Archos sta per lanciare una telecamera di sicurezza che, grazie al sistema di alimentazione wireless a lungo raggio di Ossia, non ha fili. Ne ha mostrato un esemplare al Consumer Electronics Show di Las Vegas che si è concluso nei giorni scorsi, dopo che Ossia ed Energous hanno lavorato ininterrottamente per due anni alla tecnologia (che hanno chiamato Cota) che consente di ricaricare i dispositivi ben lontani dal caricatore, anche quando si trovano in altre stanze e separati da alcune pareti.
In fiera sono stati mostrati anche altri dispositivi che utilizzano questa tecnologia come campanelli Smart, apparecchi acustici e monitor medici, ma la videocamera in questione salvo sorprese sarà la prima ad arrivare sul mercato. Il lancio è infatti previsto per la fine dell’anno – ha spiegato l’amministratore delegato di Ossia, Doug Stovall – insieme ad un sensore per il monitoraggio dell’aria e un localizzatore per animali domestici.
Tra gli altri partner c’è anche un’azienda scandinava che produce mobili e che sta lavorando ad un tavolo chiamato Cota Power Table che potrebbe diventare una soluzione da integrare nei luoghi pubblici come le caffetterie, perché consentirebbero ai clienti di sedersi al tavolo e fare tranquillamente colazione mentre i dispositivi, magari ancora in borsa, si ricaricano automaticamente.
Il fatto che sta per arrivare sul mercato una telecamera di videosorveglianza completamente senza fili vuol dire che la tecnologia di Ossia ed Energous è ormai matura e pronta per la commercializzazione. Secondo quanto spiegato da un portavoce in fiera, il sistema invia fasci di energia radio ai dispositivi che hanno bisogno di modeste quantità di energia e che si trovano a diversi metri di distanza dal trasmettitore. Allo stato attuale non è abbastanza potente per alimentare un TV o un computer, ma può comunque semplificare la ricarica quantomeno di quel crescente numero di dispositivi connessi dedicati alla domotica, oppure in quei luoghi dove possono circolare molti smartphone come uffici, negozi e fabbriche.
Il sistema è in grado di rilevare i dispositivi, riconoscerli e determinare la quantità di energia necessaria per ricaricarli, e c’è un programma che controlla quali può ricaricare e quali no, così non c’è il rischio di interferire con la ricarica di quelli che magari sono già in ricarica con un cavo.
Il problema al momento riguarda lo standard: mentre per i pad di ricarica wireless (a corto raggio) ci si è accordati sullo standard Qi, la versione a lungo raggio è ancora una giungla. C’è ad esempio un’altra società, la Powercast, che usa un sistema di trasmissione di energia radio simile per alimentare le etichette elettroniche dei prezzi in negozio e per dare energia ad una serie di robot costruiti da Badget Technologies istruiti per leggere e monitorare le scorte nei magazzini.
Insieme a Ossia, Energous e Powercast, c’è anche un’altra startup, la GuRu Wireless, che progetta e produce dispositivi che fanno uso di un sistema del tutto simile, ed è chiaro che in futuro se ne aggiungeranno anche delle altre, compresi i big del settore come Apple e Google, che potrebbero cominciare a fare uso di questa tecnologia con altoparlanti e smartwatch. Un’altra azienda che lavora nel campo è Startup WiTricity, che propone la sua tecnologia per i produttori di veicoli elettrici in modo da poter trasformare parcheggi, marciapiedi e strade in fonti di alimentazione.
La storia comunque ci dimostra che la ricarica wireless a corto raggio è decollata soltanto quando l’industria è stata in grado di stabilire uno standard ed è perciò probabile che per poter beneficiare a pieno di quella a lungo raggio bisognerà attendere che ci si accordi su uno standard che vada bene per tutti.
L’altro ostacolo da tenere conto è il costo: i trasmettitori di Ossia, per esempio, al momento costano tra i 200 e i 300 dollari mentre le antenne integrate nei dispositivi vanno da 1 a 8 dollari in base alla potenza nominale necessaria e altri fattori.
Va tenuto anche conto degli ingombri, perché la miniaturizzazione ha trainato lo sviluppo tecnologico praticamente da sempre e attualmente la tecnologia Cota utilizza antenne riceventi grandi all’incirca come una batteria stilo AA, mentre i pannelli dei trasmettitori, che si installano a soffitto, sono grandi 60 x 60 centimetri, anche se starebbe già lavorando a soluzioni da 40 x 40 e 30 x 30 centimetri, oltre ad un modello che si potrebbe collegare direttamente ad una presa a muro o installare all’interno di un altoparlante Smart, anche se in questo caso – specificano – la portata è chiaramente minore.