il regolamento previsto dal Paese, le aziende potrebbero dover pagare altri 4 milioni di rubli in aggiunta alle multe già consegnate. La data dell’udienza non è stata ancora fissata, ma questo parrebbe essere soltanto l’inizio.
Secondo il Servizio federale russo per la supervisione delle comunicazioni, della tecnologia e dell’informazione, tra gennaio e febbraio sui social network sono stati pubblicati più di 2.500 file che incoraggiano i minorenni a partecipare «Ad eventi non autorizzati e illegittimi». Non è chiaro di quali eventi si tratti, ma come dicevamo questa violazione comporta unna multa che può andare dagli 800mila ai 4 milioni di rubli (quindi tra i 9.000 e i 100.000 euro) e, in caso di recidiva – spiegano – la sanzione può perfino salire al 10% dei proventi annuali complessivi della società, che nel caso delle multinazionali sotto accusa in questo momento si tradurrebbe senz’altro in un esborso ciclopico.
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